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Politica

Diritto alla riparazione: ecco come funziona

Anziché acquistare nuovi prodotti arrivano agevolazioni dall'Europa per allungare la vita ai prodotti che si guastano e ridurre gli sprechi e proteggere l'ambiente

La televisione si rompe sempre dopo la scadenza della garanzia. Lo smartphone non funziona più, ma non si può aspettare settimane per averlo indietro come nuovo. Le cose potrebbero però cambiare presto. Avremo il diritto alla riparazione (Right to Repair). Il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva che faciliterà la scelta di riparare la televisione lo smartphone che si sono rotti, invece di buttarli e comprarne nuovi. Gli Stati membri, dopo il sì formale del Consiglio Europeo, avranno due anni per recepire la direttiva e renderla quindi realtà per i cittadini.

Ogni anno in Europa spendiamo 12 miliardi di euro per comprare nuovi elettrodomestici e dispositivi, invece di ripararli. Un costo, per i consumatori. E un prezzo caro per l’ambiente: ogni anno produciamo 261milioni di tonnellate di CO2 per smaltire rifiuti elettrici ed elettronici e generiamo 35 milioni di tonnellate di rifiuti. Ecco che arriva il diritto alla riparazione. Oltre a consumatori e ambiente a ringraziare è anche il settore delle riparazioni, che in Italia conta oltre 24mila aziende, per un valore generato di oltre 2 miliardi di euro.

Il diritto alla riparazione coinvolge “qualsiasi bene mobile materiale” e “qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale”. Tradotto significa: lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, aspirapolveri, televisori, smartphone. Sono esclusi stereo, lettori cd, videocamere o macchine fotografiche. Ma, cosa che contestano alcuni, non si fa riferimento a prodotti per le imprese o a beni industriali che quindi continueranno a non avere il diritto alla riparazione e quindi a inquinare e spendere per comprare nuovo.

Cosa cambierà per i consumatori? Innanzitutto, è previsto l’obbligo di riparazione per il produttore, non il venditore, anche se il prodotto non è più in garanzia. Inoltre, il produttore avrà l’obbligo di informare i consumatori sul diritto alla riparazione ed essere chiaro su tempi e costi di interventi, pubblicando i propri servizi con regolarità. Le riparazioni dovranno avere tempi (entro 30 giorni) e costi “ragionevoli”. E durante la riparazione il cliente avrà diritto all’elettrodomestico sostitutivo e se sceglierà di riparare anziché sostituire, guadagnerà un anno in più di garanzia sul prodotto. Infine, contro i “monopoli”, i produttori non potranno impedire l’uso di pezzi di ricambio di seconda mano o stampati in 3D da parte di riparatori indipendenti e non potranno inoltre rifiutarsi di riparare un prodotto perché è stato precedentemente riparato da qualcun altro. Infine, via libera a misure a favore della riparazione (bonus ecc.) nei vari Stati membri e creazione di una piattaforma online europea, con sezioni nazionali, per aiutare i consumatori a trovare i servizi di riparazione più vicini.

Aldilà degli effetti green sull’ambiente si prevedono conseguenze economiche, per i consumatori e per i Paesi che oggi spendono per smaltire i rifiuti. E con il diritto alla riparazione il settore dei pezzi di ricambio avrà sicuramente una spinta. Basti pensare al mercato dei pezzi di ricambio dei soli smartphone che nel 2023 in Europa ha superato i 63 miliardi di dollari. In Italia le riparazioni fuori garanzia di questo settore l’anno scorso hanno oltrepassato i 250 milioni di euro. Il Right to Repair farà accelerare questi numeri. Ma il diritto alla riparazione ha fatto solo il primo passo, per ora.

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Cristina Colli