Bonafede deve delle spiegazioni sulla querelle con Di Matteo
(Ansa)
Politica

Bonafede deve delle spiegazioni sulla querelle con Di Matteo

Il ministro della Giustizia ammette di aver proposto nel 2018 al pm la nomina a capo dell'amministrazione penitenziaria, e di averla subito ritirata. Perché?

La Lega chiede le immediate dimissioni del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: «Rivolte, evasioni, detenuti morti, agenti feriti, migliaia di delinquenti usciti dal carcere, boss tornati a casa e il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, sostituito: come se non bastasse tutto questo, ora arrivano le parole di un magistrato come Nino Di Matteo in diretta tv: è vero che non è stato messo alla guida del Dap perché sgradito ai mafiosi? In ogni caso, anche senza le parole di Di Matteo, Bonafede dovrebbe andarsene in fretta per i troppi scandali ed errori». Questo chiedono i parlamentari leghisti Giulia Bongiorno, Nicola Molteni, Jacopo Morrone e Andrea Ostellari.

La vicenda che coinvolge Bonafede e Di Matteo, in effetti, assume contorni di una gravità infinita. Di Matteo, pubblico ministero antimafia palermitano e dall'ottobre 2019 membro del Consiglio superiore della magistratura, è intervenuto nella serata di domenica 3 maggio alla trasmissione Non è l'arena, su La7, dove si parlava di carceri e di gestione dell'emergenza durante il coronavirus.

Di Matteo ha rivelato che nel giugno 2018, quando Bonafede si era appena insediato al ministero della Giustizia, l'aveva chiamato per proporgli «di diventare il capo del Dap, o in alternativa di diventare direttore generale degli Affari penali del ministero». Di Matteo ha aggiunto di aver chiesto 48 ore di tempo per dare la sua risposta, ma ha aggiunto che «nel frattempo, e questo è molto importante che si sappia, informazioni prodotte dal Gom, il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, avevano descritto la reazione di moltissimi capi mafia all'indiscrezione che io potessi essere nominato a capo del Dap». Reazioni ovviamente più che negative.

«Trascorse le 48 ore» ha proseguito Di Matteo «andai a trovare il ministro Bonafede, perché avevo deciso di accettare la nomina a capo del Dap. Ma improvvisamente il ministro mi disse sostanzialmente che ci aveva ripensato, che nel frattempo aveva pensato di nominare per quel posto Francesco Basentini, e mi chiese di accettare il ruolo di direttore generale degli affari penali. Io il giorno dopo gli dissi di non contare su di me, perché non avrei accettato».

Parole pesantissime, insomma, e l'accusa indiretta al ministro di aver subito quantomeno la situazione: affermazioni così gravi che Bonafede è a sua volta immediatamente intervenuto, telefonando in diretta alla trasmissione: il ministro ha confermato quel che aveva dichiarato Di Matteo, e ha detto anche di aver saputo delle intercettazioni dei boss mafiosi, preoccupati di un'eventuale nomina di Di Matteo al Dap. «L'idea che io, in virtù di chissà quale paura sopravvenuta, avrei ritrattato la proposta (a Di Matteo, ndr), è un'idea che non sta né in cielo né in terra» ha detto Bonafede, che ha aggiunto: «È una percezione, legittima, del dottor Di Matteo».

È evidente che sulla testa di Bonafede si stanno comunque addensando nuvole nere.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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