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(Ansa)
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L’Isis colpisce in Russia

Lo Stato islamico rivendica un attentato le cui avvisaglie erano state ignorate dall’intelligence del Cremlino. Cosa farà ora Putin?

Lo Stato islamico attraverso la sua agenzia stampa Amaqha rivendicato ieri sera l’attacco alla sala da concerti Crocus City Hall di Mosca: «I combattenti dello Stato islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia della capitale russa, Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grande distruzione nel luogo prima che si ritirassero in sicurezza nelle loro posizioni». Gli assalitori, armati di fucili d'assalto Kalashnikov e vestiti con uniformi mimetiche, hanno fatto irruzione nella sala da concerti situata a nord-ovest del centro cittadino, sparando senza pietà contro il pubblico presente. Il bilancio ancora parziale parla di almeno 94 morti (tre bambini) e centinaia di feriti ma sua alcuni canali Telegram si parla di 140 morti. Come scrive l’analista Ayemenn Jawad al-Tamimi, va notato il modo in cui viene presentato l'attacco: si dipinge come un attacco diretto contro i cristiani. Questo modo di presentare l'evento è in sintonia con la visione dello Stato Islamico che considera tutti i cristiani nel mondo in termini di una tripla scelta: convertirsi all'Islam, accettare lo status di dhimmi pagando una tassa e vivere come cittadini di seconda classe sotto l'autorità dello Stato Islamico, oppure affrontare la morte. Come nel caso degli attacchi in Turchia all'inizio di quest'anno, non c'è una complessa strategia geopolitica dietro a questa operazione che ha causato morti e distruzioni in Russia. Si tratta semplicemente di agenti e cellule dello Stato Islamico che colpiscono ovunque sia possibile nell'ambito di una campagna globale di «lotta contro gli infedeli e gli apostati ovunque», come sottolineato dal portavoce dello Stato Islamico Abu Hudhayfa al-Ansari in un discorso rilasciato poco dopo gli attacchi in Iran del gennaio scorso. Su alcuni canali Telegram russi di solito ben informati su quanto accade nella Federazione Russa, sono circolati alcuni nomi che potrebbero essere legati a quanto accaduto ieri sera a Mosca. Si tratta di quattro uomini tutti del Tagikistan: NasridinovMakhmadrasul, 37 anni, IsmonovRivozhidin, 51 anni, SafolzodaShokhinjonn, 21 anni, e Nazarov Rustam, 29 anni.

Secondo l’intelligence russa l'auto, una Renault, in cui viaggiavano i quattro sospettati dell'attentato nell'auditorium della regione di Mosca, è stata ritrovata nel distretto di Karachi, nella regione di Bryansk. La circostanza è stata confermata dal deputato russo Alexander Khinshtein, il quale ha precisato che l'auto non ha rispettato l'alt dei membri delle forze dell'ordine e ha cercato di fuggire. Durante il tentativo di inseguimento, c’è stato uno scontro armato e l'auto si sarebbe ribaltata. Sul posto è stato arrestato un presunto terrorista, mentre gli altri si sono dati alla fuga nel bosco circostante. Un secondo sospetto è stato quasi immediatamente individuato e arrestato. All'interno dell'auto sono stati trovati una pistola PM, un caricatore per un fucile d'assalto AKM e passaporti di cittadini del Tagikistan.Quanto accaduto rappresenta un durissimo colpo per Vladimir Putin che solo pochi giorni fa aveva ha respinto gli alert provenienti dagli Stati Uniti riguardo a possibili attacchi terroristici a Mosca. Mentre scriviamo il direttore dei servizi di sicurezza russi FSBha riferito al presidente Vladimir Putin l'arresto di undici persone, tra cui quattro terroristi coinvolti nell'attentato al Crocus City Hall di Mosca. Lo fa sapere il servizio stampa del Cremlino, citato dall’agenzia stampa Tass.



Gli allarmi ignorati e la debacle dell’FSB

Lo scorso 7 marzo l'Ambasciata statunitense in Russia aveva emesso un avviso sul suo sito web, consigliando ai cittadini americani di evitare grandi raduni nella capitale russa, inclusi concerti, per le successive 48 ore a causa delle minacce terroristiche. Tale avviso è stato condiviso anche dal ministero degli Esteri britannico sul proprio sito. Tuttavia, martedì 19 marzo, la Tass ha riportato le parole di Putin che ha definito le avvertenze dell'Occidente sui possibili attacchi terroristici nel Paese come «un vero e proprio ricatto». Lo stesso vale per il Federal'najaSlužbaBezopasnosti, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (FSB), il servizio segreto che si occupa della sicurezza interna che non è stato in grado di prevenire la minaccia mentre le forze speciali russe sono arrivate sul posto con oltre un’ora di ritardo. Una debacle completa.

Che qualcosa di grosso era in preparazione lo si era capito il 7 marzo scorso quando gli uomini dell’FSB in un blitz hanno ucciso due uomini di nazionalità kazaka appartenenti all’Isis Khorasan, la branca afgana dello Stato Islamico nota anche come ISKP, in un villaggio nella regione di Kaluga, a sud di Mosca poco prima di compiere un attacco contro una sinagoga. Successivamente l’ultimo numero del giornale ufficiale dell’Isis-K, Voice of Khurasan, è stato interamente dedicato alla richiesta di compiere attacchi contro la Turchia, la Russia, l’America e contro i leader dei Talebani in Afghanistan. Mentre a Mosca regna il caos il Paese si ritrova immerso nell'incubo dei suoi anni più cupi, ricordando gli orrori delle stragi terroristiche del passato. È come rivivere il terrore del 1999, segnato dagli oscuri attentati ai condomini. Poi, gli anni Duemila hanno portato con sé gli attacchi dei commando ceceni e delle «vedove nere», con attentati suicidi su treni, metropolitane, aerei e autobus, oltre alle drammatiche prese di ostaggi al teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 e alla scuola di Beslan, nell'Ossezia del Nord, nel 2004.



Che farà ora Putin?

In molti ora scommettono sulla vendetta di Vladimir Putin sulla regione del Caucaso musulmano, tuttavia, il presidente russo dovrà riflettere a lungo se imbarcarsi in una nuova guerra dopo quella in corso con l’Ucraina. In Russia, vivono circa 25 milioni di musulmani, la più alta percentuale in Occidente (circa il 12% e il 15% della popolazione), rendendoli così la seconda confessione religiosa del Paese. Questo dato non tiene conto dei tre-quattro milioni di immigrati provenienti dalle ex Repubbliche sovietiche, né dei russi che abbracciano l'Islam attraverso la conversione. Ma perché proprio ora questo attacco da parte dei jihadisti che non hanno mai smesso di credere alla nascita dell’Emirato del Caucaso? Vladimir Putin è da sempre un nemico giurato dei jihadisti ed in particolare da quelli che fanno riferimento allo Stato islamico che ha giurato vendetta dopo l'intervento russo in Siria nel 2015, a favore dell’esercito del presidente siriano Bashar al-Assad. La vendetta dei jihadisti arriva con tempismo perfetto proprio a ridosso della scontata rielezione di Vladimir Putin che con il suo sostegno ad Hamas e alla Jihad islamica vorrebbe diventare il difensore dei musulmani su scala globale, un po’ come sta facendo da mesi il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan a sua volta odiato dai jihadisti. Con la spettacolare operazione di ieri che ricorda molto da vicino quanto accaduto a Parigi il 13 novembre 2015(137 morti e 500 feriti), oppure gli attentati di Mumbai del 26 novembre 2008 dove una serie di 10 attacchi terroristici islamici avvenuti simultaneamente nella città fecero 195 vittime e circa 300 feriti, la maggior parte indiani, l’Isis ricorda al mondo che è di nuovo in grado di organizzare operazioni complesse e letali. Ovunque.

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Stefano Piazza