Lo sciopero degli hamburger mette a dieta gli Usa
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Lo sciopero degli hamburger mette a dieta gli Usa

I lavoratori dei fast food chiedono un aumento della paga oraria. E oggi incrociano le braccia

Quello che nel 2011 era il malcontento di uno sparuto gruppo di persone a New York rischia ora di diventare un movimento di protesta in grado di attraversare l'America. Il 4 dicembre è il giorno in cui i lavoratori del fast food incrociano le braccia in 100 città americane e in decine e decine di ristoranti con i marchi tra i più conosciuti al mondo, da McDonald's a Burger King, da Kentucky Fried Chicken a Pizza Hut.

La loro richiesta? L'aumento della paga oraria. Quei 7.25 dollari all'ora (spesso, 8.90 dollari) devono diventare almeno 15 dollari. Un salario medio minimo per poter avere una vita dignitosa. La tipologia del dipendente dei fast food è cambiata negli ultimi anni. Se prima si trattava a stragrande maggioranza di giovani che sbarcavano il lunario per pagarsi (in parte) gli studi, dopo la crisi economica del 2008, migliaia di persone della middle class, che prima avevano un altro impiego, sono state costrette a trovare un nuovo lavoro nei fast food. Rimangono una minoranza: non si tratta più di studenti-lavoratori, ma di uomini e donne che hanno una famiglia alle spalle da mantenere. E che non riescono a farlo con quei 7 dollari e 25 centesimi all'ora.

La protesta dell'estate 2013 si allarga

Un anno fa, ci fu la prima protesta. Per la prima volta nella storia, un gruppo di lavoratori di McDonald's incrociava le braccia. Quella mattina si presentò con cartelli e slogan davanti alle vetrine del ristorante all'angolo tra la Madison Avenue e la Quarantesima. A sera, decine di dipendenti di altri fast food si erano uniti alla contestazione. Erano pochi, decisamente una minoranza, ma si fecero sentire e notare in tutto il paese. Sei mesi dopo, a fine agosto del 2013, la prima mobilitazione di massa. A New York e in altre 50 città americane.

 

New York è l'epicentro di questa protesta. In città ci sono 55.000 dipendenti dei fast food, dal 2000 sono aumentati del 50%, dieci volte di più di qualsiasi altro settore. L'anno scorso hanno guadagnato in media 19.000 dollari all'anno. Troppo poco per vivere nella Grande Mela. Ma non solo lì. Il National Employment Law Project ha fornito alcune cifre: l'età media dei dipendenti è di 29 anni, il 40% della forza lavoro è sopra i 25 anni, il 31% ha frequentato il college, e il 26% ha dei figli da mantenere. Cifre che fanno capire come si sia modificata la composizione della forza lavoro in questo settore: adulti, non più ragazzi. Molti di loro sono costretti a fare un doppio lavoro per mantenersi. Come nel caso di Eduardo Shoy.

Le 70 ore di lavoro alla settimana di Eduardo Shoy

Forse il suo è un caso limite, ma neppure troppo. Sicuramente è un caso esemplare. Per raccontare la vita a 7 dollari e 25 all'ora, il New York Times ha passato la giornata con questo 58enne di origine latine che per mantenere la moglie e i due figli è costretto a fare due lavori: le consegne per KFC e Pizza Hut e l'addetto al montacarichi all'aeroporto Kennedy. Mr Shoy, dopo un turno di otto ore in macchina per portare ai clienti alette di pollo e torte al formaggio, torna a casa per riposarsi qualche ora. Sono le 6 del pomeriggio e alle 10 di sera, l'uomo esce nuovamente per raggiungere il suo secondo lavoro, all'aeroporto, dove guadagna 13 dollari all'ora. Rimarrà lì per tutta la notte, fino alle 7.30 del mattino. Ritornerà nella sua abitazione per dormire qualche ora e riprendere servizio per KFC alle 3 del pomeriggio e, infine, tornare al montacarichi del Kennedy Airport alle 11 di sera, per rimettersi sotto le coperte la mattina dopo, alzarsi e tornare a fare le consegne. E così via, per tutta la settimana.

Con questo ritmo, Eduardo Shoy - che fino a qualche anno fa era un lavoratore con un impiego nel settore del commercio - riesce a guadagnare 43.000 dollari all'anno. Se avesse solo le entrate delle consegne, il guadagno sarebbe meno della metà. Ha un mutuo da pagare, le rate della macchina, e riesce a dare un piccolo contributo ai due figli che abitano, studiano e lavorano in un'altra città. Solo grazie alle 70 ore di lavoro alla settimana, può onorare questi impegni e camminare sull'orlo del livello minimo di sussitenza prima della povertà. Nel fine settimana prima del Giorno del Ringraziamento, Mr Shoy ha lavorato 44 ore e riposato 13. Stanco?, gli chiede il cronista del New York Times. "Troppo indaffarato per essere stanco" risponde lui con flemma.

Il budget proposto da McDonald's

Qualche mese fa, l'agenzia di stampa Bloomberg calcolò che un dipendente dei McDonald's di Chicago con un paga oraria di 8.dollari e 25 centesimi avrebbe dovuto lavorare un secolo (intero) per guadagnare quanto aveva guadagnato l'amministratore delegato della società nel 2011: 8 milioni e 750.000 dollari.

I responsabili delle grandi catene di fast food rispondono che, in realtà, solo una piccola percentuale dei dipendenti viene pagato 7.25 dollari e che si tratta per lo più di giovani al loro primo impiego. Queste cifre sono parzialmente smentite da alcune analisi. Come quella presentata dall'Università di Berkley. A livello nazionale, la paga media è di 8 dollari e 69 centesimi, quindi solo un dollaro e 45 centesimi sopra il minimo. Inoltre, il 52% dei lavoratori dei fast food è costretta a rivolgersi ai programmi di assistenza sanitaria e alimentare federale perché non in grado di poter provvedere a quelle spese. Solo il 13% ha un'assicurazione medica pagata dal datore di lavoro. Questi interventi costano alle casse dello stato 7 miliardi di dollari all'anno a fronte di un giro di affari di 200 miliardi annuali dell'industria degli hamburger.

Molti si sono messi a sorridere quando, nel tentativo di fare un campagna di pubbliche relazioni a favore della società, la McDonald's ha messo sul suo sito interno una pagina  in cui suggeriva ai propri dipendenti come costruire un budget famigliare mensile. Dall'elenco, come si vede in questo video, diventato poi virale sulla rete, mancavano voci fondamentali nel bilancio come cibo e abbigliamento per la famiglia. In più, la cifra di guadagno mensile, sempre secondo gli ironici commenti, conferma come per vivere dignitosamente, i dipendenti dei fast food siano costretti ad avere un secondo lavoro.

 

Cosa fa Barack Obama?

Negli Stati Uniti, la paga minima oraria è stabilita per legge. Il ministero del lavoro l'ha fissata nel 2009 alla fatidica quota 7.25. In realtà, ogni stato ha poi la possibilità di intervenire. In California, per esempio, è più 8 dollari, nello stato di Washington è di 9.19 dollari (la più alta). Barack Obama qualche mese fa ha chiesto al Congresso di alzare quella federale a 9 dollari,ma  finora nulla si è mosso. Bill De Blasio, il neo sindaco di New York ha vinto le elezioni anche grazie alla sua promessa di dare alla municipialità (togliendolo allo stato) il potere di legiferare sulla questione.

Per i repubblicani, l'aumento sarebbe un errore. Toglierebbe risorse agli imprenditori e avrebbe un solo effetto: impedirebbe loro di assumere giovani (il 16% dei teen agers è disoccupata), la maggior parte dei quali sono afroamericani (qui, la percentuale della disoccupazione è attorno al 30%). A fronte a un aumento della paga minima oraria, diminuirebbero i posti di lavoro. Una teoria contestata da numerosi economisti, per lo più liberal.

Comunque sia, lo sciopero degli hamburger vuole mettere a dieta gli Usa. Per quei 7 dollari in più.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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