Russia sotto shock, torna l'incubo ceceno
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Russia sotto shock, torna l'incubo ceceno

Due attentati a Volgograd hanno fatto 32 vittime e centinaia di feriti. Putin convoca il capo dei servizi segreti. Si temono nuovi attacchi di matrice islamico-caucasica in occasione delle olimpiadi di Sochi

Orrore in Russia. Mentre Volgograd piangeva i morti della stazione, dove il 29 dicembre una "vedova nera" si è fatta esplodere lasciando sul terreno 18 vittime, il 30 dicembre mattina un secondo attentato suicida, sull'autobus numero 15 nel quartiere Dzerzinskij, a pochi passi dal mercato della città, ha fatto altre 14 vittime, con più di cento feriti tra i quali 27 sarebbero in gravi condizioni. Un eccidio terribile, che adesso getta un'ombra di paura sui giochi olimpici che si apriranno a Sochi il prossimo febbraio.

Terrorismo islamico-caucasico. E' questa la spina nel fianco che ha accompagnato Vladimir Putin negli ultimi dodici anni al potere, e anche prima, quando l'attuale presidente era a capo dei servizi del Kgb. Per mesi i media di Stato hanno continuato a diffondere notizie ottimistiche, raccontando ai russi che i terroristi caucasici erano sotto controllo e che i Giochi di Sochi sarebbero stati "i più sicuri della storia". Ma adesso, dopo i due attentati kamikaze a Volgograd, la gente è sotto shock e non crede più che il terrore possa essere tenuto sotto controllo.

Vladimir Putin ha immediatamente convocato il capo del servizio federale di sicurezza (FSB), Alexander Bortnikov, con il quale a porte chiuse ha discusso la situazione, e poi - subito dopo l'incontro - Bortnikov è partito alla volta di Volgograd dove sta seguendo le indagini. Ufficialmente si conosce solo il nome del primo kamikaze, una donna, Oksana Arslanova, nata in Turkmenistan nel 1987 e vedova di un ex signore della guerra del Daghestan, ucciso dalle forze di sicurezza russe a marzo del 2011.

Ricercata da giugno 2012, sembra fosse amica di un'altra kamikaze che ha ucciso sei persone sempre a Volgograd a ottobre scorso, facendosi esplodere in un autobus di studenti. Secondo gli investigatori, la kamikaze della stazione aveva addosso non meno di dieci chili di tritolo.

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I servizi russi hanno anche un'idea su chi possa essere l'attentatore dell'autobus numero 15. Secondo i primi riscontri si tratterebbe di Pavel Petchenkin, 32 anni, un russo convertito all'islam nel 2012 e che qualche mese fa si è recato in un campo di addestramento per martiri in Daghestan.

Ex volontario e paramedico, Pavel Petchenkin si sarebbe messo addosso non meno di quattro chili di tritolo. Le autorità stanno procedendo alle analisi del DNA sul sangue di suo padre, che si dice sconvolto all'idea che il figlio possa essersi suicidato per Allah. Ma, se veramente venisse identificato in Pavel il secondo attentatore di Volgograd, la paura aumenterebbe. La strategia del terrore ormai fa adepti anche tra gli "slavi", che sono meno riconoscibili e non destano sospetti. 

Cosa sta succedendo in Russia? I Giochi di Sochi saranno davvero sicuri? Difficile rispondere a queste domande, ma secondo molti analisti negli ultimi tempi i servizi di sicurezza sono diventati meno attivi nell'infiltrare soggetti nei gruppi che fanno capo all'emiro Doku Umarov  in Cecenia e Daghestan, per dedicare invece le loro forze a seguire i protagonisti dell'opposizione interna a Vladimir Putin.

Un errore fatale, che ha allentato le maglie del controllo sui terroristi del Caucaso, fino ad arrivare agli ultimi attentati di Volgograd. Al momento il Cremlino sta rimediando. Centinaia di poliziotti e militari sono in viaggio verso la Cecenia, per prendere controllo di strade, ferrovie e sentieri isolati in tutta l'area.

Mentre mancano ancora due mesi all'apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi, quello che oggi i russi temono sono nuovi kamikaze pronti a farsi esplodere in altre città, inclusa la blindatissima Mosca. Già era successo in passato, quando alla presidenza c'era Dmitri Medvedev. Due vedove nere si erano fatte esplodere in una stazione della metro e, a distanza di poco tempo, l'aeroporto internazionale di Domodedovo era stato preso d'assalto.

All'epoca si parlò di grossolane falle nella sicurezza, esattamente come si fa oggi alla luce delle stragi di Volgograd. Ma Putin non è Medvedev e alla partita con la Cecenia ha legato tutta la sua carriera politica. Dovrà rimetterla all'apice delle sue priorità, congelando - almeno per un po' - la partita aperta con gli oppositori interni. 

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Anna Mazzone