Grecia: olive, fichi e feta
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Grecia: olive, fichi e feta

Come davanti a una partita di calcio diventiamo tutti allenatori, davanti alla crisi greca sembriamo tutti economisti. Ma perchè non godersi l'estate?

A quanto sembra, ho stretto amicizia su Facebook con decine e decine di economisti senza saperlo.

La Grecia: giorno dopo giorno, dopo giorno, hanno tutti qualcosa da dire sulla Grecia.
E non gli basta mettere la bandierina greca come immagine del profilo.
Loro vogliono, anzi, devono, dire e ridire la loro sulla Grecia.
Chi attacca Tsipras, chi lo difende.
Chi attacca la Germania, chi (pochi) la difende.
Chi attacca quell’altro, lì, non lo googlerò nemmeno, vediamo quante lettere ne azzecco, Varoufikis: che non si era mai visto un ministro delle finanze più pop di lui, e allora dagli del cialtrone da una parte, e dagli dell’eroe dall’altra.

Generi politici

L'ex ministro pone in effetti l’unica questione di qualche interesse. In generale viene molto evocato il suo aspetto fisico. Alcuni ne fanno esempio per affermare una discrepanza di genere (“se lo si dicesse di una donna…”), altri pretendono si tratti di parità di genere (“finalmente si commenta anche l’aspetto degli uomini, non solo delle donne”). In realtà, la questione è molto più semplice: in politica, visti i tanti orripilanti esseri umani che vi lavorano, basta essere vagamente sopra la media per diventare un sex symbol, (a me successe quando per un periodo frequentai le magistrali: pochissimi maschi, molti dei quali con disagi psichici o fisici, e moltissime femmine, trasformarono quei miei mesi nella cosa più simile al Paradiso a cui riesca a pensare).

Ma, ad ogni modo, scorrendo i profili, si legge uno status su due su Grexit (ma che è?), con tutti che proclamano tutto e il contrario di tutto e lo sottolineano con faccine tristi, si lanciano in spericolate teorie speculative, biasimano l’Europa ma la agognano, citano economisti come se fossero rockstar (“Avete sentito ieri, anche Krugman ha detto…”).

Economisti della domenica


Il clima, sicuramente, è preoccupante. Ma, secondo me, tra questi commentatori da strapazzo, di veramente preoccupati, ce ne sono davvero pochi.
Tra i miei contatti su Facebook, la maggior parte sono scrittori e intellettualini. Di questi, che Dio mi fulmini se mi sbaglio, sono pronto a scommettere che il 90% non saprebbe svolgere neanche un’equazione di secondo grado.
E allora perché si riempiono la bocca di cose di cui non capiscono nulla?
Non sono altro che la versione più noiosa del classici vecchi al bar, e questa faccenda della Grecia, del resistere alla Troika (ma davvero sanno cos’è?), a Shauble (chissà come si scrive?), a Shulz (lui pure toccherebbe googlarlo), a ricordare che anche la Germania, che ora, pazzamente esosa, vuole umiliare i poveri greci, a sua volta, quando aveva le pezze al…


Quattro economisti greci al bar


Tutta questa storia sono i loro Mondiali di calcio della sociomania terzomondista, perniciosa fisima di chi non vede l’ora di poter trasformare il primo mondo nel terzo e viceversa, solo per poter poi ricominciare. Si sentono tutti allenatori, pronti a parlare di ripartenze, marcature, sostituzioni, moduli. Come i vecchi al bar. Non ne sanno assolutamente nulla. Non riuscirebbero a correre da una parte all’altra di un campo senza essere stroncati da un arresto cardiaco. Ma eccoli, sempre pronti a dire chi, come, dove avrebbe dovuto correre per fare in modo che la partita fosse vinta.
Così, in questi giorni, tutti gli intellettualini sono tutti greci (tranne qualche raro tedesco), tutti indaffarati a domandarsi se le cravatte il governo fa bene a non metterle o fa male a non metterle, se il referendum aveva un senso o se è stato un gesto irresponsabile, se l’impronunciabile Tsipras sia un traditore o un guerriero, se adesso esce la Grecia dall’UE, se usciamo anche noi, se Renzi…

Signori, è estate!

Ma possibile che nessuno si faccia portavoce del disimpegno, del fatto che sì, tutto giusto, tutto grave, poveri greci, ma santa pazienza, siamo un Paese piacevolmente disimpegnato (Maracaibo, inno nazionale, subito!), la crisi ci martella eh, ci mancherebbe, ci martella eccome, ma anche il prossimo Ferragosto a tenere aperto, ci scommetto, ci saranno solo gli immigrati, mentre tutti gli altri, tutti i preoccupati italiani, saranno in ferie da qualche parte (che due soldi per non fare niente si trovano sempre).

Io, personalmente, quest’anno ho lavorato come una bestia, qualche soldo da parte me lo sono messo, e intendo continuare a lavorare pensando solo alle vacanze. Avrei approfittato volentieri del fuggi fuggi dalla Tunisia dopo gli attentati terroristici, se solo i prezzi si fossero abbassati, ma niente. Sicché, penso proprio che me ne andrò effettivamente in Grecia, sperando che almeno lì i miei magri risparmi possano farmi sentire un turista oligarca russo e non il classico intellettualoide che preferisce pensarsi più come un “viaggiatore” che come un volgare turista.
Turismo, tutta la vita.
Già mi immagino su una spiaggia greca, solleticato dal venticello greco, impegnato a non sapere nulla di nulla del destino greco (e chissenefrega di Socrate e compagnia, se anche fallisce la Grecia mica spariscono dai libri, i diritti sono scaduti da un pezzo) e godermi l'estate lontano da tutti questi fanatici di Palatinaikos e Panagulis mentre mi occupo delle uniche cose greche di cui ha senso occuparsi (forse non solo d'estate): olive, fichi e feta.




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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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