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(Epa)
Dal Mondo

La tela mediorientale di Putin

Il presidente russo rafforza i suoi legami con Iran e Turchia: una situazione preoccupante per la compattezza della Nato

Vladimir Putin tesse la sua tela mediorientale. Il presidente russo si è infatti recato in Iran, in quello che è stato il suo secondo viaggio all’estero da quando ha avviato l’invasione dell’Ucraina. L’occasione è stata la partecipazione alla nuova edizione del cosiddetto “formato di Astana”: consesso, nato nel 2017 e volto a cercare di stabilizzare la situazione in Siria. In questo contesto, il capo del Cremlino ha puntato innanzitutto a rafforzare i già saldi rapporti con Teheran: nei suoi colloqui con il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, e con l’ayatollah, Ali Khamenei, è emersa infatti la volontà di espandere le relazioni bilaterali tra i due Paesi e ridurre progressivamente l’uso del dollaro nelle transazioni internazionali. Non solo: è stato anche annunciato un accordo da 40 miliardi di dollari tra Mosca e Teheran nel settore del gas e del petrolio.

Ma il rafforzamento dei legami con l’Iran non è il solo né forse il più interessante elemento emerso ieri. A Teheran si è infatti recato anche il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan: anche lui ha innanzitutto avuto incontri con Khamenei e Raisi. Nell’occasione, Turchia e Iran hanno siglato otto memorandum d’intesa in svariati settori, mentre –secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa iraniana Irna– il sultano avrebbe dato il proprio sostegno alla Repubblica islamica contro le “sanzioni unilaterali statunitensi”, appoggiando anche le sue rivendicazioni nel quadro del tentativo di rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano.

Attenzione: questo non significa che i rapporti siano totalmente idilliaci. Sulla Siria le divergenze restano piuttosto profonde: Khamenei ha infatti sottolineato di non condividere l’intenzione, espressa alcune settimane fa da Erdogan, di condurre nel breve termine una nuova incursione militare nel Paese. Resta però il fatto che su dossier cruciali come sanzioni e accordo sul nucleare la Turchia si sia avvicinata notevolmente all’Iran: un Iran che, ricordiamolo, risulta storicamente uno stretto alleato della Russia. Tra l’altro, una certa cordialità è emersa anche nel corso del bilaterale tra Putin e lo stesso Erdogan: bilaterale principalmente dedicato alla spinosa questione del grano ucraino. Insomma, al netto di alcune divergenze anche significative, Turchia, Russia e Iran sembrano aver consolidato i loro legami. E questo è un segnale fortemente preoccupante per l’Occidente.

Putin sa bene che proprio il rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano rappresenta il vero tallone d’Achille dell’amministrazione Biden. D’altronde, proprio questo dossier è alla radice del sostanziale fallimento del recente viaggio, effettuato in Medio Oriente dal presidente americano. Sia Israele sia l’Arabia Saudita hanno infatti mostrato significative preoccupazioni verso l’approccio troppo blando di JoeBiden nei confronti di Teheran. Sarebbe quindi forse il caso che, come da sempre chiedono i repubblicani, l’inquilino della Casa Bianca abbandonasse ogni velleità volta a ripristinare quella controversa intesa, i cui effetti stanno soltanto indebolendo l’influenza americana sul Medio Oriente a vantaggio di Russia e Cina.

L’altro aspetto preoccupante è il ruolo sempre più spregiudicato di Erdogan. Un Erdogan che, poco prima dell’incontro con Putin e Raisi, era tornato a minacciare di porre il veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Una mossa, questa, che può essere interpretata in due modi (non necessariamente in contraddizione). Potrebbe essere innanzitutto un'occasione per stringere l’occhio al presidente russo, che certo non nutre simpatie per l’allargamento dell’Alleanza atlantica. Ma può anche essere un avvertimento diretto allo stesso Cremlino, per evitare una sua opposizione a un'eventuale nuova incursione turca in Siria: incursione con cui Erdogan punterebbe ad assestare un duro colpo ai curdi.

Tutto questo dovrebbe pertanto spingere Biden a riconsiderare l’eccessiva arrendevolezza con cui ha trattato il leader turco nelle ultime settimane. Il presidente americano dovrebbe rendersi conto che continuare ad accontentare le sue insaziabili richieste non porterà Ankara ad allontanarsi effettivamente da Mosca. E questo è un tema che riguarda anche il ruolo della Nato nel Mediterraneo, vista l’attuale influenza di Turchia e Russia rispettivamente sulla parte occidentale e orientale della Libia. Un problema che l’Italia dovrebbe urgentemente porre alla Casa Bianca.

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Stefano Graziosi