La guerra contro Boko Haram e le promesse di Buhari
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La guerra contro Boko Haram e le promesse di Buhari

Dal Benin il presidente promette di sconfiggere gli islamisti entro la fine del 2015. Tradirà il popolo nigeriano come ha fatto il predecessore Jonhatan?

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Sembrano passati secoli dal lancio della campagna di sensibilizzazione #BringBackOurGirls per la liberazione delle oltre duecento studentesse nigeriane rapite nel villaggio di Chibok il 14 aprile del 2014. Domenica 2 agosto, alla notizia della liberazione di 178 ostaggi nell’area di Aulari, situata lungo la strada che collega Bama a Maiduguri, nello stato nord-orientale di Borno, qualcuno ha sperato che tra i superstiti della furia di Boko Haram potesse esserci anche qualcuna di loro.

La speranza è stata però ancora una volta vana. L’esercito nigeriano ha affermato che dei 178 ostaggi liberati 101 sono bambini, 67 donne e 10 uomini, non facendo però alcun riferimento alle ragazze di Chibok. Nel blitz è stato catturato anche un comandante del gruppo islamista. Altri 90 prigionieri, in maggioranza donne e bambini, erano stati portati in salvo durante la scorsa settimana a Dikwa, 90 chilometri a est di Maiduguri, e a Konduga, tra Bama e Maiduguri. Mentre il 31 luglio il governo del Ciad ha annunciato di aver ucciso 117 miliziani in una vasta operazione anti-terrorismo lanciata nelle isole Koungya, Merikouta e Shua Blarigui nel lago Ciad. In quest’area le forze armate di N’Djamena hanno dispiegato 1.000 soldati con l’obiettivo di neutralizzare le sacche di resistenza di jihadisti fuggiti dalla Nigeria.

Nello Stato di Borno, dove la presenza di Boko Haram è più capillare così come nei vicini stati di Yobe e Adamawa nella parte nord-orientale del Paese, nonostante le ritirate e le ingenti perdite subite gli islamisti continuano a rispondere colpo su colpo con razzie nei villaggi e attacchi improvvisi. Negli ultimi giorni a Malari, villaggio situato nei pressi di Konduga nello stato di Borno, un gruppo di guerriglieri sbucato dalle foreste di Sambisa ha ucciso almeno 13 persone. Alcuni testimoni intervistati da Jeune Afrique hanno parlato di un’azione dimostrativa compiuta per terrorizzare gli abitanti del villaggio, “colpevoli” di aver denunciato alle autorità la presenza di Boko Haram in quest’area. Più a nord, l’1 agosto nella città di Gamboru, al confine con il Camerun, sono state date alle fiamme diverse abitazioni. Con queste offensive dall’inizio del 2014 Boko Haram è riuscito a rapire più di 2.000 tra donne e ragazze e a uccidere 5.500 civili.

Le responsabilità del presidente Buhari
Un bilancio pesante che il nuovo presidente nigeriano Muhammadu Buhari, in carica da fine marzo, in questi primi mesi di mandato non ha saputo invertire per come aveva promesso. Eppure Buhari continua a dirsi convinto che la minaccia jihadista verrà estirpata nell’arco di pochi mesi. A Cotonou, dove il primo agosto si è recato in visita per il 55° anniversario dell’indipendenza della Repubblica del Benin, ha promesso che entro la fine del 2015 Boko Haram sarà sconfitto.

Se Buhari si mostra così fiducioso è perché può contare su alleati più solidi rispetto al passato. Con il presidente del Camerun Paul Biya, in un vertice del 30 luglio, ha raggiunto un accordo per rafforzare i controlli lungo le frontiere che separano i due Paesi. Mentre dal Benin ha ottenuto un supporto maggiore (800 soldati) per la task force MNJTF (in totale 8.700 militari inviati anche da Ciad, Camerun e Niger), con base a N’Djamena e guidata dal generale nigeriano Iliyasu Abbah.

Con più aiuti economici da parte dell’Unione Africana e dei Paesi del G7, Buhari è convinto di riuscire a mantenere la propria promessa e di non tradire con i suoi slogan il popolo nigeriano come invece ha fatto il suo predecessore Goodluck Jonhatan.

Un Paese spaccato a metà
Al momento l’immagine che continua a emergere della Nigeria è quella di un Paese spaccato a metà. Se a nord infuria la minaccia islamista, a sud, seppur a ritmi meno elevati del previsto, l’economia ricomincia a girare. Tre delle quattro raffinerie del Paese, ferme da diversi anni, hanno infatti riavviato la produzione. Si tratta di due raffinerie a Port Hartcourt e di una a Warri. La compagnia petrolifera di Stato NNPC (Nigerian National Petroleum Corporation) ha comunicato che in breve tempo raggiungeranno il 60-80% della loro capacità, producendo rispettivamente 210.000 e 125.000 barili di greggio al giorno. Si lavora anche per la riapertura della quarta raffineria di Kaduna, a nord, in grado di produrre 110.000 barili al giorno.

Finora però tutto questo petrolio non ha fatto della Nigeria un Paese all’avanguardia nel Continente africano. Il popolo nigeriano ha scelto Buhari non solo per sconfiggere Boko Haram ma per anche per ottenere una più equa distribuzione dei proventi derivati dalle vendite del greggio e assottigliare le distanze economiche e sociali tra il sud ricco e cristiano e il nord povero e musulmano. Il presidente ostenta ottimismo. Ma il tempo delle promesse ha i mesi contati anche per lui.

 

 

La campagna #BringBackOurGirls

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Manifestazioni in Nigeria per la liberazione delle ragazze rapite da Boko Haram

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Rocco Bellantone