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AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images
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Isis: 132 azioni suicide a novembre in Siria e Iraq

I numeri sono stati forniti dall'agenzia stampa dello stesso Stato Islamico. Ma ce ne sono anche altri dal fronte in Libia ed Egitto...

Ben 132 sono le azioni suicide eseguite dai combattenti dello Stato Islamico nei campi di battaglia tra l’Iraq e la Siria solo nel mese di novembre. Di queste azioni, definite "operazioni di martirio" dagli uomini del Califfato, 20 sono state condotte in Siria: 4 nel settore di Raqqa, 14 in quello di Aleppo e 2 ad Hasaka. Gli obiettivi: 13 di queste operazioni sono state condotte contro l’opposizione siriana e l’esercito turco, 7 contro il Pkk (le milizie curde).

Le rimanenti 112 sono invece state condotte in Iraq, così suddivise: 2 nella provincia di Falluja, 1 a Baghdad, 3 in quella di Anbar, 6 a Salahuddin, 6 a Kerbala, ma soprattutto 94 nella provincia di Ninive, ovvero nelle operazioni per la difesa di Mosul. Tutte queste operazioni sono state condotte contro le forze irachene, le milizie sciite e i Peshmerga curdi.

La lista resa nota dall'Isis
La tecnica delle azioni suicide da parte dello Stato Islamico è nota, ma i numeri (comunicati dallo stesso Stato Islamico attraverso la sua agenzia di stampa Amaq) forniscono un cinico quanto agghiacciante conteggio: per le 132 "operazioni di martirio" sono state usate 118 autobombe, 3 mezzi corazzati, 9 cinture e 5 giubbotti esplosivi. Ma sarebbe più corretto affermare piuttosto che sono state usate 132 persone, a quanto pare e contro ogni logica (ammesso che in guerra ci sia una logica) disposte a morire per la causa del Califfato.

Prima di continuare con il computo delle imprese jihadiste, vale la pena sottolineare che ciò che sfugge alle analisi delle forze che combattono il Califfato, è proprio l’incredibile disponibilità di uomini pronti a morire per Abu Bakr Al Baghdadi, come se la loro vita terrena fosse solo una parentesi. Non è una banalità: tale prospettiva dovrebbe atterrire e far riflettere sul fatto che questa "stramba" guerra non si fermerà con la presa di Mosul ed eventualmente di Raqqa.

I numeri della battaglia di Mosul
Per ciò che riguarda la battaglia per la capitolazione di Mosul, la capitale del Califfato situata nel nord dell'Iraq, passaggio cruciale per ridimensionare la minaccia dell'Isis, le ultime notizie dicono che la nona divisione irachena avanza da sud-ovest ed è ormai vicina all’unico ponte sul Tigri rimasto in piedi (gli altri quattro sono stati bombardati per isolare i miliziani e impedire loro le vie di rifornimento). Gli sciiti sarebbero ora a meno di due chilometri dal centro di Mosul. Gli scontri si stanno svolgendo più precisamente intorno all’ospedale di Salam, dove infuria un violentissimo combattimento, tra i peggiori dall’inizio dell’accerchiamento della città.
 
Nella settima settimana di battaglia, secondo stime e dati sul campo, sono 580 i militari uccisi tra le forze irachene e i Peshmerga curdi, 41 dei quali freddati dai cecchini. Lo Stato Islamico, sempre secondo i dati da esso stesso forniti, avrebbe poi sequestrato 6 automezzi militari, 2 Hummer, numerose armi e munizioni, oltre a 9 Jeep, mentre ha distrutto 2 carri armati, 3 blindati, 73 Hummer, 2 cingolati, 6 bulldozer, 7 tank (T-72 sovietici) , 15 Jeep e persino 2 aerei da ricognizione.
 
La situazione in Libia ed Egitto
Le forze residuali dello Stato Islamico a Sirte sarebbero state definitivamente sconfitte, anche se si segnalano rastrellamenti vicino alla zona costiera, dove si anniderebbero ancora piccoli nuclei di militanti dell'Isis sfuggiti all’accerchiamento. Mentre le operazioni di bonifica non sono ancora concluse, arrivano i primi dati ufficiali: da maggio a novembre, nella battaglia di Sirte sono stati uccisi 713 miliziani e 3.210 sono rimasti feriti. Mentre i dati sulle vittime delle milizie di Misurata e le altre non sono ancora state diffuse, anche se le stime ufficiose parlano di numeri molto alti.
 
Per quanto riguarda l’Egitto, invece, va segnalato che al momento il fronte più caldo è quello della penisola del Sinai, dove opera il Wilayat Sinai, la provincia del Sinai del Califfato in cui è confluita la gran parte dei jihadisti già operanti nell’area sotto il nome Ansar Beit Al Maqdis. Durante i mesi di ottobre e novembre qui sono state 60 le vittime, tra soldati e poliziotti egiziani, colpite da attacchi improvvisi, assassinii e autobombe. Inoltre, sono stati distrutti 2 Humvee, 3 veicoli corazzati, 1 dragamine e 3 veicoli per il trasporto delle truppe (M113). La maggior parte di queste azioni è stata condotta nelle località di: Bir Abd, Arish, Sheik Zuweid e Nakhl.
 
Non tutte le "operazioni di martirio" sono state progettate e coordinate dalla penisola del Sinai. Molte di queste - e non è un dettaglio insignificante - provengono dalla Striscia di Gaza, dove lo Stato Islamico da mesi sta crescendo di popolarità e continua ad attirare a sé una parte dei jihadisti un tempo fedeli alla rete terroristica di Hamas, accusata di essere troppo debole e inattiva negli ultimi tempi.

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Luciano Tirinnanzi