Pietro Grasso non è il Senato
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Pietro Grasso non è il Senato

Perché l'ex magistrato dovrebbe dimettersi dopo quello che ha detto e fatto

Pietro Grasso non è il Senato. Pietro Grasso rappresenta il Senato. Egli non era tenuto a chiedere il parere del Consiglio di presidenza, che esprime l’orientamento dei gruppi parlamentari che siedono in Senato. Ma, nel momento in cui ha deciso discrezionalmente di avvalersi del parere dell’Aula, il presidente, rappresentante di quell’assemblea, non poteva far finta che il Senato non si fosse espresso. Grasso, l’ex pm Grasso, ha fatto di più. Se n’è infischiato del parere del Senato e si è sostituito ad esso. Grasso è diventato di colpo il Senato. E quei senatori, la votazione in seno al Consiglio, il Regolamento del Senato sono stati cancellati con un tratto di penna. 

Un ‘ineludibile dovere morale’, apprendiamo per bocca dello stesso Presidente/Senato, lo ha spinto a infischiarsene di tutto e tutti. A noi non rimane che affidarci al suo innato senso morale. Le parole di Grasso hanno gettato un alone di discredito su quei senatori che hanno legittimamente votato contro la costituzione come parte lesa. Il discredito, la sottesa accusa di immoralità – le parole sono parole, caro presidente – hanno investito l’intero emiciclo che nella sua composizione e in conformità al Regolamento si era espresso in modo opposto alla persona Pietro Grasso. Ma quando uno nasce altamente morale, si corrono questi rischi.

L’avvocatura dello Stato ha tentato di farlo riflettere: guardi, presidente, in questi casi si costituisce tutt’al più lo Stato, quindi la presidenza del Consiglio. Non ci sono precedenti, il Senato si è costituito in giudizio soltanto nei processi contro ex dipendenti in conseguenza di un danno patrimoniale diretto (furti e simili). Esiste una giurisprudenza costante della Cassazione penale in materia. Del resto, che figura ci farebbe il Senato se il teorema napoletano della ‘compravendita’ dei senatori dovesse sciogliersi come neve al sole? Con le istituzioni non si scherza, presidente. 

Invece no, ecco l’ennesimo capolavoro dei giustizieri demagoghi. Tiriamo fuori i muscoli, il Grande Imputato alla sbarra. In aula Grasso ha ripetuto per tre volte, tre, la parola ‘impressionato’: sono rimasto talmente ‘impressionato’ dal capo d’imputazione che ho sentito l’ ‘ineludibile dovere morale’ di agire, infischiandomene della democrazia, dell’autonomia della politica e della separazione dei poteri. Perdonate, la mia moralità viene prima. Voi state qui perché vi hanno votato gli italiani, ma non siete buoni e onesti come me. 

Il processo deve ancora cominciare, ma l’ex pm nelle vesti di presidente del Senato ha letto le carte dei suoi ex colleghi della procura partenopea e quelle accuse, seppure siano al momento soltanto delle ipotesi tutte da dimostrare, sono letteralmente ‘impressionanti’. Il presidente del Senato, in un accesso di nostalgia per i tempi andati, ha rimesso la toga per qualche ora e dallo scranno più alto di Palazzo Madama si è espresso nel merito (!) di una vicenda giudiziaria. Ha dato un parere, di quei pareri che si danno tra colleghi nei corridoi di una procura. La roba è grossa, ci sono persino le date in cui sarebbe avvenuta la presunta compravendita. Così ha detto Grasso in Senato. Avete capito bene, le ‘date’. Poi, per giustificare ancora il suo comportamento irrituale ma grondante di moralità, ha aggiunto che la costituzione come parte civile si può sempre revocare. E che, una volta aperto il dibattimento, non sarebbe stato più possibile costituirsi in giudizio.  Allora il Presidente/Senato ha colto l’ultima occasione disponibile, dopodiché, ha precisato l’ex pm, saranno i magistrati a valutare se sussistono o meno i criteri per configurare il Senato come parte lesa. Fantastico, l’organo espressione della sovranità popolare, che dovrebbe difendere innanzitutto le proprie prerogative e la propria indipendenza da ogni altro potere, si costituisce in un’aula di tribunale per fare un piacere ai giudici.

Ma in fondo c’è da stupirsi? Grasso è un ex pm, è nato e cresciuto tra fascicoli e aule giudiziarie, la toga gli avvolge l’anima. Con ciò non s’intende giustificarlo e in un Paese con un senso minimo delle istituzioni, dopo una simile performance, la risposta sarebbe soltanto una: dimissioni. Una volta di più dovremmo però chiederci come sia possibile che una classe politica degna di questo nome abbia identificato in lui la figura adatta a ricoprire la carica più alta di un’aula elettiva. In realtà l’autore della trovata fu lo stesso che voleva negoziare la costituzione di un governo in streaming con i grillini squadristi. Mi riferisco a Pierluigi Bersani. Le presidenze delle Camere, Grasso non meno di Boldrini, sono il ritratto perfetto della resa della classe politica. E’ tutta fuffa, tutta immagine e distintivo questa inoperosa simbologia di una società buona e giusta. Dimenticavo: ‘civile’.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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