L'immonda idea di un reddito per chi lavora in nero
Conte e Di Maio (Ansa)
Politica

L'immonda idea di un reddito per chi lavora in nero

Il governo ipotizza di dare 400 euro al mese agli evasori fiscali. Ma grillini e dem non erano i loro primi nemici? Analisi di un'idiozia demagogica, confrontata con un antefatto di 28 anni fa

Il Coronavirus colpisce i polmoni dei comuni mortali, e questo purtroppo da due mesi l'abbiamo capito fin troppo bene. In molti casi, però, sembra particolarmente aggressivo anche nei confronti del cervello. Così pare, soprattutto, per certi politici dell'area grillino-sinistrorsa. A partire proprio da quel mattacchione di Beppe Grillo, che oggi lancia l'idea (del tutto assurda e paradossale) di un «Reddito universale, per diritto di nascita, destinato a tutti, dai più poveri ai più ricchi»: sul suo blog, il fondatore del Movimento 5 stelle lo descrive come «la via d'uscita da questa crisi».

Se pare demenzialmente grillesca l'idea di dare soldi ai "più ricchi", è indiscutibile l'esistenza - creata dal virus - di un problema reddituale per ampie fasce della popolazione. E difatti il governo sta correttamente valutando di distribuire un «Reddito di emergenza» a precari, colf, badanti, babysitter, stagionali, e a tutte le categorie di lavoratori che nei mesi del lock-down rischiano di non ottenere uno stipendio o il rinnovo del contratto. S'ipotizza lo stanziamento di 800 euro al mese per i due mesi di aprile e di maggio.

Ma un sintomo preoccupante di contagio da Covid-19 spunta là dove alcuni esponenti governativi del Movimento 5 stelle, di Liberi e uguali e del Pd, ipotizzano di allargare la tutela ai lavoratori "in nero", circa 3,5 milioni di italiani. Sono gli evasori fiscali sui quali il grillismo e la sinistra giustizialista per anni hanno affilato le armi, ma ora a Palazzo Chigi si decide che (ohibò) «non saranno lasciati senza bonus».

Nell'esecutivo giallo-rosso se ne discute animatamente, come sempre del resto: al momento prevale l'idea di non equipararli proprio in tutto a chi s'è trovato costretto a chiudere un'attività o una bottega, né di trattarli come i precari regolari. Si pensa quindi di sostenerli con un «mini bonus di 400 euro mensili». Per tutti, comunque, il Reddito di emergenza sarà temporaneo, cioè legato alla crisi provocata dal virus.

Uno Stato che decida di sostenere gli evasori fiscali, a modesto avviso di chi scrive, merita decisamente di chiudere. E non per malattia, o per ferie: per sempre. Saranno forse i disastrosi effetti del Covid-19 sul cervello dei geni attualmente al governo, ma pare evidente che non abbiano la più pallida idea di quanto stanno ipotizzando.

Partiamo dalla cifra: se i nostri governanti avessero moltiplicato i 400+400 euro per quei 3,5 milioni di lavoratori irregolari, per esempio, avrebbero scoperto che la moltiplicazione produce un risultato allarmante: 2,8 miliardi di euro. Vogliamo dimezzare la platea dei destinatari? Bene: si scende a 1,4 miliardi. Ma davvero vogliamo regalare miliardi agli evasori fiscali? No: francamente, sarebbe di gran lunga preferibile spendere quelle cifre per dotare al più presto dei presìdi sanitari e delle protezioni (che non hanno) i nostri poveri medici e infermieri, che per colpa del Covid-19 muoiono a decine.

Quello sì che andrebbe fatto subito: per chiudere una vergogna senza fine, che ricadrà per sempre su questo governo tardo e tardivo, che il 31 gennaio - esattamente due mesi fa! - aveva consapevolmente decretato lo stato d'emergenza.Viene poi da chiedersi come farà questo governo tardo e tardivo a individuare i 3,5 milioni di «lavoratori in nero» cui regalare gli 800 euro di cui sopra: gli evasori fiscali dovranno forse presentare un'autodenuncia, magari con garanzia d'impunità futura? O forse si scoprirà che la Guardia di finanza in un cassetto ne ha l'elenco dettagliato, regione per regione?

S'immagina, peraltro, che questi "lavoratori in nero" non possano essere compresi tra i percettori del Reddito di cittadinanza. Perché se lavorano evadendo le tasse, in teoria e in base alla legge, non avrebbero diritto al Reddito grillino. Insomma, è l'ennesima, vergognosa misura demagogica all'italiana. Un'eventualità che da sola dovrebbe scatenare proteste corali, soprattutto in un momento così grave per il Paese.

Viene in mente un altro tentativo di negoziato tra Stato e fasce malavitose: lo scandaloso tentativo di un "patto con i contrabbandieri", che nel 1992 portò l'allora ministro delle Finanze Rino Formica a dialogare, per mesi, con un folto gruppo di contrabbandieri pugliesi. Il confronto non è del tutto corretto, però, perché rispetto ai quacquaracquà di oggi (evidentemente obnubilati dal virus) di certo Formica passerà alla Storia come un vero gigante della politica, uno Statista con la S maiuscola.

Ventotto anni fa, in effetti, il ministro, che era socialista e pugliese, voleva stroncare il contrabbando offrendo a quei malviventi un lavoro e un condono. Non se ne fece di nulla. E non tanto perché alla fine si mise di mezzo il tetragono Partito comunista italiano (un po' il "nonno" del Pd), che all'epoca si ergeva ipocritamente come grande moralista e difensore di ogni legalità, anche in campo fiscale. Il patto naufragò soltanto perché i contrabbandieri, alla fine, non si fidarono del governo. Quei fuorilegge avevano perfettamente ragione allora. Figurasi oggi…

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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