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ANSA / MATTEO BAZZI
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Nello Musumeci: "Attenti ai sabotatori grillini"

Il governatore della Sicilia, come accade a Roma, fronteggia una situazione di stallo. Ma l'ostruzionismo del M5s rischia di condannare la regione a una crisi irreversibile

Nello Musumeci, eletto governatore della Sicilia da quattro mesi, Ë un generale senza truppe. I numeri lo costringono al pantano: lo stesso in cui si trova il paese. Palermo e Roma. Unite nella ricerca di una faticoso dialogo con i Cinque stelle.

Siamo tornati, come scriveva Leonardo Sciascia, alla Sicilia metafora d’Italia?
La legge elettorale ha consegnato anche a noi l’ingovernabilità. Ma nel parlamento nazionale c’è un confronto. Qui, invece, vige la regola del tanto peggio, tanto meglio. Abbiamo 36 deputati su 70. Una regione in emergenza può reggersi su una maggioranza aritmetica ma non politica?

Domanda retorica.
In una terra in cui ci sono 45 mila precari assunti con la telefonata dell’onorevole, cento partecipate che non chiudono i bilanci, un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti d’Europa, strade da terzo mondo, una burocrazia devastata, si può mai pensare di poter fare ostruzionismo? Io mi auguro che in Sicilia il Movimento faccia valere il senso di responsabilità emerso a Roma.

Pure a Palermo però i grillini hanno provato timide aperture.
Una parte di loro è per il dialogo. L’altra è per il muro contro muro, che non serve a nessuno. La campagna elettorale è finita da quattro mesi.

E quale anima prevale nel leader, Giancarlo Cancelleri, plenipotenziario di Luigi Di Maio nell’isola?
Quella pubblicamente esplicitata: «Musumeci mi fa schifo» ha detto. Per poi aggiungere, testuale: «Si deve abbassare a venire da me». Ma, ditemi voi, si può mai costruire qualcosa con questo linguaggio? Cosa vorrebbe: un presidente in ostaggio?

O con il capo cosparso di cenere...
Sul piano personale posso compiere qualsiasi gesto di umiltà, ma io sono il presidente della Regione: ho il dovere e il diritto di difendere la dignità dell’istituzione che rappresento.

Mutatis mutandis, non è la stessa strategia di Di Maio che dice: «O io premier o niente».
Ma no! Il suo atteggiamento si capisce. Quella è politica. Qui siamo agli insulti.

Nessuno spiraglio.
La capogruppo del Movimento nell’assemblea regionale ha detto: «Musumeci deve bussare alla nostra porta». Scusate, ma la discussione si fa in aula. Io ho lanciato un appello a tutti: «Proponete e votate ogni modifica necessaria, ma facciamolo alla luce del sole, senza inciuci». Se io busso alla porta di qualcuno diventa invece un accordo sottobanco.

Magari aspettano il via libera da Roma, dopo l’eventuale accordo con il centrodestra...
Non capisco che refluenze potrebbe avere sulla Sicilia. Qui, mentre si studiano strategie, va a fuoco tutto.

Tatticismi, quindi.
Dimostrare che senza di loro non si cambia. Una posizione esasperata e azzardata. Temo che l’interesse del Movimento prevalga rispetto a quello dei siciliani. Ma noi abbiamo il dovere di essere messi alla prova. Questa terra non può essere luogo di giochi e dispetti.

«Il potere è tentatore, ma solo l’opposizione è gratificante» recita un vecchio aforisma.
Ma nessuno gli ha chiesto un’alleanza! Nel primo intervento in aula ho detto: «Dobbiamo varare una stagione di riforme. Almeno su quelle, confrontiamoci».

Elenchi queste riforme.
Rifare la legge elettorale, nell’interesse di tutti. Dare competenze in materie di rifiuti e di acque alle province. Abolire gli Istituti per case popolari. Riqualificare le aree industriali. Creare un polo finanziario per le piccole e medie imprese.

Vale per tutti il suo appello? 
Infatti mi rivolgo pure al Pd. E il dissenso purtroppo non riguarda unicamente i partiti, ma pure i sindacati. Ma non è più tempo di tattiche, ammicamenti o contropartite. Siamo sull’orlo del collasso. La Sicilia sta sprofondando e la gente è disperata: cosa gliene frega di maggioranza e opposizione? Vuole solo risposte.

A quattro mesi dalle elezioni regionali, i Cinque stelle hanno quasi raddoppiato i consensi, sfiorando in Sicilia il 50 per cento alle Politiche.
E’ aumentata l’esasperazione. Promettere il reddito di cittadinanza a un Sud familista e anarcoide, dove ogni problema va risolto con il denaro pubblico, è stato determinante. A chi non sa cosa mettere sul tavolo il messaggio è arrivato. Non vedo, al contrario, progetti per le imprese. Si muovono nello statalismo.

Che in Sicilia fa rima con clientelismo?
Una parte della società, negli ultimi settant’anni, è stata abituata a un rapporto ambiguo con il potere: dare e avere. Da una parte, si cercava consenso drogato. Dall’altra, si corrispondeva un voto di ritorno. Dice un vecchio detto siciliano: «Cu mi duna pani u chiamu patri».

Tradotto per i continentali...
«Chi mi dà pane, lo chiamo padre». Fino a qualche anno fa, perfino il tangentista veniva giustificato: «Alla fine, mangia e fa mangiare». Ora che la politica non può più sfamare, tutti diventano cornuti, ladri e mafiosi. Il Movimento ha intercettato queste dinamiche.

Se le porte rimangono chiuse, si dovrà andare nuovamente al voto.
Spero invece che, come a Roma, prevalga un atteggiamento improntato al confronto. Qui nessuno vuole mettersi coccarde. Ma siamo vivendo la stagione più nera dal Dopoguerra. Il disagio è arrivato pure tra la piccola borghesia, che sta scivolando verso la povertà.

La Sicilia, vista dall’alto, sembra così irredimibile?
Sapevo che la strada era in salita. Ma non immaginavo di dover scalare una montagana. Abbiamo ereditato un indebitamento di oltre otto miliardi. Intanto, veniva speso appena l’1 per cento dei fondi europei. Un fiume che ci scorre davanti mentre noi moriamo di sete.

Accusano anche lei di immobilismo.
Nessuno può pensare di uscire dalla straordinarietà in pochi mesi: questa è pura demagogia. La politica è anche stile: adesso bisogna lavorare e tacere, per far diventare la Sicilia una regione normale. E io voglio essere il presidente della semina. Il raccolto, dopo di me, lo faranno altri.

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Panorama in edicola il 5 aprile 2018, con il titolo: "Dialoganti a Roma sabotatori in Sicilia. Qual è il vero volto?")

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Antonio Rossitto