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(Ansa)
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La pace tra Russia ed Ucraina passa (o si ferma) anche dall'Africa

Putin apre alla proposta africana come possibile base per la pace in Ucraina, ma gela il discorso “dobbiamo rispondere al fuoco dell'offensiva di Kiev” e rinuncia al viaggio in Sudafrica per incontrare i Brics

Dopo il vertice Russia-Africa di San Pietroburgo, conclusosi il 29 luglio, il presidente russo Vladimir Putin ha rilasciato una dichiarazione importante quanto inaspettata, affermando che un'iniziativa di pace presentata dai leader africani potrebbe costituire una base per una prima soluzione alla guerra contro l'Ucraina. Ma ha anche detto che gli attacchi compiuti da Kiev in territorio russo negli ultimi giorni hanno reso impossibile qualsiasi cessazione delle ostilità. Allo stesso tempo Putin promette all'Africa forniture di cereali e la cancellazione del debito, di fatto cercando alleati che proporrebbero, in sede internazionale, almeno la rimozione delle armi nucleari tattiche di Mosca dalla Bielorussia, chiedendo anche la sospensione del mandato di arresto della Corte penale internazionale (CPI) contro il presidente russo e l'allentamento delle sanzioni in vigore. Putin, parlando con i giornalisti, ha tuttavia reso un quadro della situazione piuttosto realistico: “Ci sono cose praticamente impossibili da attuare, come il cessate il fuoco, perché l'Ucraina sta avanzando con un'offensiva, dunque non possiamo evitare di rispondere al fuoco; ma quella africana non potrà che essere un'iniziativa bilaterale, diventando il fondamento di alcuni processi verso una risoluzione pacifica, proprio come l'iniziativa cinese.” Si riferisce ovviamente a quella presentata da Pechino che prevede dodici punti mediante i quali si ridurrebbe l'intensità del conflitto in modo progressivo fino a un eventuale cessate il fuoco.

Rimane ovviamente immutata la posizione di Volodymyr Zelenskyy, il quale aveva respinto l'idea di un cessate il fuoco poiché avrebbe lasciato al nemico il controllo di quasi un quinto del suo paese, almeno riferendosi ai confini del 1991 da lui pretesi, pausa che però darebbe alle sue forze il tempo di riorganizzarsi dopo 17 mesi di guerra. Tra le richieste di Kiev c'è quella del ritiro dei militari russi, anche se tarda ad arrivare, da parte ucraina, l'ammissione di non poter controllare il Donbass, rinunciando anche alle ipoteche sul sottosuolo firmate con Cina e altri stati. Ecco perché la posizione russa appare più flessibile, soprattutto quando Putin dice: “Non respingiamo i colloqui di pace, ma perché questo processo possa iniziare, ci deve essere un accordo da entrambe le parti”.

Il presidente russo è sembrato anche minimizzare la sua rinuncia a partecipare al vertice economico di Johannesburg, in Sudafrica, in programma dal 22 al 24 agosto. La ragione, secondo taluni analisti filo occidentali, starebbe nel non voler offrire un'occasione per dare seguito al mandato d'arresto della Corte penale internazionale, che dal Sudafrica è stato firmato in occasione del Trattato di Roma del 1998, entrato in vigore nel 2002. Johnannesburg, tuttavia, aveva dato ufficiosi segnali di rassicurazione alla diplomazia russa di non voler dare seguito all'obbligo di arresto per questioni puramente diplomatiche. Ma alla domanda sui motivi per i quali non andrà in Sudafrica, il presidente Putin ha detto ai giornalisti di essere in stretto contatto con i capi delle economie in via di sviluppo (Brics), ma di dover rimanere a Mosca, almeno in questo momento. Al suo posto ci sarà Sergey Lavrov che incontrerà le delegazioni di sudafricana, nonché quelle di Brasile, Russia, India, e Cina. C'è da chiedersi quindi quanto sia effettivamente vincente l'offensiva attuale di Kiev oggi per preoccupare Putin al punto di consigliargli di restare a Mosca anche se rassicurato da Johannesbur,g, e secondo quanto emerge dalla cronaca, pare che gli ucraini stiano procedendo alla riconquista di 80-90 km quadrati la settimana, che significherebbe, con le forze attuali sul campo e con un calcolo totalmente teorico, che l'Ucraina riuscirebbe a ricacciare i russi oltre i confini del 1991 soltanto nel 2035. Dunque che cosa potrebbe accadere?

Se i russi manterranno le loro posizioni potranno, in caso di colloquio per il cessate il fuoco, affermare di avere avuto successo seppure le regioni sottoposte al referendum del settembre scorso non siano completamente sotto il loro controllo e neppure facilmente stabilizzabili, in una situazione che ricorda tristemente quella dei Balcani negli anni Novanta. Se invece gli ucraini continuassero ad avanzare, non prima di Natale potrebbero raggiungere città come Melitopol, Mariupol, Donetsk e Luhansk, ma al prezzo di pesanti perdite anche se dovessero essere dotati dei tanto ambiti velivoli F-16. E a meno di un collasso delle forze russe, il conflitto continuerà.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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