Le dimissioni? Anche i moderati si arrabbiano
News

Le dimissioni? Anche i moderati si arrabbiano

Non sappiamo come finirà. Ma, malgrado le critiche della sinistra una cosa dev'essere chiara: anche il popolo del centrodestra ha il diritto di arrabbiarsi - la nota del Quirinale -

Orrore, scandalo, terrore. Tutti a stracciarsi le vesti. A strabuzzare gli occhi davanti “all’operetta provocatoria, alla sceneggiata dimissionaria di questi parlamentari azzurri del Pdl pronti a farsi decadere in massa dal Parlamento se il loro capo sarà proclamato decaduto da senatore” col voto degli alleati del Pd nella Giunta per le elezioni.

Tutti a gridare alla follia e naturalmente, anzi soprattutto, all’irresponsabilità da teenager del suicidio in massa stile setta americana che non lascia morire da solo il guru. Tutti a rimproverare la sfida che minaccia di far precipitare il governo Letta nel magma della sfiducia e dell’affannosa ricerca di nuove maggioranze (maggioranze che non esistono, al momento, e che vanno perciò costruite al bilancino nei laboratori del Colle, mettendo insieme le teste di parlamentari tentati dal salto della quaglia, uno scranno più in là, un sì per un no). 

Ora, il mio dubbio è che non sia poi così forte la determinazione di tutti-proprio-tutti i parlamentari del Pdl-Forza Italia. Perché è vero, stanno in Parlamento non grazie ai propri voti ma a quelli di Berlusconi (e quindi, per dirla con Sgarbi, se rifiutassero di fare quello che Cavaliere chiede, il loro “più che un tradimento sarebbe un furto”), ma in ogni caso siedono in Parlamento e ci stanno comodi. Perché dire addio a privilegi, emolumenti e onori?

Ma in realtà non sarebbe così incredibile se dicessero “signori basta, la democrazia è tradita, il nostro capo è messo alla gogna, umiliato e linciato in piazza solo perché si chiama Silvio Berlusconi e la sinistra lo odia, ma noi non ci stiamo, noi non offriamo l’altra guancia né stiamo zitti e buoni”. Cioè: il popolo di centrodestra che ancora crede in Berlusconi, che nella misura di oltre 9 milioni di elettori ne ha votato la coalizione alle ultime elezioni, e che si sente incoraggiato e sostenuto e tutelato e rappresentato dalla campagna per la riduzione delle tasse, potrebbe non volersi proprio rassegnare a una sentenza politica e rinunciare a vedersi rappresentato in Parlamento come ne avrebbe diritto.

Per quale ragione Berlusconi e il suo popolo dovrebbero piegare la testa e prendere per normale l’accelerazione persecutoria dell’assedio giudiziario, politico, mediatico, che sta infine conducendo all’arresto del leader di un terzo dell’elettorato? 

Ma davvero si poteva pensare che Berlusconi decadesse da senatore con un atto di forza dei suoi principali alleati di governo senza reagire, senza ribellarsi, senza tentare di rompere l’accerchiamento e appellarsi a quei 9 milioni di italiani che legittimamente vogliono veder garantita la continuità della rappresentanza, l’efficacia della delega che il loro voto ha consegnato nelle mani di Berlusconi e della sua truppa di deputati e senatori? 

Magari alla fine non succede che i parlamentari del Pdl si dimettano e con ciò decretino la fine della legislatura, magari non succede che il governo cada per effetto dello strappo di Silvio, magari la protesta rientrerà e sarà stata solo un’ultima (e forse, anzi probabilmente, vana) pressione sulla Giunta, ma nessuno può pensare che la pazienza dei moderati sia infinita, che i moderati non s’incazzino perché sono moderati, che dopo vent’anni di accanimento giudiziario e mediatico sia senza conseguenze l’ordalia, lo champagne alla notizia dell’arresto di Silvio. 

Berlusconi ha dato prova in questi mesi di grande pazienza e della volontà, che forse era per lui una strada obbligata, di essere il perno del governo, un fattore di stabilità politica. Ma se invece di essere ringraziato, ricambiato e, perché no, compensato per questa sua moderazione, si fa di tutto per farlo decadere, o non si fa nulla per evitare che finisca agli arresti come effetto di una sentenza parecchio controversa, perché mai lui, i suoi parlamentari e il suo popolo dovrebbero eternamente abbozzare e mostrare ai nemici il sorriso ebete della sconfitta?    

I più letti

avatar-icon

Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

Read More