Il Papa torna in Asia e pensa a Pechino
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Il Papa torna in Asia e pensa a Pechino

Sri Lanka e Filippine le nuove tappe in Estremo Oriente, dopo la visita in Corea ad agosto. Ma il grande obiettivo è la Cina

L’Asia è davvero nel cuore di Bergoglio, da quando, giovane gesuita, aveva chiesto di essere inviato missionario in Giappone e, per ragioni di salute, non aveva ottenuto il permesso. Dopo la visita in Corea del Sud, nell’agosto scorso, Francesco punta ancora all’Estremo Oriente con un viaggio abbastanza breve ma faticosissimo che lo porta prima in Sri Lanka e poi nelle Filippine: oltre 24 mila chilometri in appena otto giorni, dal 12 al 19 gennaio.

In Asia vivono appena il tre per cento dei cattolici del mondo, ma l’anno scorso sono stati celebrati più battesimi che in tutta l’Europa. In questi dati sono racchiuse due delle ragioni principali che spingono il pontefice a guardare con tanta insistenza verso quel continente. Inoltre, come spiega il Segretario di Stato, Pietro Parolin, che accompagna Francesco nel viaggio, «mi sembrano due i punti di forza di questa missione: da una parte l’aspetto delle attività caritative e umanitarie nel campo della salute e dell’educazione che già riscuotono grande apprezzamento presso l’intera popolazione e i Governi dei vari Paesi; e sull’altro versante l’aspetto del dialogo interreligioso: promuovere e consolidare sempre più l’incontro, il rispetto e l’accettazione reciproca, tenendo conto anche di quello che il Papa dice nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” che il dialogo interreligioso è fondamentale per la pace oggi nel mondo e che quindi diventa un dovere di tutte le religioni». Dunque missione, carità e dialogo interreligioso: questi i tre punti cardine su cui ruoterà l’intensa trasferta del Papa in Asia.

E il pensiero di Bergoglio è sempre rivolto alla Cina, dove nessun pontefice ha mai messo piede. Di ritorno dalle Filippine l’aereo papale ha ottenuto di sorvolare lo spazio aereo cinese, così come era accaduto in occasione del viaggio in Corea. Sarà l’occasione per inviare un nuovo telegramma di saluto alle autorità di Pechino: un altro significativo passo avanti verso il «disgelo».

In Sri Lanka dopo il «terremoto politico»

Papa Francesco atterra a Colombo, Sri Lanka, martedì 13 gennaio alle 9.00 (le 4.30 ora italiana) all’indomani di un terremoto politico che ha profondamente scosso l’isola nell’Oceano Indiano: l’8 gennaio è stato eletto il nuovo presidente, Maithripala Sirisena che ha battuto con il 51,3% delle preferenze, il presidente uscente, Mahinda Rajapaksa, fermo al 47,6% nonostante fosse praticamente certo di ricevere l’investitura per un terzo mandato alla guida del Paese. Si tratta di una svolta storica nel Paese che perde uno degli ultimi leader del sud dell’Asia che ha posto fine alla guerra civile durata trent’anni tra etnia singalese, buddista e le «tigri tamil», induiste. Il pontefice, per ragioni di protocollo, sarà accolto dal presidente uscente Rajapaksa ma il dialogo e la rappacificazione saranno al centro della visita che prevede anche un’importante tappa al nord, nella località di Madhu, a maggioranza tamil, dove si trova un importante santuario mariano che negli anni della guerra ha raccolto rifugiati e sfollati di entrambe le etnie. I cristiani (in maggioranza cattolici) in Sri Lanka rappresentano solo il 7 per cento della popolazione ma comprendono entrambe le etnie, perciò durante il conflitto la Chiesa ha svolto un ruolo chiave per le trattative di pace.

Cinque milioni di persone lo attendono a Manila

Dopo due giorni trascorsi in Sri Lanka, Papa Francesco farà rotta verso le Filippine, l’unico Paese dell’Asia a maggioranza cattolica insieme con Timor Est. Nel corso della visita il pontefice farà una puntata anche a Tacloban, nell’Isola di Leyte, colpita l’8 novembre del 2013 dal tifone Yolanda che ha causato oltre diecimila morti. A Rizal Park di Manila, per la Messa finale del viaggio, il 18 gennaio, sono attese cinque milioni di persone, più di quelle che nel 1995 si riunirono nello stesso luogo per l’oceanica celebrazione della Giornata mondiale della gioventù con Giovanni Paolo II.  

Il rischio di attentati

La sicurezza è uno dei punti cruciali di questo viaggio, dopo gli attentati islamici in Francia e le minacce dei fondamentalisti rivolte anche al Vaticano. Tuttavia il pontefice non sembra preoccuparsene: ha chiesto di avere il più possibile un contatto diretto con la folla, perciò percorrerà, nel corso di tutto il viaggio, oltre 70 chilometri in «papamobile» per raggiungere i luoghi delle cerimonie e nei trasferimenti da e per gli aeroporti. Incurante del fatto che proprio a Manila, nel 1970, Paolo VI fu oggetto di un tentativo di aggressione da parte di uno squilibrato che cercò di accoltellarlo, ma venne bloccato dal futuro presidente dello Ior, monsignor Paul Casimir Marcinkus, allora organizzatore dei viaggi papali.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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