Fra nebbie e bugie
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Fra nebbie e bugie

Un vuoto al Colle e un Paese stremato dalla crisi rischiano dunque di provocare una tempesta perfetta, con conseguenze terribili per ciascuno di noi

Non sta accadendo nulla di quanto non avessimo previsto su Panorama ancor prima delle vacanze d’agosto. I dati sull’andamento dell’economia di qualsiasi genere e natura certificano di mese in mese una situazione che non accenna a migliorare, anzi. Quelli sulla disoccupazione (nonostante i goffi tentativi interpretativi del governo) raccontano di un’Italia che peggiora la sua crisi. Evito di continuare a sgranare il rosario dei disastri e mi limito a ribadire la follia di aver concentrato il pagamento del salasso di Tasi, Tari e Imu a ridosso del Natale come se già non bastasse la batosta dell’acconto Irpef e le altre gabelle dovute da imprenditori, professionisti e artigiani che messe insieme – caro signor Cappelli – umiliano la nostra Costituzione.

L’Italia cambia verso, non c’è dubbio: al posto del calendario dell’avvento quest’anno celebriamo quotidianamente la via crucis dei balzelli, con buona pace dei consumi che dovrebbero impennarsi sotto le feste. Complimenti vivissimi al grande affabulatore di Palazzo Chigi e ai suoi corifei, anche se va dato atto all’onesto Pier Carlo Padoan di mostrare flebili segni di ravvedimento. Fin qui le bugie, poi ci sono le nebbie. E qui ci tocca salire sul Colle per antonomasia. Da settimane è iniziato il balletto sulla data delle dimissioni di Giorgio Napolitano. Per dirla tutta, il Presidente ci ha messo anche del suo attraverso il dire e non dire, con una mancanza di chiarezza che ha generato confusione. La situazione è al limite del paradosso: da un lato bisogna far finta, per galateo istituzionale, che Napolitano resterà in carica chissà ancora per quanto tempo, dall’altro anche le pietre sanno che a gennaio del 2015 arriverà l’addio.

Va così in onda la commedia dell’ipocrisia: tutti sono già all’opera per cercare il nuovo inquilino del Colle, guai però a scoprire le carte per non subire l’accusa di apostasia quirinalizia. Siamo già in una sorta d’improprio "semestre bianco", il periodo che precede la scadenza del mandato nel quale il Presidente è come ibernato, ma non si deve dire. Bisogna però essere coscienti che l’Italia in questo momento sta come nel bel mezzo di uno di quei ponti tibetani, sospesi nel vuoto, e perciò assai instabili. Alle due estremità i grandi speculatori sono già pronti a tagliare le funi che reggono il ponte: un attimo e caschiamo giù, appesantiti come siamo da una rabbia sociale a stento compressa ma sempre sul punto di esplodere. L’istituzione della presidenza della Repubblica ha assunto un ruolo anomalo negli ultimi anni, basta ricordare la nomina degli ultimi tre presidenti del Consiglio, estranei alla verifica elettorale. Un vuoto al Colle e un Paese stremato dalla crisi rischiano dunque di provocare una tempesta perfetta, con conseguenze terribili per ciascuno di noi. Riusciranno, maggioranza e opposizione, a risparmiarci un ritorno ai tempi bui, quando lo spread della più selvaggia speculazione ci trascinava tragicamente verso le sponde della Grecia?

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Giorgio Mulè