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(Ansa)
Politica

Il «vento di destra» che spira in Europa

A pochi mesi dalle elezioni europee la sinistra è in crisi profonda, identitaria e politica. colpa di scelte sbagliate soprattutto in tema di immigrazione e ambiente

L’Europa continua a sterzare a destra. In Olanda vince a sorpresa Geert Wilders, capo del partito populista, liberista anti-immigrazione, che dovrà si passare dalla formazione di un governo di coalizione con i moderati ma i cui risultati segnalano un exploit della destra. Oggi formazioni conservatrici moderate o radicali governano gran parte d’Europa. Resistono alcuni grandi paesi per ora all’avanzata della destra: Francia, Germania, Spagna, Polonia. Tuttavia, anche qui la sinistra non passa il suo momento migliore.

In Francia, il Front National primeggia nei sondaggi mentre i partiti di destra si attestano intorno al 45% dei consensi (maggioranza relativa) e Macron raccoglie un consenso ai minimi storici.

In Germania impressiona l’avanzata della destra nazionalista di AfD, che rischia di diventare il secondo partito tedesco alle europee dietro al primo, cioè il centro popolare della Cdu anch’essa oggi all’opposizione. Il governo tedesco è in grande difficoltà nei sondaggi, con socialisti, liberali e verdi in flessione netta nei sondaggi.

In Spagna il secondo governo Sanchez è partito col piede sbagliato: amnistia ai secessionisti catalani per formare una debole maggioranza da essi sostenuta, frizioni forti con Israele per il sostegno ai palestinesi e il riconoscimento di Hamas come interlocutore politico. Gli osservatori politici di Madrid considerano molto probabile l’affermazione come primo partito dei popolari, oggi all’opposizione, alle Europee.

In Polonia si tende a credere che abbia vinto la sinistra, ma il nuovo governo sarà una larga coalizione, la cui stabilità dovrà essere verificata, che avrà come perno il partito popolare guidato da Donald Tusk. Insomma, anche in questi paesi dove la sinistra è in parte o in tutto al governo, si registra una crisi di consenso.

L’immigrazione e l’ambientalismo, i due cavalli di battaglia dei progressisti, continuano a suscitare reazioni avverse in gran parte dell’elettorato europeo. Di fatti, il parlamento europeo ha rallentato le riforme green e la Commissione si è spostata verso un nuovo realismo sull’immigrazione, grazie anche alle iniziative del governo Meloni. In questo quadro, anche l’idea di rafforzare ulteriormente l’integrazione dell’Unione Europea non scalda più i cuori di nessuno, nemmeno dei leader centristi e di sinistra.

Si consuma così una progressiva erosione della forza politica della sinistra europea che a giugno rischia di ritrovarsi molto indebolita. Lo scenario più probabile resta quella di una “coalizione Ursula”, ma ben più sbilanciata a destra rispetto all’attuale. Tuttavia, c’è un punto ulteriore: i partiti centristi e di sinistra europeisti, dove non si sono reinventati come in Spagna e Portogallo, hanno fronteggiato una crisi di consenso che è partita dalla periferia sud e nord, da paesi come Grecia e Italia o Svezia e Danimarca per non parlare della Brexit.

Oggi è il cuore dell’Europa a subire il nuovo populismo-nazionalismo, la crisi è arrivata al centro: Olanda, Germania, Francia. Ciò implica che ovunque i partiti di destra hanno l’occasione di arrivare al governo, per lo più mescolandosi con i moderati e i centristi. E’ un nuovo scenario, a cui presto l’establishment europeo dovrà abituarsi se le istituzioni vorranno sopravvivere. Agenda e classe politica sono quindi destinate a cambiare ancora nei prossimi anni.

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Lorenzo Castellani