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Influenza: il "supervaccino" per sempre

Tra tre anni entrerà in commercio un sistema che ci renderà immuni per sempre. Con uno spray

La ricerca di un vaccino universale e di lunga durata contro l’influenza è a una svolta. Uno spray capace di proteggere l’organismo da tutti i principali tipi di virus, anche quelli che potrebbero evolversi nel futuro, ha superato i test sui topi e verrà presto sperimentato sugli esseri umani. 

Fabrizio Pregliasco, virologo presso il Dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Milano, stima che occorreranno dai tre ai cinque anni per effettuare i trial clinici su volontari sani e i test sulla sicurezza e il dosaggio. Superata questa fase, la vaccinazione stagionale diverrebbe superflua: il nuovo spray proteggerebbe da tutti i principali ceppi (ovvero quelli di tipo A e B) indipendentemente dalle mutazioni stagionali che questi ultimi potranno subire nel futuro.

«Il vaccino universale verrebbe immagazzinato e tenuto pronto all’uso per l’anno successivo o in caso di pandemie, senza la necessità di nuovi test» dice Pregliasco a Panorama. «Al contrario, i vaccini stagionali devono essere sempre rinnovati perché sono efficaci soltanto su un particolare gruppo di virus. In più, non sono subito disponibili ma richiedono il tempo necessario per effettuare nuovi trial clinici di sicurezza». 

Lo sviluppo del supervaccino non sarebbe stato possibile senza le potenzialità delle nanotecnologie e senza attingere alla ricchezza di sostanze presenti nel regno animale, pronte a essere sfruttate per sintetizzare nuovi farmaci. Tutto è cominciato quando il bio-ingegnere Joost Kolkman, del Janssen infectious diseases di Beerse, in Belgio, notò che i lama e altri «cugini» dei camelidi possiedono un tipo di anticorpi dalla struttura più semplice di quella contenuta del resto delle altre specie. Kolkman e i suoi colleghi pensarono che questi anticorpi potessero servire, se opportunamente ingegnerizzati, come arma da utilizzare proprio contro i principali ceppi di virus influenzali. 

L’idea di Kolkman era quella di colpire i virus dritto al cuore, cioè penetrando il loro involucro proteico. Per dare seguito a questa intuizione, il gruppo guidato da Kolkman ha iniettato in alcuni esemplari di lama differenti virus dell’influenza e poi prelevato gli anticorpi che si erano formati. Dalla loro combinazione e dal rimodellamento con tecniche di ingegneria genetica  è  nato il nano-anticorpo desiderato. La sua efficacia strabiliante è diventata manifesta quando è stato somministrato a topi che erano stati infettatii con un’enorme varietà di virus influenzali umani. 

«Il lavoro che ora resta da fare» spiega Pregliasco «consiste soprattutto nel valutare quali effetti possa avere la presenza di questi anticorpi derivati dai lama nel nostro organismo. Tuttavia non c’è dubbio che questa ricerca sia molto promettente». Tanto che i ricercatori del Janssen infectious diseases concludono un loro articolo pubblicato su Science ipotizzando che, una volta che il farmaco sarà in commercio, basterà una sola somministrazione via intranasale per avere una protezione valida per almeno un intero anno. E la sua rapidità di azione, suggeriscono i ricercatori, ne consentirà l’uso anche nel caso di una pandemia.

È difficile sottovalutare l’importanza di queste ricerche. L’influenza e la polmonite, per esempio, sono fra le dieci principali cause di morte in Italia. Durante la scorsa stagione, giudicata dagli esperti di intensità forte, sono stati registrati 8 milioni e 677mila casi di contagio e 160 decessi. Nella prossima, anche se viene preannunciata come «meno severa», si prevedono circa 5 milioni di casi di contagio. In tutta Europa, secondo il Centro europeo per il controllo delle malattie, ogni anno si ammalano d’influenza fino a 50 milioni di individui e i decessi variano tra i 15 mila e i 70 mila, il 90 per cento in soggetti a 65 anni di età. 

Per ridurre i rischi di malattia, la trasmissione a soggetti a rischio di complicanze e i costi sociali ed economici, l’Organizzazione mondiale della sanità suggerisce di raggiungere una copertura con il vaccino stagionale influenzale del 75 per cento dell’intera popolazione e del 95 per cento tra gli ultra-sessantacinquenni. Il massimo della copertura vaccinale raggiunta in Italia in questa ultima fascia di popolazione è stata del 68,3 per cento nella stagione 2005-2006, mentre nel 2016-17 è stata solo del 52,6 per cento. 

La durata e la relativa facilità di somministrazione del nuovo vaccino universale ideato da Kolkman e dai suoi colleghi potrebbe favorire l’incremento della copertura vaccinale nei gruppi più a rischio e avere ricadute sociali ed economiche rilevanti. Gli ultimi dati relativi all’Italia dicono che nella scorsa settimana l’incidenza totale era di 1,11 casi su mille persone osservate, quindi ancora a un livello di normalità, molto lontana dal picco che avverrà nei mesi più freddi, tra dicembre, gennaio e febbraio. Due sono i tipi di virus stagionali che sono stati isolati (l’H3N2 di tipo A e il sottotipo H1N1pdm09 anch’esso di tipo A), entrambi potenzialmente alla portata del nuovo spray universale.   

Il vaccino stagionale attualmente disponibile, come sottolinea in una sua circolare l’Agenzia italiana del farmaco, non contiene lattice ed è indicato per tutti i soggetti sopra i sei mesi di età, soprattutto per le donne nel secondo e terzo mese di gravidanza, come per i pazienti a rischio di complicanze da patologie pregresse, e per le persone di età superiore ai 65 anni. Siccome la sua protezione comincia ad agire due settimane dopo la somministrazione, è meglio vaccinarsi all’inizio del periodo influenzale. Dopo otto mesi, però, l’efficacia di un vaccino stagionale tende a declinare per l’emergere di nuovi ceppi che si evolvono in seguito a mutazioni genetiche. 
Anche in questo, invece, starebbe la superiorità del nuovo vaccino universale: perché sarebbe in grado di fornire una copertura anche nei confronti di virus mutati che dovessero emergere nelle stagioni successive.

Fra il 1918 e il 1920 l’epidemia di influenza spagnola, una delle peggiori nella Storia, uccise decine di milioni di persone in tutto il globo, infettandone circa 500 milioni. Se queste pandemie diverranno molto meno probabili, avremo tutte le ragioni per ricordare Kolkman e il suo gruppo. Ma sarebbe un errore dimenticare i lama e i loro anticorpi. Quegli animali stanno lì a dirci quanto sia importante preservare la biodiversità: il mondo animale e vegetale è una fonte inesauribile di nuovi farmaci, irrealizzabili con la sola ingegneria genetica, e sempre più necessari.  


(Articolo pubblicato nel 49 di Panorama in edicola dal 21 novembre 2018 con il titolo "Il supervaccino per sempre")

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Luca Sciortino