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(Ansa)
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La tragedia dei figli degli stupri della guerra nella ex Jugoslavia

In occasione della giornata contro la violenza sulle donne vogliamo ricordare che le donne sono anche le prime vittime dei conflitti, come nel caso della guerra in Bosnia Herzegovina

con Salvatore Giuffrida

Trent'anni fa durante la guerra balcanica furono stuprate oltre 50mila donne perché la violazione del loro corpo e la tortura erano divenuti in quel contesto, un'arma di guerra potentissima che ha distrutto non solo la loro vita ma anche quella dei figli nati dalle violenze sessuali subite.

Bambini ormai adulti che sono stati costretti a vivere nell'ombra, perché figli delle violenze subite dalle loro madri in Bosnia e che ancora oggi ricadono su di loro come fosse una colpa. Parliamo di 5mila ragazzi fra i 26 e i 28 anni nati da stupri etnici, commessi per la maggior parte da cetnici e nazionalisti serbi durante l’assedio di Sarajevo e la guerra in Bosnia, che sono stati per decenni discriminati, ghettizzati, senza diritti civili e privati della propria identità perché non hanno mai avuto un cognome paterno ma un X vicino al nome in una regione come quella balcanica dove il patronimico è tutto. Per questi giovani è addirittura un problema avere certificati di nascita o di laurea, inoltrare richieste di sussidi o borse di studio, perché sono i ragazzi della vergogna, costretti da sempre a subire abusi e discriminazioni da parte di professori, amici e adulti.

Un dramma nel dramma di una guerra sporca che ha distrutto molte vite e che ha causato decine di suicidi tra di loro. Un racconto post-guerra che mostra una realtà surreale e che solo quest'anno dopo circa 30 anni potrebbe cambiare grazie ad una legge approvata dal parlamento della federazione bosniaca che ha aperto uno spiraglio di speranza: considerando i nati dagli stupri vittime civili di guerra e riconoscendone di conseguenza i pieni diritti anche ai figli nati da violenze sessuali che risiedono fuori dalla Bosnia. Un atto dovuto che consentirà di avviare un percorso per riconoscere delle indennità a questi migliaia di giovani e soprattutto a garantire loro gli stessi diritti civili e sociali degli altri cittadini della federazione bosniaca. La legge entrerà in vigore a gennaio del 2024 ma questi sono mesi decisivi per metterne a punto l’applicazione. Per la Bosnia Herzegovina è una vera e propria sfida verso la normalizzazione, ma la legge approvata rappresenta solo un primo passo perché con molta probabilità la parte serba potrebbe boicottarla o comunque ostacolarla. Un percorso difficile, con cui si spera si potrà rendere giustizia a quanto patito da queste persone.

La principale associazione che da anni lotta per i diritti dei figli nati dagli stupri, Forgotten Children of War (in bosniaco Zaboravljena djeca rata) guidata da Ajna Jusic, anche lei nata da uno stupro,ha accolto con favore la legge. Ma non mancano le incognite sulla sua effettiva applicazione. La Bosnia Herzegovina deve ancora superare i traumi della guerra ed è governata con un sistema tripartito tra i più complessi al mondo, basato sulla rappresentanza di tre etnie: serba, bosniaca musulmana e croata. Il paese è diviso in cantoni autonomi ognuno con propri regolamenti amministrativi basati sulla maggioranza etnica della popolazione: in sostanza le interazioni delle tre etnie sono ridotte al minimo. Il rispetto dell’ordinamento normativo nazionale e la debolissima coesione sociale del paese sono garantite solo dagli accordi di pace di Dayton che hanno di fatto congelato la pace, ma non risolto il conflitto. Anzi, la guerra in Ucraina ha acuito le tensioni fra serbi e bosniaci In questo contesto non sarà facile attuare la legge e garantire i diritti ai ragazzi invisibili della Bosnia, anzi: nel paese stanno crescendo le tensioni interetniche.
Un argomento a cui l'Italia non è rimasta mai indifferente

«La questione dei figli della guerra mi ha molto impressionato»-spiega Benedetta Merlino ricercatrice presso il Centro Studi per il Sudest Europa dell’Università di Graz. «Colpisce il fatto che questi ragazzi siano stigmatizzati così pesantemente»-ci racconta Benedetta Merlino che ha fatto la sua tesi di laurea proprio sulla questione dei ragazzi invisibili nati dagli stupri commessi da nazionalisti e cetnici serbi in Bosnia e ha raccolto diverse testimonianze. «Tra queste c’è quella di un autore di teatro che ha raccolto le storie non solo dei figli ma anche delle madri stuprate: una di loro disse che il suo medico la colpevolizzò di non aver chiuso le gambe. Così grazie proprio ad una figlia della guerra, Anja Jusic, è iniziata una mobilitazione che ha portato allo scoperto queste persone che prima si nascondevano ma la volontà di utilizzare gli stupri per commettere un genocidio non è mai stata riconosciuta. Le truppe serbe violentavano le donne bosniache musulmane per metterle incinta ed eliminare la loro discendenza». Anche il regista italiano Massimo d'Orzi ha realizzato il lungometraggio "Bosnia Express" per sensibilizzare su quanto è avvenuto. Infine ad ottobre a Cesena è stata inaugurata la mostra fotografica allestita da Senedin Hrnjica e Merjem Muhadžić dell'associazione ZDR e organizzata da Iscos Emilia-Romagna e Comune di Cesena che ha mostrato in venti scatti in bianco e nero del fotografo professionista Sakher Almonem le storie vere con nomi e volti di madri e figli vittime della guerra balcanica.

Così dopo tutto questo tempo i figli nati in Bosnia Herzegovina a causa degli stupri etnici commessi durante la guerra del 1992 stanno lentamente emergendo dall’ombra in cui hanno vissuto fino a questo momento.

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Linda Di Benedetto