beppe sala
(Ansa)
Politica

Beppe Sala, il nuovo Prodi che piace tanto al popolo del centro (di Milano)

Da anni fa politica, lanciando il sasso per poi nascondersi dentro Palazzo Marino. Ora è pronto a scendere in campo

Il nuovo Prodi del centrosinistra, quello in grado di passare dal popolo arcobaleno al popolo delle partite iva senza giramenti di testa, si chiama dunque Beppe Sala. Al di là delle frasi di circostanza, il sindaco di Milano è pronto a correre. Da tempo si muove da leader, da tempo sconfina al di fuori della cerchia dei bastioni milanese per lanciare i suoi messaggi nazionali. Adesso sta tessendo alleanza, parla apertamente di voler allargare il centrosinistra, di “dare una mano”. Dove voglia arrivare forse non lo sa nemmeno lui, ma nel caos globale di questi giorni, agli amici della Ditta non resta che lui.

Non è certo un alieno della politica. Prima socialista, poi renziano, poi ecologista, adesso centrista caratterizzato da incontri ravvicinati con Giggino Di Maio. Sala è una creatura che ha saputo continuare a nuotare appena sotto la superficie, dribblando gli squali senza mai affondare. Dopo l’attività da manager, venne scelto da Letizia Moratti per il ruolo di direttore generale del comune di Milano, il suo trampolino di lancio è stato l’Expo, periodo in cui la grande stampa si innamora di lui senza lasciarlo più. Nonostante le polemiche sui conti della kermesse e sulle inchieste giudiziarie, Renzi coglie la palla al balzo e lo spinge nella corsa per Palazzo Marino. Passa alle primarie con numeri deludenti, votato in massa dalla comunità cinese, e poi si impone su Parisi e conquista la fascia di sindaco. “Ma lui non era di centrodestra?”, dicevano gli avversari all’epoca.

Da Sindaco strizza all’occhio alla borghesia progressista meneghina, al centro storico pettinato vista Duomo, ai salotti buoni, alla comunità Lgbt, e con un’attenzione maniacale alla comunicazione si presenta come l’ultramilanese tutto concretezza lombarda. Gli rimproverano di non vedere la Milano reale, di non uscire mai dalla Ztl, di non mettere mai il naso fuori dal bosco verticale, di trascurare le periferie, di minimizzare il dramma dell’integrazione dell’hinterland, di far finta di non sentire l’allarme sicurezza in città, di non andare più in là dei grattacieli, di aver riempito i marciapiedi di ciclabili e monopattini, paralizzando la circolazione. La sua vicinanza alla Milano degli aperitivi è alla base dello scivolone mediatico poco prima della pandemia, quando se ne andò a brindare con Zingaretti alla faccia del virus che di li a poco sarebbe esploso proprio in Lombardia. Ciò nonostante, viene elevato a modello dalla comunità giornalistica e assume addirittura l’autorevolezza necessaria per intimidire un colosso mediatico come Chiara Ferragni, la quale prima punta il dito sull’insicurezza cittadina e poi balbetta scuse contro l’amministrazione: “Scusate, non volevo, mi dispiace”.

Quando il suo sponsor Renzi precipita elettoralmente, Sala molla tutto, lascia il Pd e si mette in proprio, navigando in solitaria nel mare dell’ecologismo snob, nei verdi europei, caldeggia un partito ambientalista, non si sa quanto di centro, non si sa quanto di sinistra. Fa scalpore la foto newyorkese della strana coppia Di Maio-Sala, il manager e ‘o scugnizzo, foto tutt’altro che spontanea, facente parte di una strategia precisa. Siamo alla storia recente, quando ormai è chiaro a tutti che il Sindaco di Milano in realtà è fuori dal Comune, nel senso che si muove agilmente sullo scacchiere nazionale. Lancia strali quotidiani contro la classe politica “sgrammaticata”, contro i guastatori del governo Draghi che “ci espongono a figure da cioccolatai”. Da tempi non sospetti, il suo telefono è rovente: Carfagna, Toti, e gli altri protagonisti centristi lo cercano, si consultano, lo incoraggiano. Lui ancora si nega, continua a ripetere che il suo posto è Milano, ma quella di lanciare il sasso e ritirare la mano è una recita cui non crede più nessuno. Se non altro, adesso dovrà prendersi la responsabilità delle sue incursioni nazionali. Dovrà, come si dice, diventare grande.

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Federico Novella