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(Ansa)
Politica

L'attivismo del Quirinale, nato dalla politica debole, che sta cambiando i pesi ed i poteri

Dal secondo mandato di Napolitano la figura dell'inquilino del Quirinale sta diventando sempre più centrale per sopperire alla crisi dei partiti. Ma oggi che c'è di nuovo un governo politico forte gli attriti non mancano

Spesso si sottovaluta quanto l’istituzione della Presidenza della Repubblica sia cambiata in questi anni. Un sistema politico debole - fondato sempre su coalizioni parlamentari precarie - ha fatto sì che il Quirinale diventasse il perno della politica italiana. La rielezione di Mattarella, frutto anche di indecisioni ed errori da parte della destra, ha consolidato la pratica del doppio mandato dopo il caso di Giorgio Napolitano. Un cambiamento fondamentale su cui spesso si preferisce glissare invece di riflettere. Questa evoluzione ha messo il Capo dello Stato in una condizione di dominus della politica italiana sia all’interno che all’esterno, una sorta di “monarca costituzionale” eletto dal Parlamento.

Da qualche mese però siamo entrati in una fase nuova della democrazia italiana: c’è finalmente una maggioranza politica unita di una coalizione che ha vinto le elezioni. Nonostante questo però l’attivismo del Quirinale è tutt’altro che riposto. Gli interventi mediatici e simbolici del Capo dello Stato sono continui: dai richiami sull’Europa a quelli sull’ambiente, dall’immigrazione fino alla presenza a Sanremo, dalla pandemia alla politica economica. Ogni atto del Presidente è politico per definizione e l’impressione è che il Capo dello Stato abbia una sua agenda politica che è indipendente da quella del governo. Un programma politico quirinalizio che oggi si manifesta molto di più di quanto non succedesse in passato. Il governo, che ha vinto pienamente le elezioni, è costretto in parte a conformarsi a questo interventismo presidenziale e in parte ad ignorarlo con discrezione. Ciò non potrà avvenire, ad esempio, per le riserve espresse dal Quirinale all’ultimo decreto sulle concessioni balneari, dove la maggioranza dovrà fare delle modifiche. Tuttavia, questo attivismo del Capo dello Stato, che un tempo sarebbe stato considerato anomalo, oggi è il segno della trasformazione della costituzione materiale e di un nuovo ordine politico italiano fondato sulla continuità del Presidente della Repubblica e delle sue ramificazioni in Europa, in Parlamento, nell’opinione pubblica e dell’indebolimento irreversibile della rappresentanza parlamentare.

La capacità politica di Mattarella è molto elevata e spesso sottovalutata dalla politica.

Si guardi ai sondaggi di opinione: nonostante una legislatura, quella scorsa, con scelte strategiche opinabili (il doppio governo di Conte) e costruzioni politiche “Frankenstein” tenute a battesimo dal Quirinale, il gradimento del Presidente è molto elevato. Tuttavia, questa esposizione molto pronunciata, in particolare quando non ci sono tecnici, partiti centristi e Pd al governo, rappresenta un qualche rischio anche per la Presidenza della Repubblica, organo che deve farsi percepire super partes. Di fronte ad un governo, magari con una agenda politica diversa ma per ora accondiscendente con Mattarella, il rischio è che il Capo dello Stato, di fronte ad una opposizione spezzata e debolissima, inizi ad essere percepito egli stesso come leader involontario dell’opposizione più che come garante della Costituzione. Siamo certi, sul piano istituzionale, che questo interventismo convenga al Quirinale di fronte ad un governo di destra, forte per altro della legittimazione elettorale, che sul piano internazionale oggi è apprezzato e a livello europeo perfettamente integrato?

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Lorenzo Castellani