Il terrorismo dei "pacifisti" tra Gaza ed Iraq
ANSA/PAOLO SALMOIRAGO
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Il terrorismo dei "pacifisti" tra Gaza ed Iraq

Mobilitazione di massa pro Gaza e contro Israele. Silenzio per i massacri in Iraq. Perché per questi "pacifisti" i morti non sono uguali - Yazidi, il ritratto - Foto - L'analisi militare - Cosa farà Obama

Il terrorismo dei pacifisti mi fa orrore. Per Gaza si mobilitano i comunisti impenitenti che fanno della Pace una bandiera ma poi, concettualmente, si dicono pronti a imbracciare le armi dei terroristi contro Israele e gli Stati Uniti, e all’Occidente imputano la degenerazione del conflitto in Medio Oriente e l’avanzata dei tagliagole, taglia teste e seppellitori (vivi) jihadisti dell’Isis agli alleati occidentali, invocando qualche pacifica iniziativa della diplomazia ONU, non si capisce contro chi. Contro Tel Aviv? 

Orrore, disgusto, pena.  

Belle anime i “pacifisti” stile Tavola della Pace, Emergency e Manifesto. Anime belle che si scandalizzano, si dolgono e s’indignano per le guerre degli Stati Uniti (un po’ meno da quando il presidente è di colore) e per il “Margine difensivo” di Israele a Gaza; ignari di qualche dettaglio come le migliaia di razzi su Israele e il rapimento (e l’uccisione) di tre ragazzi che tornavano da scuola facendo l’autostop all’origine dell’ultima offensiva dell’IDF, Israel Defense Forces. E volutamente ignari soprattutto dell’uso dei civili da parte di Hamas come scudi umani e poi salme da esporre nella bacheca mediatica globale. Ignari, oltretutto, delle regole stringenti e della censura che la propaganda bellica palestinese impone ai giornalisti che scrivono dalla Striscia.

I Social Network sono pieni di anatemi contro Israele e accorati appelli al boicottaggio di tutto ciò che è israeliano (comprese le botteghe degli ebrei romani). Sul Manifesto, il 30 luglio, è apparso un commento di Luciana Castellina (impenitente comunista da sempre) che pur “non d’accordo con la linea politica di Hamas”, ci mancherebbe, e per inciso figlia di un’ebrea triestina, dice testuale: “Se fossi nata in un campo profughi della Palestina, dopo quasi settant’anni di soprusi, di mortificazioni, di violazione dei diritti umani e delle decisioni dell’Onu… che cosa penserei e farei? Io temo che avrei finito per diventare terrorista”. Ma poi accusa “noi, il più forte movimento pacifista d’Europa”, di non essere riuscito a sviluppare una “mobilitazione adeguata”. Contro Israele, ovvio.

La giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena (ricordate? rapita, per liberarla fu ucciso dagli americani a un posto di blocco in Iraq l’ufficiale dei servizi segreti Nicola Calipari) sostiene da “pacifista” che anche se i conflitti attuali “non si possono risolvere militarmente”, il terrorismo “è l’unica arma che può sfidare anche l’esercito più potente, quello israeliano o quello americano”. Il terrorismo come eroismo. “Se ora chiudiamo gli occhi di fronte ai massacri di Israele, ancora per i sensi di colpa rispetto all’Olocausto, la spirale della violenza non si fermerà mai. Sarà un vortice che continuerà a travolgerci”. Che fare? L’ONU deve mandare “una forza d’interposizione” per difendere la Striscia dall’aggressione israeliana. 

Però non senti lo stesso trasporto ideale, appena cinque giorni dopo, nel commento della Sgrena ai massacri perpetrati dall’Isis in Iraq e Siria. Di fronte al “più grande esodo di cristiani dopo l’occupazione da parte degli Stati Uniti” (colpa dell’America?), tranne il Papa il resto del mondo tace “perché ha perso ogni interlocutore sia in Iraq che in Siria”. In questo caso però l’ONU non deve mica mandare i caschi blu, no. Le case dei cristiani vengono segnate con la scritta “N”, “Nazareno”, decine se non centinaia di migliaia fuggono dalle loro case e la minoranza pre-islamica zoroastriana degli Yazidi viene massacrata (500 trucidati, sepolti vivi anche i bambini), mentre ai prigionieri di guerra viene staccata la testa con cui altri bambini giocano a pallone. In questo caso la Sgrena invoca una blanda iniziativa diplomatica.  

Nel frattempo, il mondo pacifista sembra essere tormentato più che dalle guerre in Medio Oriente dalle beghe interne, con gli scout dell’Agesci che (finalmente) prendono le distanze dalla Tavola della Pace e annunciano che quest’anno non faranno la marcia della pace ad Assisi, denunciando l’opacità dei bilanci. Acli, Arci, Legambiente e altre realtà che insieme alla Tavola della Pace costituiscono la “Rete della Pace” insistono invece che ci saranno, ad Assisi il 19 ottobre, “sebbene con una piattaforma diversa”. Nessuno però indica come obiettivo la fine dei massacri islamisti. L’unica parola d’ordine continua a essere Gaza. L’unico nemico, Israele. Cauto, timido, il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ricorda in replica alla Castellina sul Manifesto che ci sono anche Libia, Siria, Iraq, Ucraina, solo per citare “i conflitti che circondano l’Europa”. Non ci sono “guerre di serie A e di serie B, anche con questi dobbiamo fare i conti”. Ma invece di protestare in piazza e davanti alle ambasciate dei paesi che notoriamente armano i tagliagole dell’Isis, questi nostri “pacifisti” comunisti “de’ noantri” e le giornaliste potenzialmente terroriste nostalgiche di un solo Muro (quello di Berlino) preferiscono concentrarsi sulle offensive difensive politicamente scorrette dell’unica democrazia in Medio Oriente, Israele. Pacificamente dichiarandosi pronte a comprendere le ragioni dei kamikaze. 

Orrore, disgusto, pena. 

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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