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Ansa
Politica

PD, un partito in fuga (da Elly Schlein)

Non solo gli elettori, ora anche i dirigenti abbandonano la nave democratica. L'ultimo scontro sul rapporto troppo stretto con il Movimento 5 Stelle di Conte

A ogni sbandata in curva, il Pd semina pezzi per strada. E oltre agli elettori, sta perdendo anche i dirigenti. L’ultimo è Alessio D’Amato, già candidato del partito per la regione Lazio, che lascia in polemica l’assemblea nazionale, dopo lo spettacolo messo in scena a Roma con Beppe Grillo. Digerire l’abbraccio del segretario con Giuseppe Conte, e poi le sparate dell’Illuminato sulla necessità di infilarsi il passamontagna e istituire le ‘brigate di cittadinanza’, è davvero troppo. Prima che il partito si schianti contro un muro, con i cinque stelle ad agevolare la rincorsa, l’addio dei riformisti sta diventando un’emorragia.

Il primo ad andarsene, una volta fiutato l’andazzo della nuova fase schleiniana, è stato Beppe Fioroni, portabandiera dell’ala cattolica, sentendosi ospite indesiderato insieme ai nuovi commensali rivoluzionari. L’ha seguito a ruota Andrea Marcucci, ex renziano, raggiunto poi da Enrico Borghi. I pencolamenti della segretaria su temi delicati, come la maternità surrogata, e poi le indecisioni sui grandi principi di politica internazionale sulla guerra in Ucraina, stanno facendo raschiare il fondo del barile della pazienza a molti compagni.

Tanti i nodi ancora irrisolti, su cui Schlein ancora non dice una parola chiara, tra un reportage su Vogue e una sfilata al gay pride, temendo di restare stritolata dalle correnti che doveva archiviare, e che invece stanno archiviando lei medesima. Anche sul versante economico, la segretaria tentenna, ondeggiando tra un generico richiamo alla redistribuzione egualitaria, e un inginocchiamento alle parole d’ordine della nuova religione ecologica. Tanto è bastato a un personaggio di spessore come Carlo Cottarelli, per prendere la decisione di sbattere la porta e tornare alle sue cattedre universitarie. E questo mentre a Strasburgo, dove si è consumata la tragedia greca della spaccatura del partito su Kiev, ha salutato tutti Caterina Chinnici, personaggio di peso, visto che è stata candidata alla regione Sicilia.

Il timore, come si diceva, è quello di ritrovarsi gli eredi di Moro e di Berlinguer al traino di Giuseppe Conte. Ma c’è chi giura che questo sia solo l’inizio. Il fuggi fuggi deve ancora arrivare, dopo due sconfitte elettorali cocenti, a cui non è seguito alcun mea culpa. E forse la direzione di oggi sarà la prima vera resa dei conti. Non serve un armocromista per scegliere la tinta della situazione: se non avverrà un cambio di passo, il futuro assumerà tutti i toni del grigio.

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Federico Novella