La fucilazione di Berlusconi
Silvio Berlusconi, maggio 1998 (Ansa)
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La fucilazione di Berlusconi

Come Eravamo

Da Panorama del 25 giugno 1998


Separazione delle carriere dei magistrati? Diritti della difesa sullo stesso piano di quelli dell'accusa? Neutralità politica della giustizia? Parole gonfie ma un po' vuote, ridicolaggini, bandiere garantiste che garriscono inutilmente al vento mentre la solita combriccola, questa volta capitanata da un giudice che aspira a fare l'accusatore, prepara la fucilazione nella schiena dell'imputato Silvio Berlusconi.

Ecco a voi lo straordinario e fantastico caso del processone All Iberian, la grande rappresentazione della giustizia come piace ai Francesco Saverio Borrelli, ai Gerardo D'Ambrosio e ai Francesco Greco: colpiscine uno per educarne cento. La storia è nota, ma quel che conta sono le sfumature.

A un certo punto della vicenda infinita di Mani pulite, e precisamente dopo che Berlusconi è entrato in politica (prima sfumatura), il pool accerta una doppia erogazione per 20 miliardi, estero su estero, di una società overseas chiamata All Iberian. I due conti destinatari sono nella disponibilità di un avvocato d'affari egiziano e di Bettino Craxi, segretario del Psi, inviato dell'Onu e Dio solo sa che cos'altro nel firmamento allora terso della classe dirigente italiana. Le società overseas sono molte, perfettamente legali, diffuse e assai operative in tutti gli scambi finanziari del sistema economico italiano, europeo e mondiale; questo lo sanno tutti, ma l' accusa gestisce il fatto come se ci si trovasse di fronte a chissà quali tesori nascosti, chissà quali segreti inconfessabili (seconda sfumatura).

L'abbinata Berlusconi-Craxi è un boccone ghiotto per quei golosoni di Palazzo di giustizia. Su altre abbinate si può sorvolare, ma su quella no. La data dell' erogazione è il '91. Una data perfetta (terza sfumatura) per incastrare il Nemico pubblico numero uno del pool addebitandogli la violazione della legge del '75 sul finanziamento pubblico dei partiti e magari, connesso, un bel falso in bilancio su cui pestare con durezza. Infatti quell' erogazione, se fosse stata confermata come finanziamento a un partito, non sarebbe stata più reato per una data precedente l'89 (amnistia voluta e votata da tutti i partiti, compresi quelli che strillano). La legge che si presumeva violata, d' altra parte, era stata abrogata e sostituita con un'altra nel '92.

Insomma, per il pool si è Al Capone a intermittenza, e l'etichetta di gangster vale per una piccola finestrella di anni lasciati lì a consumarsi nel freddo del diritto politico.

La difesa ha sempre sostenuto che si trattava di una transazione commerciale e della transazione ha indicato i beneficiari, che però (quarta sfumatura) sono stati raggiunti dalle telecamere del Tg5, per appropriata conferma, ma non dal presidente della II sezione del tribunale di Milano, il giudice Marco Ghezzi. Gli inviti a comparire furono da lui emessi, questo è vero, ma una disponibilità alla rogatoria parigina (nessuno che abbia la testa sulle spalle ama comparire davanti a un tribunale italiano impegnato in un processo contro il capo dell' opposizione, di questi tempi) fu allegramente trascurata. Enrico Mentana con le rogatorie via etere sa essere più svelto e incisivo di quanto non riesca a un circuito di giustizia, a quanto pare. Eppure, è importante in un processo accertare se un versamento, che per l'accusa è un capo di reato, non sia in realtà una normale attività economica da parte di chi versa. O no?

La quinta sfumatura riguarda la parte in commedia del giudice stesso. Il Ghezzi dovrebbe essere, e fino a prova contraria è, al di sopra delle parti. Ma si viene a sapere che il suo massimo desiderio professionale è di entrare nel pool milanese, diventare un buon accusatore e collaborare con Borrelli e Greco, cioè con l' accusa che sostiene il processo del cui destino egli è oggi il padrone. La cosa riesce a fare un po' di scandalo perfino in un Paese vaccinato al peggio come il nostro, e Ghezzi rinuncia. Ma la circostanza induce la difesa, comprensibilmente, a chiedergli di astenersi, cosa che lui sdegnosamente rifiuta. Come si può pensare che sulle sue decisioni influiscano gli orientamenti del pool, al punto da mettere in brache di tela qualunque argomento della difesa? Infatti, all' ultimo atto, quando Greco (sesta sfumatura) chiede per Berlusconi la pena che in genere si ottiene solo per rapine a mano armata con conflitto a fuoco (cinque anni e mezzo), la difesa fa uno scherzo tattico. La Fininvest, e si potrebbe sospettare che si tratti di Berlusconi con un altro cappello, dice: se c'è il falso in bilancio, io sono danneggiata, ma se sono danneggiata dovevate citarmi in giudizio e permettermi di costituirmi come parte civile, e visto che non mi avete citata... il processo è nullo. Sorpresa e scandalo: il processone boccheggia. Non c' è solo un errore di forma, che pure nel diritto è sostanza. Vengono fuori la pretestuosità e la goffaggine dell' imputazione di falso in bilancio, e l' accanimento della grave pena richiesta, anche perché il danneggiato sempre Berlusconi è, e l'essenza del reato di falso in bilancio riguarda la tutela dei soci o azionisti di minoranza (che in Fininvest non c'erano). Ma D'Ambrosio e Borrelli una soluzione ce l'avrebbero: processiamo Berlusconi due volte per lo stesso fatto. Una volta lo condanniamo per finanziamento illecito dei partiti e poi, dopo la prima condanna, lo processiamo e condanniamo per falso in bilancio. La cosa viene affidata ai giornali e (settima sfumatura) arriva alle orecchie di Ghezzi, che decreta lo stralcio secondo i desiderata della procura. Che il giudice sia indipendente è fuori discussione, perché il dottor Ghezzi è un uomo d' onore, ma che il pool festeggi le sette sfumature del diritto ambrosiano non lo può negare nessuno.

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Giuliano Ferrara