Parlamento europeo
(Ansa)
Politica

Chiuse le candidature per Bruxelles dove regneranno ancora cuffiette e traduttori

Era troppo chiedere quello che viene preteso in qualsiasi altro colloquio di lavoro e cioè la conoscenza dell'inglese come condizione necessaria per finire al Parlamento Europeo?

Ora che le liste dei candidati alle ormai prossime elezioni europee sono chiuse e completate ci piace l’idea di fare un semplice ragionamento che non si è sentito in tutte queste settimane di inizi-campagna elettorale. Giornate piene di Vannacci, del simbolo del Pd con o senza il nome del suo segretario, di Prodi che attacca tutti i leader che si candidano come acchiappavoti certi poi di rinunciare al seggio, di Lucia Annunziata, di Santoro e la sua lista, di unioni improbabili per superare la soglia del 4% (Bonino+Renzi). Di tutti di più, come al solito.

C’è una cosa che però questa volta ci sarebbe piaciuto leggere. Ci sarebbe piaciuto che l’Europa stessa mettesse una condizione in più per la scelta dei candidati. Una sorta di articolo 1 così redatto: «Per candidarsi bisogna essere maggiorenni, residenti e cittadini della nazione dove ci si candida e avere una conoscenza ottima dell’inglese scritto ed orale. Ottima, con relativa certificazione da allegare».

E se pensate sia uno scherzo, vi sbagliate di grosso. Perché dalla sua nascita l’aula del parlamento a Bruxelles è la patria della cuffietta. Ognuno sale sul banco e parla nella sua lingua mentre chi ascolta indossa le ormai vetuste cuffie come dei turisti in un museo di un paese straniero.

Direte voi che anche a Montecitorio ci sono persone che con la lingua italiana fanno fatica. Vero, ma c’è una differenza sostanziale.

A Roma traduttori impegnati a dare un senso ad alcuni passaggi dei discorsi letti ad esempio da Antonio Razzi che spopolano su YouTube non ce ne sono. La Ue invece ha decine e decine di professionisti del bilinguismo che tra interventi e testi costano alla struttura (ed ai contribuenti) alcune centinaia di milioni di euro l’anno (stime parlano di 300 milioni, alcuni anni fa).

Quindi, perché, solo per risparmiare e dare un’idea di modernità, per queste elezioni non ci si è posti un limite minimo linguistico? Anche perché la conoscenza dell’inglese viene ormai chiesta a ciascuno di noi nel 99% dei colloqui di lavoro e per alcuni l’inglese da solo non basta. Poco fa un’amica, dirigente nel settore turistico, a domanda sulle lingue pretese per lavorare da lei ha così risposto: «4, e ad alto livello».

Il Parlamento europeo dovrebbe essere il luogo della massima eccellenza del continente in qualsiasi settore: economia, sicurezza, salute, istruzione, sport… sapere che chi deve decidere per centinaia di milioni di persone sia in grado di fare delle riunioni e degli incontri senza il bisogno di un traduttore al fianco dovrebbe essere il minimo.

Bruxelles ha sprecato ancora una volta l’occasione per guadagnare punti nella classifica della credibilità che la vede ferma da anni in zona retrocessione

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Andrea Soglio