Taiwan
(Ansa)
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Nuove fibrillazioni tra Taipei e Pechino

Aumenta la pressione militare cinese su Taiwan. E intanto l'isola continua a essere al centro del confronto tra Washington e Pechino

È tornata a crescere la tensione a Taiwan. Negli scorsi giorni, Pechino ha schierato navi e aerei nei pressi dell’isola, conducendo delle esercitazioni militari: una mossa che ha avuto luogo fondamentalmente in coincidenza dell’insediamento, avvenuto lunedì della settimana scorsa, del nuovo presidente taiwanese, William Lai. Non è d’altronde un mistero che il Dragone non abbia apprezzato la vittoria dello stesso Lai alle elezioni presidenziali di gennaio: il Pcc accusa infatti storicamente il suo schieramento, il Partito progressista democratico, di “separatismo”. Non solo. La Repubblica popolare ha addirittura definito la propria esercitazione militare come una “punizione” per il discorso d’insediamento del neopresidente, durante il quale ha detto che le due sponde dello Stretto di Taiwan “non sono subordinate l'una all'altra”.

È in questo contesto che, nelle scorse ore, una delegazione di parlamentari statunitensi si è recata in visita a Taipei. “Non dovrebbero esserci dubbi, non dovrebbe esserci scetticismo negli Stati Uniti, a Taiwan o in qualsiasi parte del mondo, riguardo alla determinazione americana di mantenere lo status quo e la pace nello Stretto di Taiwan”, ha dichiarato, nell’occasione, il deputato repubblicano, Andy Barr. “Tutte le democrazie devono restare unite contro l'aggressione e la tirannia”, gli ha fatto eco il collega Michael McCaul. Una visita, quella dei parlamentari americani, che il nuovo ministro degli Esteri taiwanese, Lin Chia-lung, ha definito “un importante gesto di solidarietà”. Per tutta risposta, Pechino, neanche a dirlo, ha accusato Washington di interferire “negli affari interni della Cina”.

Insomma, Taiwan è sempre più al centro del confronto tra Stati Uniti e Cina. A tenere banco non c’è soltanto il tema strategico dei microchip ma anche quello della competizione per l’influenza geopolitica sull’Estremo Oriente. Da una parte, Washington sta ribadendo il proprio sostegno a Taipei: basti pensare al recente pacchetto di aiuti militari approvato dal Congresso. Dall’altra, Xi Jinping continua a parlare di “riunificazione”: uno Xi Jinping che, a metà maggio, ha ricevuto Vladimir Putin, con l'intento di rafforzare ulteriormente quella “partnership senza limiti”, che Mosca e Pechino avevano annunciato pochi giorni prima dell’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina. Si tratta di una serie di sommovimenti che fanno temere un’invasione dell’isola da parte della Repubblica popolare. Per questa ragione, la Casa Bianca dovrebbe affrettarsi a ripristinare la deterrenza nei confronti del Dragone. In caso contrario, il rischio di un effetto domino potrebbe rivelarsi inquietantemente dietro l’angolo. Pechino non aspetta altro che picconare l'ordine internazionale emerso dalla fine della Guerra Fredda.

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Stefano Graziosi