Renzi e la lettera del nulla
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Renzi e la lettera del nulla

Nella mail scritta ai parlamentari Pd solo promesse e slogan; niente di concreto, come il suo governo - La lettera di Renzi - L'opinione di G. Mulè  - Tutte le scadenze di Renzi

I filosofi possono insegnare qualcosa, per esempio a non farsi prendere in giro dai venditori di fumo. Kierkegaard faceva questo esempio contro la propria categoria: “Quando si sentono i filosofi parlare di realtà, si è tratti in inganno come dal leggere nella vetrina di un rigattiere la scritta ‘si stira la biancheria’. Ma invano porterete lì i vostri panni. Infatti si vende solo il cartello”. Ecco, Renzi fa la stessa cosa: vende cartelli con scritto “si fanno le riforme”, “si cambia l’Italia”, “si ribalta l’Europa”, “cresceremo”, “si riparte”. Vende newsletter, perché i tempi sono cambiati e i cartelli sono per i rigattieri. Oggi ci sono le “e-news”, che Renzi riprende a digitare per chi lo segue su Internet. Leggo la lunga missiva elettronica (clicca qui ) che si conclude con “un sorriso, Matteo”. E la cosa mi turba. 

Mi spiego.

Mi sarei aspettato, da uomo concreto quale Renzi vuol essere (o apparire), un elenco di cose fatte. Cifre, dati. Leggi, decreti. Decisioni. Risultati. E obiettivi. Invece, mi sembra di leggere un’insegna. Un cartello in vendita nella vetrina di un rigattiere. Pubblicità.

Matteo esordisce avvertendo che “da centocinquanta giorni ho cambiato ruolo, vita e domicilio”. Per questo è scomparso dalle e-news, “assente giustificato”. Adesso torna a scrivere, “una volta al mese”. Chi vuol cancellarsi “può farlo come di consueto, se mi scrivete vi sono grato, se non vi arrabbiate perché fatico e rispondere lo sono ancora di più”. Show. Battute. Subito il boom: “Noi pensiamo che l’Italia sia nelle condizioni di guidare l’Europa” (peccato che tutto il nostro impegno sia concentrato sullo sforzo immane di far accettare Federica Mogherini come Madame Pesc). Segnali di ottimismo. “Non ci troverete mai nell’elenco dei rassegnati per professione, dei disprezzatori di noi stessi, dei pessimisti per vocazione”. Slogan numero 1: “I politici devono cambiare l’Italia, iniziando dal cambiare la politica”. Seguono promesse: legge elettorale (che ristagna al Senato), Costituzione (che fa feriti, sempre al Senato), i capitoli pubblica amministrazione, fisco e giustizia (nessuno realizzato). Matteo si rilegge e percepisce che il tallone d’Achille è proprio questo: nulla è stato “fatto”. Allora scrive: “Quelli che ti guardano, quasi con solidale comprensione, e ti dicono: Matteo, non ce l’abbiamo fatta fino ad oggi. Non ce la faremo nemmeno stavolta. Eh, no. Io non lo lascio il futuro ai rassegnati. Questa è la volta buona, costi quel che costi”. Pensa di salvarsi con lo slogan numero 2: “Le riforme sono il PIN per accendere l’Italia del futuro”. Qui, lo confesso, ho uno spasmo allo stomaco. “C’è un paese che può correre, non lo lasceremo ancora nelle sabbie mobili”

Ma i fatti? Eccoli: lavoro, infrastrutture, Europa. Solo che scavi e non c’è niente, soltanto parole nelle quali senti lo sdrucciolio delle unghie sul vetro. I fatti, dice Matteo, seguiranno la consultazione, per esempio sulle infrastrutture. “Consulteremo i cittadini per il solo mese di agosto: ma le buone idee non vanno in ferie. Fine di agosto dobbiamo essere operativi con i provvedimenti!”. Ho capito? In spiaggia (chi ci andrà) riceveremo un questionario? Siamo alla terza fitta cartella e finalmente compaiono i fatti. Anzi, uno. Un fatto. “Abbassato le tasse per il ceto medio”. Ve ne siete accorti? Se sì, alzate la mano. “L’operazione 80 euro è una piccola goccia nel mare, ma segna una inversione di rotta”. I cartelli si sprecano. Diventa un fatto che stia lavorando ai fatti: il “libro bianco della difesa” (che non c’è), il decreto stadi (che non c’è) e “la declassificazione del segreto di Stato su alcune vicende”. Che c’è (vi basta? vi cambia qualcosa?).

I cento giorni sono diventati mille. È solo uno zero in più, chi ci fa caso. Università: “Possiamo valorizzare le vere eccellenze che abbiamo”. Sì, certo. Come? Quando? E la Scuola con la “S” maiuscola. Matteo ammette: “Sono fissato, tra dieci anni saremo giudicati non per lo ‘zerovirgoladipil’ ma sul se saremo stati capaci di ridare dignità alla scuola e all’educazione italiana”. A me, lo “zerovirgoladipil” sembra importante. Forse sbaglio. Quanto alla scuola, non vedo differenze rispetto all’anno scorso. E voi?

Però Matteo è un grande. “Ci vorranno nottate in Senato, pomeriggi alla Camera, weekend a Palazzo Chigi non importa. Noi con calma riporteremo questo Paese là dove deve stare”. Da camerieri dell’Europa (questo lo dico io), toglieremo “polvere da un’Europa che non può andare avanti nella noia e nella burocrazia”. Bello, bravo, buono. Infatti, ha vinto le elezioni (europee). “Erano quasi sessant’anni che nessuno arrivava al quaranta per cento. Per questo, passo dopo passo, faremo ciò che abbiamo promesso. Un sorriso, Matteo”. Un uomo, un emoticon.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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