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(Ansa)
Politica

Il caos nel Pd tra pro-Israele e pro-Palestina

Il caso delle bandiere di Beppe Sala a Milano racconta il malessere dei dem che non sanno da che parte stare (o non hanno il coraggio di dirlo)

Il cortocircuito è tuttora in corso. Pro-Israele o pro-Palestina, o entrambe? Per la pace, ma anche per il diritto degli israeliani di difendersi, ma anche per il diritto dei palestinesi ad autodeterminarsi. In queste ore, parallelamente alla questione palestinese, sta esplodendo la questione morale a sinistra: da che parte andare, dinanzi al più grave atto di guerra degli ultimi decenni?

Da una parte la scelta pilatesca del sindaco di Milano Beppe Sala, che mentre stava deflagrando la sua maggioranza sulla scelta di quale bandiera esporre sul balcone di palazzo Marino, ha preso la strada più schleiniana di tutte: facciamo sventolare tutte e due le bandiere, quella di Israele e quella della pace. E già che siamo, anche quella dell’inter e del milan, così nessuno si offende. Poco lontano, al liceo Manzoni, un collettivo studentesco esultava: “Che bello quando brucia Tel Aviv”. Sì, proprio nella moderna Milano, quella delle macchine elettriche, delle avanguardie culturali, e dell’apertura internazionale, si esultava come a Teheran.

Se Milano è confusa, Roma è peggio. Elly Schlein corre ad abbracciare Landini alla manifestazione della Cgil, ma nel Pd pochi la seguono, viste le frasi che sono salite dalla piazza. Moni Ovadia si è scagliato contro la “colonizzazione israeliana”, individuando nello stato ebraico la causa efficiente degli orrori di Hamas. L’ex sindaco di Napoli de Magistris ha tuonato contro “l’occupazione israeliana”, principale ostacolo alla pace. Nella questione israelo-palestinese, il Pd è attraversato dalle stesse fratture che lo colpiscono nella questione ucraina: indecisi su da che parte andare, restiamo nel mezzo e poi si vedrà.

Personificazione di questo limbo politico è il nuovo caso Soumahoro, declinato alla mediorientale: Patrick Zaki, il quale ha detto che in questa faccenda c’è solo un serial killer: Netanyahu. Frasi che hanno ghiacciato gli ambienti progressisti, visto che il ragazzo, fino a ieri, è stato portato in pubblica processione chiedendone – e ottendendone – la scarcerazione dalle prigioni egiziane. Dopo la presa di posizione anti-Tel Aviv, Zaki è stato messo in stand-by nelle apparizioni televisive (doveva presenziare al salotto di Fabio Fazio: ospitata congelata), e probabilmente il suo santino verrà frettolosamente nascosto dal pantheon progressista. Esattamente quanto avvenuto con Soumahoro: prima osannato e poi dimenticato nell’arco di una giornata.

Sì, dinanzi al mondo in fiamme, occuparsi dei distinguo e delle ipocrisie della politica italiana suona surreale, e anche forse un filo irrispettoso. E però è un dato di fatto che quando occorre posizionarsi chiaramente dinanzi alle grandi svolte internazionali, la sinistra latita, litiga, si divide, tiene il piede in due scarpe o due bandiere sulla stessa asta. Un paradosso più forte di tutto: anche delle bombe, dei rapimenti e delle esecuzioni sommarie.

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Federico Novella