Elezioni europee, i populisti verso la conquista dell'Ue
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Elezioni europee, i populisti verso la conquista dell'Ue

Secondo gli ultimi sondaggi i partiti anti europeisti potrebbero aggiudicarsi 218 seggi su 751. Per la prima volta l'europarlamento sarebbe nel caos

A Bruxelles sono ore di forte preoccupazione. La sensazione è quella di aspettare l'arrivo di uno tsunami puntualmente previsto, ma che potrebbe avere conseguenze persino peggiori di quelle finora immaginate. Secondo l'ultimo sondaggio del think tankOpen Europe (che potete leggere qui nella versione integrale ) gli anti europeisti, di tutti i colori e le appartenenze, potrebbero sfondare il muro del 31% alle prossime elezioni europee e aggiudicarsi circa 218 seggi sui 751 del Parlamento. E, se teniamo presente che molti intervistati probabilmente hanno mentito per evitare di dichiarare il loro voto in favore di partiti di estrema destra e xenofobi, i numeri potrebbero essere addirittura più alti. 

Rispetto alle precedenti elezioni del 2009, questa volta i populisti sulla carta sono in predicato di aggiudicarsi 54 seggi in più. E non è poco, anzi, nel caso sarebbe per loro un risultato straordinario. E' vero che non rappresentano un partito unico e che provengono da basi culturali e ideologiche diverse (si va dalla lista di Tsipras ai lepenniani francesi, per intenderci, passando per grillini, leghisti e xenofobi olandesi), ma è anche vero che nel nuovo Parlamento su determinati temi "caldi"  potrebbero anche trovare insolite alleanze. 

Insomma, se all'indomani delle elezioni del prossimo 25 maggio fossero confermate queste previsioni, è chiaro che esploderebbe un serio problema per le grandi "famiglie" politiche che hanno casa a Bruxelles, i popolari del PPE e i sociali del PSE, che puntano a mettere il cappello sulla poltrona della presidenza della Commissione europea con l'attuale presidente del Parlamento Ue, il tedesco Martin Schulz

Ma la presenza in massa di eurodeputati anti euro e anti europeisti potrebbe mettergli i bastoni tra le ruote e avere effetti devastanti sull'agenda delle riforme, già dettata dal premier britannico David Cameron, che sta combattendo con i cittadini del Regno proprio sulla necessità e l'opportunità che la Gran Bretagna resti nell'Unione, e che ha promesso al suo elettorato di euroscettici di voler cambiare radicalmente la struttura stessa dei palazzi di Strasburgo.

Il nuovo Parlamento sarà molto più attivo di quelli passati, come recita il trattato di Lisbona. Il che significa che potrà mettere il veto su riforme chiave, che l'Inghilterra chiede da tempo e sulle quali al momento (e con buona volontà) sarebbe anche possibile trovare un accordo.

Il caos e la paralisi. E' questo che si teme maggiormente a Bruxelles e dintorni. Le stesse modalità adottate dal M5S di Beppe Grillo in Italia potrebbero essere amplificate su larga scala in Europa tra poche settimane. 218 seggi (o forse di più) sono davvero tanti e i populisti dei 28 Paesi membri già gongolano.  

Sempre secondo le previsioni di Open Europe, il 25 maggio circa il 74,4% degli elettori esprimerà un voto contro l'Europa, oppure un voto per una riforma radicale di questa Europa qui, basata finora sulle ricette tedesche improntate al nume tutelare di un'austerity che ha fatto più danni che altro. Solo il restante 25,6% voterà invece in favore dello status quo, cioè per tenersi l'Europa così com'è. 

Un messaggio chiaro e forte per la Cancelliera Angela Merkel che, tuttavia, sembra fare orecchie da mercante e ha già deciso (more solito) che qualora il PPE superasse anche di poco il PSE il nuovo presidente della Commissione europea sarà il grigio Jean-Claude Juncker, campione lussemburghese del più avvilente burocratismo, sport che a Bruxelles regna sovrano. Facile immaginare quale potrebbe essere, nel caso, la reazione dei populisti. 

Comunque, una cosa è certa: il Parlamento europeo che avremo davanti il 26 maggio sarà completamente diverso da tutti gli altri del passato. E' anche possibile che di fronte al pericolo le grandi "famiglie" si ricompattino e mettano finalmente in agenda una riforma radicale delle istituzioni europee, con trasparenza e in modo condiviso (il che significa senza dover sottostare tutti al volere di uno, nel particolare la Germania), ma è certo che l'opzione "popolare" di Juncker alla Commissione non fa ben sperare.

Tuttavia, voci da Bruxelles sostengono che il burocrate lussemburghese è solo un paravento, perché la Merkel (sempre lei), in realtà punterebbe su un nome di alto profilo per la Commissione, una personalità "esterna". In poche parole Christine Lagarde, che potrebbe lasciare la direzione del Fondo Monetario Internazionale per guidare l'esecutivo europeo.

Ma anche con lei, l'amica dei banchieri mondiali, siamo così sicuri che i populisti, ebbri del successo, abbasseranno gli scudi? Potrebbe persino essere peggio e avere effetti  più devastanti. Insomma, dal 26 maggio l'Europa dei popoli potrebbe trasformarsi nell'Europa dei populisti, con tutto quello che ne consegue. 

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Anna Mazzone