L'Eni di Descalzi: tre cose da sapere
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L'Eni di Descalzi: tre cose da sapere

Una società sempre più votata all’esplorazione e con un occhio alle relazioni internazionali utili al proprio sviluppo

L’uomo giusto al posto giusto. Sembra essere unanime il giudizio positivo che operatori di settore e osservatori esterni danno sulla nomina di Claudio Descalzi alla guida dell’Eni. E le ragioni di questo generale ottimismo sono da ricercarsi nell’idea di azienda che lo stesso nuovo amministratore delegato potrebbe avere in testa per il futuro. Un’impresa che cambierà profondamente, ma nella quale, allo stesso tempo, non ci saranno quelle rivoluzioni che molti si attendono.

L'APPROCCIO
Le novità più significative riguarderanno certamente l’approccio all’esplorazione e alla produzione che oggi rappresentano il vero core business della società, e che guarda caso sono state proprio le competenze che Descalzi ha ricoperto fino a ieri in qualità di direttore generale di divisione.

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Stiamo parlando tra l’altro di mutamenti che riguarderanno un po’ tutto il settore degli idrocarburi a livello mondiale. Si prevede infatti un ricorso sempre più frequente ad esplorazioni molto più costose di quelle attuali: dai giacimenti offshore situati a grandi profondità, alle trivellazioni nell’Artico fino alla produzione dello shale gas. Se questo sarà dunque lo scenario, nessuno più di Descalzi sembra avere le carte in regola per catapultare l’Eni in una nuova era della produzione di idrocarburi accettando con consapevolezza tutte le sfide. Meno probabile invece che ci siano cambiamenti radicali di registro sul fronte dei rapporti con gli attuali maggiori produttori mondiali.

LA RUSSIA
Da scartare ad esempio, secondo molto osservatori, l’ipotesi che il nuovo ad possa rompere o quantomeno incrinare i rapporti con la Russia a favore di un maggiore utilizzo dello shale gas americano. Di sicuro ci sarà un riequilibrio degli approvvigionamenti, ma senza grandi scossoni, anche perché secondo molti tecnici si può fin d’ora affermare che lo shale gas non sarà certamente la panacea di tutti i mali energetici. Altro fattore innovativo della nuova guida Descalzi sarà poi certamente la concentrazione degli sforzi verso una piena e sempre più completa internazionalizzazione dell’Eni.

La società del cane a sei zampe ha vissuto per anni una sorta di doppia identità, con una parte di azienda legata al mercato interno, fatto di monopolio e di rapporti a volte fin troppo stretti con ambienti politici, e un’altra votata invece allo sviluppo estero e alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Ebbene, la prima anima dell’impresa nel tempo è divenuta sempre meno rilevante, con un monopolio interno di fatto spezzato, grazie anche alla forzata vendita della Snam. Non è un caso dunque che Descalzi si presenti come un manager poco incline a intrattenere rapporti con la politica nostrana e molto più votato invece alle relazioni internazionali.

In questo senso dunque, il futuro dell’Eni potrà subire una decisa virata verso il vero core business, ossia l’esplorazione all’estero di nuovi giacimenti e la produzione di idrocarburi. E in questo senso c’è da scommettere che i tanti e buoni rapporti che in giro per il mondo Descalzi vanta con politici locali, saranno tutti funzionali allo sviluppo e alla crescita dell’azienda. Emblematico in questo senso le relazioni che in Mozambico sono state da tempo instaurate con i cinesi, e che vanno anche oltre quelli che sono i rapporti diplomatici attuali tra Roma e Pechino.

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ORGANIZZAZIONE INTERNA
Una scelta dunque, quella di Descalzi, lungimirante sul fronte degli sviluppi esplorativi futuri, azzeccata per quel che concerne le relazioni internazionali e, è il caso aggiungere, quanto mai efficace dal punto di vista dell’organizzazione aziendale. L’Eni è infatti un’impresa decisamente molto complessa e aver optato per un manager che conosce e vive le dinamiche interne della società fin dal lontano 1981, certamente può rappresentare in questo momento un ulteriore indiscutibile valore aggiunto.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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