Azienda Italia: la speranza di riscatto arriva dalle medie imprese
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Economia

Azienda Italia: la speranza di riscatto arriva dalle medie imprese

Tutte le chance di ripresa per l'economia del nostro paese, analizzate in un convegno di Ibm e dell' Università Cattolica di Milano. Dati positivi da Assolombarda

Una nota di ottimismo è arrivata nel finale da Michele Verna, direttore generale di Assolombarda, che ha rivelato in anteprima i risultati dell'ultima indagine congiunturale sul settore manifatturiero nel milanese. “A partire dai mesi estivi” ha detto Verna, “il clima di fiducia tra le nostre aziende associate è cresciuto in modo costante, fino a raggiungere nel dicembre scorso la quota di 104,2, cioè il livello più alto dal marzo del 2011 e superiore anche a quello del 2005, precedente la crisi”. E' con questi dati incoraggianti che si è chiuso ieri il convegno dal titolo "Impresa Italia: perché e come crescere” organizzato da Ibm con l'Università Cattolica di Milano (e patrocinato dalla stessa Assolombarda, con la Società Italiana Marketing).

IMPRESA ITALIA: PERCHE' E COME CRESCERE

Nel ciclo di interventi, sono state passate in rassegna le chance di ripresa dell'economia del nostro paese, che oggi sono aggrappate in buona parte a una categoria di aziende: le medie imprese del made in Italy. Si tratta di realtà produttive che in diversi settori, a cominciare dalla meccanica, si sono trasformate da tempo in “multinazionali tascabili”, capaci di realizzare all'estero oltre il 50% del proprio fatturato, come ha messo in evidenza Riccardo Resciniti, professore ordinario di economia e gestione delle imprese all’Università degli Studi del Sannio.

In particolare, Resciniti ha ricordato come le strategie di internazionalizzazione abbiano favorito il maggiore orientamento all'efficienza di diverse medie imprese, che hanno localizzato all'estero alcune fasi produttive per ottenere dei vantaggi di costo, senza però tagliare i legami col territorio di origine. E' il caso del gruppo di arredamento Calligaris che, partendo dal distretto della sedia del Friuli, ha aperto anche uno stabilimento in Croazia e oggi esporta i propri prodotti in circa 90 paesi del mondo. Ma le strategie di espansione all'estero sono state accompagnate a volte anche da un altro fenomeno che Resciniti definisce come “orientamento alla differenziazione”. In altre parole, la ricerca di nuova clientela nei mercati emergenti è avvenuta, in certi casi, per ampliare l'attività dell'azienda in nuovi segmenti di business, adiacenti a quello d'origine. In questo filone, per esempio, si colloca la storia del gruppo campano della moda Harmont&Blaine che, partendo dalla produzione originaria di cravatte tipiche della tradizione tessile napoletana, è diventato oggi una multinazionale nell'abbigliamento sportivo di qualità, che vende i propri capi in tutto il mondo.

STRUTTURA SOLIDA

Nicola Ciniero, amministratore delegato di Ibm Italia ha infuso una buona dose di ottimismo. Nonostante tutti i ritardi strutturali del nostro paese (dove in due anni non sono stati ancora approvati i decreti attuativi dell'agenda digitale) Ciniero nutre grande fiducia nella creatività e nella cultura industriale, nata anche e soprattutto all'interno della media impresa. “Senza cultura, non c'è neppure sviluppo economico. Per questo, possiamo sperare nel futuro, nonostante gli anni difficili che abbiamo attraversato”.

Delle virtù delle imprese del made in Italy, esponenti del cosiddetto “quarto capitalismo”, si occupa da tempo il direttore dell'ufficio studi di Mediobanca, Grabriele Barbaresco, che ha messo in evidenza i punti di forza di molte realtà produttive, spesso sconosciute al grande pubblico. Oltre alla capacità di esportare, le medie imprese industriali italiane (cioè quelle con un volume di vendite tra 15 e 330 milioni di euro e un numero di addetti tra 50 e 499), possiedono una struttura finanziaria più equilibrata rispetto alle società medio-grandi: hanno per esempio un attivo circolante che copre interamente i debiti a breve e, per giunta, presentano degli indici di solidità patrimoniale migliori. Proprio per questa ragione, molte imprese di dimensioni intermedie preferiscono stare lontane dalla borsa e dalle logiche della finanza speculativa.

CULTURA INDUSTRIALE

Certo, anche nel sistema della media impresa del made in Italy permangono alcuni punti di debolezza. L'economista Riccardo Varaldo della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, per esempio, ritiene auspicabile una maggiore tendenza alla crescita dimensionale e ricorda alcuni dati statistici significativi: in Italia, circa il 56% degli occupati risulta oggi alle dipendenze di aziende con meno di 50 addetti, contro il 21% della Germania. Per Luisella Traversi Guerra, consigliere di amministrazione di Robur, società bergamasca che produce pompe di calore a gas per il riscaldamento ed esporta il 60% del proprio fatturato, la crescita dimensionale è spesso auspicabile ma “non deve diventare un ossessione”. Ogni azienda, secondo Traversi Guerra, ha infatti una fisiologia e uno sviluppo naturale propri, che non coincidono necessariamente con un aumento repentino delle dimensioni. L'esperienza del made in Italy, infatti, insegna che si possono fare grandi cose, pur mantenendo una struttura molto snella.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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