La repubblica dei magistrati
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La repubblica dei magistrati

Quello dei giudici è un ordine che occupa tutti i gangli cruciali del potere pubblico. E che sancisce nascita e morte di politici e partiti, ma che ha correnti come un partito. Un ordine che fa politica e che fa paura

 

C’è un governo invisibile, diffuso, potentissimo, che fa le leggi, stabilisce che cosa è giusto e sbagliato, fa la fortuna o la sfortuna di aziende, città e categorie sociali, che disegna l’architettura dello Stato e riforma la legge elettorale (o si oppone alla sua riforma). Un governo che non è eletto, anzi non ha alcuna base rappresentativa, che risponde solo a se stesso e concede ai propri membri gli stipendi che desiderano. Un governo, un ordine, che occupa tutti i gangli cruciali del potere pubblico. Un governo che è anche un autogoverno. Che sancisce nascita e morte di politici e partiti, che ha correnti come un partito. Che fa politica, nelle grandi come nelle piccole cose. Che interviene nei casi di coscienza, sui temi etici, sociali, e siede su un gradino più alto rispetto ai rappresentanti del popolo e agli scienziati. Un governo che può proclamare la prevedibilità dei terremoti. Che vive crisi temporanee di potere solo per lo scontro fratricida dei suo esponenti più in vista. È il governo dei magistrati. Un governo i cui risultati, stando alla sua “ragione sociale” di garantire la giustizia, è fallimentare secondo gli standard europei (l’Italia è all’ultimo posto nella UE per numero di arretrati nella giustizia civile e al penultimo per durata media dei processi).  

L’Europa è scandalizzata dalla “irresponsabilità” per legge dei magistrati italiani che non pagano di persona per i propri errori, a differenza dei loro colleghi. La magistratura governa l’Italia, fa le veci di Palazzo Chigi ma anche del Parlamento. Costringe quasi l’Ilva a chiudere e il governo a fare decreti per evitare il tracollo dell’industria siderurgica italiana e di tutta una regione (la Puglia). Impone la costruzione delle moschee nelle città. Oggi ha smantellato con una sentenza della Cassazione la legge 40 che vieta la fecondazione eterologa. L’altro ieri ha sancito che è illegittimo licenziare un dipendente che usi i computer aziendali per navigazioni private. Il suo potere discrezionale è così ampio da poter decidere quasi a piacere sui licenziamenti in base al famoso articolo 18.

È una magistratura che a distanza di anni può bocciare una legge elettorale e consacrare la non rappresentatività di governi e parlamenti, in più le sue sentenze si trasformano di fatto in nuove leggi elettorali (pur folli e lontane dalla volontà del Parlamento). Una magistratura che può bocciare il blocco gli aumenti automatici ai magistrati, cioè a se stessa, a dispetto della crisi epocale che l’Italia sta attraversando e della difficoltà di fare la spending review. Alla faccia, soprattutto, di chi non arriva alla fine del mese. Infine, una magistratura che dopo vent’anni di braccio di ferro con Berlusconi, oggi leader dell’opposizione, è riuscita a condannarlo e a fargli scontare una pena che in una misura o nell’altra lo costringerà a limitare la propria campagna elettorale (e a non candidarsi).

Non so perché ma mi tornano alla mente due brani del grande scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt . Nel primo (“La panne”) un ex magistrato si rivolge a un malcapitato rocambolescamente trasformato in imputato di un processo-gioco: “Carissimo signor Traps… noi quattro, seduti attorno a questo tavolo, siamo in pensione e ci siamo liberati dalla inutile farragine delle formule, dei protocolli, delle scribacchiature, delle leggi e di tutta quella robaccia che opprime le nostre aule di tribunale. Noi giudichiamo senza alcun riguardo alla meschinità dei codici e dei paragrafi”. L’altro da “Il sospetto”: “La legge è la legge. X = X. La frase più spaventosa che sia mai salita verso quel cielo eternamente sanguinante, eternamente notturno che sta appeso sopra di noi. Come se esistesse una determinazione indipendente dalla forza e dal potere che ciascuno detiene! La legge non è la legge, la legge è il potere”.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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