piante bioluminescenti
(Light Bio)
Green

Le piante bioluminescenti illumineranno il mondo di domani

Esperimenti di ingegneria genetica hanno portato a risultati ed immagini straordinarie su alcune petunie

In un prossimo futuro, a dare un’aura da sogno alle notti cittadine saranno le piante bioluminescenti nei balconi o lungo le strade. Negli Stati Uniti è già possibile effettuare ordini di petunie (petunia hybrida) che la compagnia americana Light Bio ha bioingegnerizzato per emettere luce. I fiori di queste petunie appaiono bianchi durante il giorno e verde fosforescente durante la notte.

Questo risultato è frutto di meticolosi tentativi di ingegneria genetica che hanno sfruttato la luminosità di certi funghi naturalmente luminosi. Non era scontato riuscire a trasferire la bioluminescenza naturale nelle piante ornamentali. All’’inizio la ricerca aveva puntato sull’enzima luciferasi, che in natura fa brillare le lucciole, ma l’emissione luminosa nelle piante geneticamente modificate era poco visibile all’occhio umano.

Light Bio — Firefly Petunia teaserwww.youtube.com

Alla fine la svolta è arrivata con quattro geni del fungo Neonothopanus nambi che, come riportato su Nature Biotechnology, sono stati inseriti con successo prima nel genoma di due specie di piante di tabacco.La luce emanata era più intensa di quella di ogni altro esperimento simile mai tentato nel mondo vegetale. Il passo successivo è stato inserire i geni nel genoma della petunia.

La luce emanata è dell’ordine di un milione di fotoni al minuto, che restano costanti dalla germinazione alla maturità. Quando è buio, quindi, il chiarore di queste piante si vede eccome. Il gruppo di ricercatori della Light Bio, finanziatrice della ricerca ha reso bioluminescenti anche la rosa e la pervinca, probabilmente le prossime piante a entrare in commercio dopo la petunia. Specie di alberi non sono una possibilità remota: si possono già immaginare nelle città di un prossimo futuro viale alberati luminescenti.

Delle molte curiosità che questa notizia suscita vi è quello della riproduzione di un vegetale così ingegnerizzato: molte specie dei nostri balconi possono essere moltiplicate «per talea», ovvero tagliando un rametto e piantandolo nella terra, e la stessa operazione funziona bene con tanti alberi, dall’acero al salice al fico. Le nuove piantine bioluminescenti moltiplicate per talea sarebbero anch’esse bioluminescenti ereditando il genoma dalla pianta madre.

Questa circostanza fa ben comprendere come vi sia un problema non risolto che riguarda le possibili implicazioni sull’ambiente. Se queste piante geneticamente modificate per essere bioluminescent si propagherassero senza controllo potrebbero danneggiare gli ecosistemi. Ecco perché i ricercatori stanno esplorando diversi meccanismi per reprimere quanto più possibile la capacità di queste piante di propagarsi.

I rischi di avere un ambiente infestato da piante ingegnerizzate per essere biolumine-scenti sembrano però bassi perché in natura questi vegetali hi-tech e lucenti sarebbero sfavoriti rispetto a quelli «naturali» che non devono spendere ulteriore energia per brillare.

Di fatto, la bioluminescenza non è rara in natura: molti di noi hanno in mente le lucciole, ma un recente studio su PlosOne rivela che, soltanto negli oceani, è sorta nella storia evolutiva almeno 27 volte, oltre a essere diffusa tra batteri e funghi. Se questa proprietà si è evoluta così spesso è perché in certi ambienti, come le profondità marine con scarsità di luce, era conveniente per la riproduzio- ne.

Da qui la ragionevole sicurezza dei ricercatori le piante «illuminate» non dovrebbero diffondersi nell’ambiente: se la bioluminescenza fosse conveniente la vedremmo già intorno a noi. con- dizionale è d’obbligo: i governi dvranno chiedere e valutare ulteriori studi sperimentali prima di dare il via libera alle nuove creature.

La magia delle piante bioluminescenti susciterà curiosità e interesse per la natura e la scienza, soprattutto nei bambini. Dubbi a parte, ci sono buone ragioni per affermare che il valore di questo studio non sia soltanto estetico. La ricerca apre nuove opportunità che potranno portare a un’agricoltura più sostenibile ed efficiente.

Una volta codificata la capacità di bioluminescenza in una pianta, infatti, sarà più facile il monitoraggio della sua fisiologia e della sua salute grazie all’osservazione dei meccanismi interni con telecamere, come hanno già fatto gli autori dello studio. Ciò permetterà di scoprire in modo rapido le reazioni della pianta a stress biologici o chimici e quindi di creare colture con caratteristiche mirate e a minore impatto ambientale.

Lo studio della bioluminescenza vegetale fa parte di un ramo di ricerca più vasto che si basa sulla bioingegneria per ottenere organi- smi geneticamente modificati utili all’ambiente. Tra i primi successi ottenuti in questo settore vi è il cosiddetto GloFish, un pesce tipico degli acquari commercializzato da un’azienda americana il cui genoma è stato opportunamente modificato per diventare fluorescente quando viene in contatto con una determinata tos-sina nociva all’ambiente. Un altro organismo riplasmato dall’uomo a scopi migliorativi. Ma di cui non sappiamo, per lo meno non ancora, quale sarebbero le conseguenze di una sua diffusione in natura.

Info: light.bio

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Luca Sciortino