Elezioni Usa
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ELEZIONI USA: Biden in testa su Trump

Con lo spoglio ancora in corso la situazione è di sostanziale equilibrio. Ci vorranno ore, forse giorni. La "spallata" di Biden e dei democratici di sicuro non c'è stata

Alla fine la poderosa spallata di Joe Biden non c'è stata. All'alba italiana del 4 novembre, Donald Trump si è aggiudicato definitivamente le fondamentali aree di Ohio e Florida, risultando inoltre avanti nella maggior parte degli Stati chiave: Georgia, North Carolina, Pennsylvania, Michigan, Wisconsin e Texas. L'unico Stato chiave in cui è invece l'ex vicepresidente ad essere attualmente in testa è l'Arizona. In termini di grandi elettori, ne sono stati per ora assegnati 248 a Biden e 213 a Trump: nessuno detiene quindi il quorum dei 270 necessario per conquistare la Casa Bianca. La situazione resta tuttavia sospesa a causa del voto postale, con alcuni Stati dirimenti – come Michigan, Wisconsin e Pennsylvania – che hanno già annunciato che difficilmente potrà essere proclamato un vincitore in loco prima della giornata di venerdì. Non a caso, Biden, nella tarda notte americana, è intervenuto, dicendo di puntare proprio sul voto per posta. Dura la replica di Trump, che su Twitter ha dichiarato: "Stanno cercando di rubarci le elezioni. Non glielo permetteremo. I voti non possono essere espressi dopo che i seggi sono chiusi!" Un riferimento chiaro alla Pennsylvania, dove pochi giorni fa la locale Corte Suprema ha esteso il termine di voto per posta fino al 6 novembre. Si profilano quindi all'orizzonte delle aspre battaglie legali.



Al momento il dato politico resta però significativo. In primis, come detto, non c'è stata la spallata di Biden, preconizzata da alcuni. L'ex vicepresidente ha infatti fallito nel conquistare Florida e Ohio, mentre è in difficoltà in Georgia e nella Rust Belt. In secondo luogo, le elezioni nel cosiddetto Sunshine State hanno confermato un deciso spostamento degli ispanici verso il Partito Repubblicano. Numerosi latinos hanno infatti dato il proprio sostegno al presidente, consentendogli di fatto di conquistare la Florida: una Florida in cui, secondo molti analisti, Biden sarebbe stato avvantaggiato nel voto dei bianchi anziani. Si tratta di fattori significativi, che smontano definitivamente la retorica del Trump razzista e fissato con il voto esclusivamente bianco. Era del resto chiaro da tempo che il presidente stesse facendo campagna elettorale per espandere il sostegno delle minoranze. In terzo luogo, i numeri di oggi ci dicono che Trump sia fortemente competitivo nella Rust Belt e conseguentemente nel voto operaio. Un duro colpo per Biden che puntava (e punta ancora) alla ricostruzione del cosiddetto "muro blu", di cui proprio la Rust Belt era – ai tempi di Barack Obama – parte integrante. L'aspetto è tanto più significativo alla luce del fatto che i sondaggi dessero Trump relativamente indietro in Michigan e Wisconsin. Senza poi trascurare la rimonta in Pennsylvania, dove, nel giro di appena quattro settimane, il presidente è riuscito a recuperare il netto svantaggio che lo divideva da Biden. In definitiva sembra molto probabile che, alla fine, a fare la differenza siano stati quegli "elettori silenziosi" di cui molti blasonati istituti sondaggistici avevano negato quest'anno l'esistenza.

Il futuro resta quindi al momento incerto. Se Trump confermasse definitivamente il suo vantaggio attuale, arriverebbe probabilmente alla Casa Bianca con 300 grandi elettori e – anche qualora perdesse la Pennsylvania – resterebbe comunque a quota 280: 10 in più del quorum richiesto. L'incognita del voto postale pesa tuttavia – come detto – su questo complicato scenario. Nel caso di un duello legale in materia di brogli, non si riscontrerebbero precedenti chiari a cui potersi in qualche modo affidare. Nel 1960, il comitato elettorale di Richard Nixon accusò John F. Kennedy di aver commesso delle irregolarità in Illinois e Texas, ma – alla fine – Nixon evitò di fare ricorso. Si attendono frattanto scintille già nelle prossime ore.

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Stefano Graziosi