Consiglio al Governo: la liquidità a fondo perdutoè possibile, con il rating
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Consiglio al Governo: la liquidità a fondo perdutoè possibile, con il rating

Il Direttore Master in Corporate Finance SDA Bocconi, ha una sua teoria innovativa per fare avere liquidità alle imprese in difficoltà, senza passare dai prestiti del Governo

Il DL Liquidità, con cui l'esecutivo ha cercato in fretta di garantire coperture finanziarie alle imprese per fronteggiare l'emergenza coronavirus, ha mostrato fin da subito una serie di limiti in termini di tempistiche, importi e modalità di erogazione. In particolare, la decisione di erogare questi aiuti nella forma di finanziamenti garantiti dallo Stato è suonata come una nota stonata a fronte di perdite di fatturato, di profitti e di cassa delle imprese a seguito del lockdown. Una tale situazione avrebbe piuttosto richiesto un intervento a fondo perduto.

Parafrasando, possiamo dire che il provvedimento è stato più un "tampone" che un "punto di sutura". Inoltre, l'attivazione dei meccanismi di prestito bancario, pur garantiti dallo Stato, ha attivato le poco fluide procedure burocratiche di concessione del credito e della relativa garanzia statale, producendo lungaggini.

Ora il governo sta cercando di porre rimedio a questi limiti e di intervenire nuovamente sul fronte del sostegno alle imprese con il nuovo decreto che uscirà a Maggio. L'idea alla base dei nuovi interventi normativi è di fornire sostegno con contributi a fondo perduto. Il tema assai dibattuto è il "come".

La volontà del governo sembra ora orientata ad un'azione più calibrata, che entri maggiormente nel merito del problema con un duplice obiettivo: selezionare i settori più colpiti, quelli cioè che realmente necessitano una copertura finanziaria senza restituzione, ed evitare che i beneficiari siano anche soggetti solo marginalmente colpiti, che quindi potrebbero agire con opportunismo. Gli obiettivi sono sicuramente nobili, ma è solo il "come" che può renderli tali.

Alcune delle vie per realizzare gli obiettivi che il governo sembra aver individuato appaiono anacronistiche e, a dir poco, inefficaci o fuorvianti. Infatti, la volontà di selezionare i settori su cui intervenire attraverso i codici Ateco appare fuori dal tempo e foriera di possibili errori. Ciò poiché la classificazione merceologica dei codici Ateco è vetusta, identificando settori con logiche tradizionali. Molte imprese, tra quelle più colpite, potrebbero aver optato per un inserimento in un certo codice non realmente rappresentativo della propria attività. Pensiamo al caso estremo delle start up o scale up tecnologiche, sicuramente tra le più colpite in questa crisi, e alla nota difficoltà nel posizionare le loro attività innovative all'interno dei codici Ateco.

Procedere per codici Ateco andrebbe nella direzione opposta a quella delle finalità poste dal governo. Ad esempio, una attività di ristorazione che era già organizzata per svolgere consegne a domicilio verrebbe paragonata ad un'altra che per localizzazione e modalità di offerta (es. ristoranti al mare o in collina specializzati in ricevimenti ed eventi) non era in grado di cambiare l'offerta e trasformarsi immediatamente sul modello della prima. Entrambe verrebbero classificate come "altamente impattate", sebbene la prima abbia avuto minori danni della seconda.

L'altro criterio che il governo pensa di utilizzare per identificare le imprese più bisognose è la perdita di fatturato nel trimestre. Questo criterio sembra ribilanciare un po' il primo, poiché all'interno del medesimo codice Ateco ecco che riusciremmo a differenziare il ristorante con delivery da quello impossibilitato a farlo. L'equità sembrerebbe dunque ristabilita. In realtà non è così, poiché un'impresa potrebbe aver mantenuto lo stesso fatturato per effetto di procedure amministrative di contabilizzazione di introiti derivanti dai mesi precedenti, o ancora la perdita di fatturato potrebbe semplicemente segnalare una crisi economica già in atto, dovuta ad inefficienza ed incapacità di gestione. Di nuovo si rischierebbe di premiare chi merita di meno.

Quale potrebbe essere la soluzione? Un intervento più equo ed efficace può essere costruito utilizzando criteri più adeguati sotto il profilo tecnico-finanziario per individuare le imprese con un reale fabbisogno finanziario. Uno di questi criteri è il rating, ossia la misura di affidabilità creditizia e rischio finanziario di una determinata impresa. Questa misura, a seguito delle innovazioni regolamentari di Basilea 2, è oggi prodotta da tutte le banche.

Con il rating è possibile identificare le maggiori aree di vulnerabilità finanziaria, che potremmo posizionare, seguendo una impostazione classica, nella fascia tra la BBB e la B (ogni banca poi ha le sue specifiche classificazioni che può però riconciliare con la "scala classica"). All'interno di questa fascia, che di fatto è la parte intermedia della scala di rating, si collocano la maggior parte delle PMI italiane, circa l'85-90% di esse è lì. Queste sono di sicuro le più vulnerabili, su cui intervenire con interventi a fondo perduto.

Per meglio calibrare l'intervento, il governo potrebbe poi introdurre una ponderazione in funzione non tanto della riduzione di fatturato ma piuttosto del parametro EBITDA, grandezza più rappresentativa della profittabilità operativa e dell'autofinanziamento potenziale di un'azienda. L'EBITDA è inoltre una misura facile da calcolare, che le banche potrebbe determinare con semplici calcoli automatici (basta sommare il valore A-B "Differenza tra valore e costi della produzione" con quello riportato in B.10 "Ammortamenti e svalutazioni" di un bilancio civilistico).

Una volta effettuata la verifica, la banca potrebbe procedere direttamente all'erogazione delle somme a fondo perduto, calibrandole opportunatamente in base alla riduzione di EBITDA, introducendo laddove necessario dei massimali. Il governo restituirebbe poi alle banche gli importi anticipati.

Un modo siffatto di procedere permetterebbe di ridurre le tempistiche, calibrare opportunamente gli importi ed erogare con efficacia alle imprese più bisognose.

Alberto Dell'Acqua

Direttore Master in Corporate Finance SDA Bocconi

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