Maria Rita Lorenzetti, la zarina di D'Alema
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Maria Rita Lorenzetti, la zarina di D'Alema

Chi è l'ex presidente della regione Umbria arrestata questa mattina nell'ambito dell'inchiesta sul passante Tav di Firenze

È stata arrestata questa mattina Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione umbria e dal 2010  capo di Italferr , società del gruppo Ferrovie dello Stato che opera nel settore dell’ingegneria dei trasporti ferroviari e dell'Alta Velocità.  La Procura di Firenze ha fatto bloccare i lavori della Tav cittadina e ha indagato 31 persone per associazione a delinquere: una rete composta dai vertici della Italferr e della Rfi (che si definisce parte lesa), società del gruppo Ferrovie, delle coop rosse (Coopsette) e da funzionari dei ministeri delle Infrastrutture, dell’Ambiente e dell’Autorità di vigilanza per gli appalti pubblici, soggetti che avrebbero lucrato risparmiando sulle commesse per lo smaltimento dei residui di scavo. Non mancherebbero i legami con la camorra.  Per gli inquirenti Lorenzetti svolgeva «la propria attività nell’interesse e a vantaggio della controparte Novadia e Coopsette, da cui poi pretendeva favori per il marito», metteva a disposizione «le proprie conoscenze personali, i propri legami politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati» e conseguiva «incarichi professionali in favore del marito». La presidenta - molto vicino a Massimo D'Alema - è accusata di associazione per delinquere, abuso di ufficio, corruzione e traffico di rifiuti.  Nelle 400 pagine di ordinanza di custodia cautelare viene ipotizzato il rischio di inquinamento probatorio.   Ecco il ritratto della Lorenzetti uscito su Panorama il 30 gennaio 2013.

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Nel centro del «centru de lu munnu», ovvero piazza della Repubblica di Foligno, alcuni pensionati scuotono la testa di fronte ai giornali. La combriccola confabula sotto Palazzo Trinci, uno dei lavori di recupero affidati dalla pubblica amministrazione al principe consorte della «zarina», l’architetto calabrese Domenico Pasquale. Per i pm di Firenze la signora avrebbe agevolato affari illeciti, in cambio di favori per il marito. «È una “spadara” mica una ladruncola» replica sicuro il gruppetto di concittadini di Maria Rita Lorenzetti, classe 1953, nata sotto il segno dei Pesci, dipendente provinciale di settimo livello in attesa di pensione. La Spada è il suo rione nell’antica giostra cittadina della Quintana, di cui la signora, vaga somiglianza con Meryl Streep, è influente vicepresidente. Ai tempi del liceo classico era meno elegantemente soprannominata «Mozzarella», per il colore eburneo dell’incarnato. Da allora ne ha fatta di strada: prima giovane militante comunista, poi assessore e sindaco della sua città (a quei tempi il suo futuro marito diventava membro della commissione urbanistica del comune), quindi parlamentare, presidente
della commissione dei Lavori pubblici all’epoca del terremoto in Umbria, infine per due lustri presidente della regione, sino a quando una fronda interna al partito le impedì il «triplete».

Tanti anni di navigazione nei mari procellosi della politica non le hanno sgualcito la fedina penale: un’indagine per una storia di liquami, finita con un proscioglimento, una chiamata di correo di un imprenditore ritenuto dai magistrati inattendibile e, infine, solo nel 2012, la prima richiesta di rinvio a giudizio della sua vita, nella cosiddetta Sanitopoli umbra, per abuso d’ufficio e falso consumati, secondo l’accusa, per favorire la nomina a dirigente della propria segretaria particolare. Che per paura di tornare a fare l’impiegata pronunciò al telefono l’ormai celebre: «Con 1.500 euro (al mese, ndr) non so cosa mangiare». Nel frattempo, nel 2011, Lorenzetti è diventata presidente dell’Italferr, società di progettazione del gruppo Ferrovie. Una poltrona ottenuta dal governo Berlusconi, anche se i veri sponsor erano il presidente del Copasir Massimo D’Alema e l’amministratore delegato di Ferrovie Mauro Moretti, entrambi habitué dell’Umbria e di Foligno, il primo per villeggiatura e passione enologica (con il sostegno di Lorenzetti ha intrapreso a Terni l’attività di vignaiolo), il secondo per la sua antica attività sindacale. Ma il nuovo incarico ora rischia di trasformarsi in una punizione, viste le accuse che planano a Foligno da Firenze (vedere il riquadro a destra).

La trama è intricata, ma si può riassumere così: per i magistrati esisterebbe una banda (gli indagati sono 31), composta da dirigenti del gruppo
Ferrovie, delle coop e da funzionari ministeriali, impegnata a lucrare sulla costruzione del tratto fiorentino della Tav, così da incassare illeciti guadagni e realizzare fondi neri. Una delle figure centrali di questa associazione a delinquere, secondo gli inquirenti, sarebbe proprio Lorenzetti, indagata per abuso d’ufficio e corruzione. I lavori sarebbero stati eseguiti in barba alle più elementari norme di sicurezza e di rispetto ambientale. Rischiando, persino, di far crollare una scuola confinante con uno dei cantieri della Tav a causa di lavori realizzati «senza nesso logico». Per non parlare del pericolo incendi nelle gallerie, visto che le paratie ignifughe venivano costruite con materiali scadenti. «Chi vuoi che si accorga di questi magheggi» dice uno degli indagati al telefono.

Per l’accusa anche lo smaltimento dei residui di scavo veniva facilitato da giochi di prestigio. Carte truccate firmate da alcuni funzionari dei vari ministeri. Tra questi ci sarebbe l’ingegner Pietro Calandra, di area pd, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, addirittura «servizievole e devoto» verso Lorenzetti. Accuse gravissime che forse la zarina respingerebbe con il suo classico «a pischè», a metà tra il rimprovero e il buffetto. Eppure, per i magistrati la donna si sarebbe spesa in particolare per ottenere «incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto
in Emilia in favore del marito». Quali lavori? Nell’ordinanza del tribunale non sono specificati, ma sul sito della società di Domenico Pasquale, la Cooper studio, forse si può individuare il settore d’interesse. Fra le commesse più recenti è indicata la progettazione architettonica delle scuole primarie e secondarie temporanee di Novi (Modena), una delle 28 gare assegnate a tempo di record l’estate scorsa dalla Regione
Emilia-Romagna per gli edifici scolastici. La Cooper ha partecipato a tre, vincendone una.

Centinaia di altre aziende e studi sono rimasti all’asciutto, anche perché i progetti andavano preparati e presentati in pochi giorni. Quindi un successo insperato o un mezzo flop? I folignati potrebbero vedere il bicchiere mezzo vuoto, visto che a giugno i giornali locali avevano annunciato con orgoglio l’invio in Emilia (a spese dell’Umbria) dell’ex direttore generale del Comune di Foligno Alfiero Moretti con la motivazione che «la sua esperienza è stata ritenuta strategica per il recupero di edifici scolastici delle zone emiliane colpite». Di certo il gruppo della
zarina, secondo gli inquirenti, poteva contare su molti addentellati. Tra questi ci sarebbero pure Maurizio Brioni, dirigente della Coopsette, e il consulente Walter Bellomo, membro della commissione Valutazione impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, ex coordinatore provinciale del Pd palermitano. Per la procura, quest’ultimo era a «disposizione per stilare pareri compiacenti utilizzando documenti forniti dagli stessi interessati», in cambio di «plurime utilità», per esempio le «assunzioni di parenti presso la Coop centro Italia». Anche qui i folignati collegano i fili, fanno associazioni. Vere o erronee che siano. Presidente del consiglio di sorveglianza di Coop centro Italia è Giorgio Raggi (ex sindaco di
Foligno che passò il testimone a Lorenzetti), ex comunista di pia estrazione parrocchiale, storica conoscenza della zarina. Oggi è alla sbarra per una storia di presunta appropriazione indebita di circa 800 mila euro provento della compravendita gonfiata di un immobile da parte della Coop centro Italia. Fra gli altri imputati anche un imprenditore, ex socio dello studio di Pasquale in un appalto. Una quindicina di anni fa una voce isolata si alzò a stigmatizzare il presunto conflitto di interessi nel rapporto tra Lorenzetti e Pasquale. Era quella dell’ex parlamentare
Maurizio Ronconi, che in un’intervista disse: «Il terremoto (di Umbria e Marche del 1997, ndr) è stato gestito in modo mafioso, la sinistra con a capo Maria Rita Lorenzetti, allora presidente della commissione Lavori pubblici, marito architetto che si occupa, guarda caso, di opere pubbliche, venne agevolata in tutto perfino nella designazione dei capi campo, che nell’emergenza decidevano l’assegnazione di viveri e coperte, diventando veri e propri capò». Lorenzetti denunciò. Il giudice decise di non procedere per l’immunità parlamentare, sottolineando però che «la
difesa dell’imputato aveva documentato gli incarichi conferiti al coniuge della Lorenzetti» sino all’inizio del 2000. Nella lista 10 commesse pubbliche per un fatturato complessivo di circa 11 miliardi di lire. Gli amici della coppia ribattono che in città è un altro lo studio di architettura che lavora a pieno regime con le coop e che la parentela con Lorenzetti in realtà ha danneggiato Pasquale. Chi non ama i coniugi invece consiglia di visitare il sito della Cooper studio e di esaminare le centinaia di lavori in portfolio: la maggior parte hanno un committente pubblico.

Tra i lavori più importanti la biblioteca di Foligno, il restauro della Chiesa del Suffragio, infrastrutture e pavimentazione del polo didattico cittadino (un appalto da 3,2 milioni). Erano tempi migliori, la Cooper dal 2009 al 2011 ha perso più del 30 per cento dei ricavi, passando da 550 mila euro a 345 mila. Pasquale in tutto questo tiene un profilo bassissimo. Per anni è stato più facile incrociarlo ai giardinetti
con il figlio, che con la consorte sul corso. Snello, testa lucida, giacche ben tagliate e occhiali da vista, l’architetto ha recentemente sostituito la troppo vistosa berlina della moglie con una utilitaria. Come casa di famiglia 12 vani (cinque ereditati dal suocero Damiano, ex poliziotto e ferroviere) in un anonimo condominio, a cui vanno aggiunte una casetta alla periferia di Firenze e diverse proprietà in Calabria. Nel suo patrimonio personale anche investimenti in titoli per centinaia di migliaia di euro. Un tenore di vita da medio professionista, quale
risulta essere. Passioni, quelle per la finanza e l’architettura, trasmesse al figlio Carlo, 24enne allevato in Bocconi, stage tra New York (Cucinelli) e il Brasile, per 6 mesi membro dello staff del direttore generale dell’Unicredit Roberto Nicastro. Sul
suo profilo Twitter il ragazzo tifa Pd, boccia Michele Santoro per l’ospitata di Silvio Berlusconi e si complimenta con la senatrice Anna Finocchiaro (ex compagna di stanza della madre a Roma) «per il bel risultato alle primarie». Consultazioni in cui Lorenzetti ha corso per interposto candidato sponsorizzando in provincia di Perugia un giovane assessore di Foligno, Joseph Flagiello. Ma il giovanotto, non
certo sorretto dal nome, è scivolato malinconicamente in fondo alla classifica, settimo su sette. Per qualcuno la rappresentazione plastica del declino dell’ultima zarina di Foligno

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Giacomo Amadori

(Genova, 1970). Ex inviato di Panorama e di Libero. Cerca di studiare i potenti da vicino, senza essere riconosciuto, perciò non ama apparire, neppure in questa foto. Coordina la sezione investigativa dellaVerità. Nel team, i cronisti Fabio Amendolara, Antonio Amorosi e Alessia Pedrielli, l'esperto informaticoGianluca Preite, il fotoreporter Niccolò Celesti. Ha vinto i premi giornalistici Città di Milano, Saint Vincent,Guido Vergani cronista dell'anno e Livatino-Saetta.

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