Non potendo decidere, i giovani protestano
(Ansa)
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Non potendo decidere, i giovani protestano

Le manifestazioni contro il caro-affitti degli studenti in tenda continuano e toccano molte città italiane, evidenziando il disagio che la “generazione Z” si trova a dover affrontare. Perché non è solo una questione di case, ma più in generale di turnover e di possibilità assenti

In Italia i giovani contano poco, guadagnano poco, hanno poche possibilità e pochissimo ascolto, al netto della retorica di ogni discorso che riserva loro parole al miele in ogni occasione e da parte di tutti. Poi però serve sempre fare i conti con la realtà, e in Italia la realtà parla chiaro: se in università un giovane brillante deve attendere di avere qualche capello bianco per ambire a una posizione che dovrebbe essere puramente meritocratica, in azienda le cose non vanno meglio, perché i ruoli decisionali sono sempre di chi ha maggiore anzianità, così tocca vivere nell’ombra e aspettare. E così, non potendo mai determinare nulla della realtà in cui vivono, i nostri giovani ogni tanto protestano. E’ successo per il clima, prima con Greta Thumberg e poi con gli attivisti di Ultima Generazione, sta succedendo anche in questi giorni per il caro affitti.

Una tenda davanti al Politecnico di Milano. Poi due, tre, cinque, dieci. Nel giro di qualche giorno, tende di studenti ovunque ci fosse una sede universitaria a Roma, Firenze, Venezia, dappertutto. E’ questa la protesta del momento: gli universitari che provano a uscire di casa hanno scelto di farsi sentire - e soprattutto vedere - dimostrando in questo modo contro la loro impossibilità di permettersi un alloggio, anche solo una stanza, un posto letto al di fuori della casa dei genitori, vicina o lontana che sia.

Qui serve una scelta di campo: se ci si lamenta che i giovani italiani siano mammoni, bamboccioni, “choosy” per dirla con la Fornero, questa è una protesta sacrosanta che tocca un tema decisivo per l’indipendenza e la responsabilità personale.

In quest’ottica, il mondo degli adulti, la politica e la stampa possono giocare un ruolo fondamentale.

Gli adulti dovrebbero riporre il sarcasmo e il confronto con i loro bei tempi andati, evitando la strisciante retorica dei sacrifici e della gavetta che la generazione precedente, chissà come mai, ha sempre fatto rispetto a quella corrente. E’ una storia vecchia come il mondo quella della generazione giovane indicata come smidollata da chi giovane non è più; serve superare questi stereotipi, garantendo serietà a un tema così strategico.

La politica dovrebbe cercare di dare ascolto alla comunità che rappresenta, formulando proposte che rispondano, in questo caso alla protesta, senza finire con parlare sempre di se stessa e delle polemiche che servono per Twitter ma non nella vita reale, quella in cui una camera costa 650 euro al mese. Ora qualcosa pare stia accadendo, perché il governo ha sbloccato in questi giorni 660 milioni di euro per raddoppiare, all’incirca, la disponibilità di posti letto per gli studenti universitari italiani. Si tratta di un progetto a breve termine – si parla di 2026 – e certamente questa sarebbe una prima risposta efficace che sarebbe il caso ottenesse una convergenza politica amplissima, garantendo serietà a un tema così strategico.

Infine la stampa, che ha la responsabilità di sottrarsi alla ricerca del caso specifico di quello studente che si lamenta e invece è milionario, oppure di quell’altro che vuole vivere in centro e poi dà un esame ogni due anni. Insomma, evitare di accrescere il macchiettismo e il sarcasmo per non disperdere il senso più profondo della protesta, garantendo serietà a un tema così strategico.

La protesta delle tende è certamente imperfetta, ma è stata capace di portare all’attenzione di tutti un problema reale, che non necessita di altro tempo perso, anzi tutto il contrario.

Le proteste non si giudicano per le loro proposte, e questo va messo in conto: è inutile attendersi soluzioni da chi pianta una tenda per mostrare a tutti che vive un disagio. Ci mancherebbe che un gruppo di studenti avesse in tasca soluzioni che non si vedono all’orizzonte di fior di professionisti “senior”, vale a dire quelli che decidono.

Se di una protesta va colto il significato, in questo caso la denuncia è chiara: i costi dei posti letto in città sono aumentati a dismisura, soprattutto perché i salari sono pressoché identici da anni e il costo della vita è decollato, anche tenendo conto che uno studente universitario dovrebbe studiare di professione, e magari poi impegnarsi in lavoretti per mantenersi, o contribuire a farlo.

Se di una protesta vanno analizzate le maniere, in questo caso si tratta di modi e toni assolutamente pacifici. Non ci sono muri imbrattati nemmeno di vernice lavabile, non ci sono oggetti divelti, non ci sono strade bloccate.

E’ una protesta di studenti, ma è anche una storia italiana da raddrizzare, partendo dall’ascolto e impegnandosi per dare ai giovani una speranza di futuro. Guardiamo la Luna e non il dito, per una volta.

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Marcello Bramati