La Cina sta dando il vaccino anti Covid-19 ai suoi soldati
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La Cina sta dando il vaccino anti Covid-19 ai suoi soldati

L'anti-covid è stato iniettato nei militari, che per Pechino sono una priorità: senza di loro impossibile contenere la pandemia. Ma neppure contrastare l'India nei territori del Ladak

Sarebbero già stati vaccinati contro la Sars-Cov-2 alcune centinaia di militari cinesi dell'Esercito di Liberazione popolare. A Tianjin, nei laboratori della CanSino Biologics (Csb) e a Pechino, presso l'Istituto di biotecnologia dell'istituto di Scienze militari (Asm), sarebbe stata creata la versione più avanzata quella che dovrebbe essere la cura per la pandemia.

La notizia era apparsa lo scorso 29 giugno grazie a un comunicato della stessa Csb rivolto però alle notizie della borsa di Hong Kong che spiegava come questo fosse il primo vaccino tra una trentina di prototipi ad aver ottenuto il permesso della Commissione militare centrale a poter essere sperimentato per un anno sui soldati. E seppure i composti arrivati alla selezione finale fossero cinque, soltanto quello della Csb, denominato Ad5-nCoV, sarebbe quello pagato completamente dal governo e che verrà prodotto industrialmente, quindi iniettato su vasta scala.

Parallelamente il China National Biotec Group (Cnbg) già alla metà di giugno aveva dichiarato la dimostrazione positiva degli effetti del suo vaccino sperimentale contro il coronavirus.

Si tratta in questo caso di un composto sviluppato da un istituto di Wuhan ma per conto della Sinopharm, la quale ha comunicato che nelle 1.120 persone tra i 18 e i 59 anni alle quali è stato iniettato non si sono sviluppate reazioni negative. A differenza del vaccino prodotto dalla Csb, questo sarà condiviso con altre aziende farmaceutiche in modo da poter essere prodotto in più parti del mondo, così come lo sarà il terzo vaccino attualmente in fase avanzata di sperimentazione, prodotto dalla Sinovac Biotech ma pagato in parte dal Brasile dove è in fase di test.

L'importanza di dare precedenza ai militari deriva dal fatto che i protocolli sanitari che hanno portato all'isolamento di Wuhan e alla circoscrizione, quindi al controllo della pandemia, si sono basati sullo schieramento delle forze armate e certo Pechino non può permettersi di veder cadere i suoi soldati in malattia, come invece è accaduto ai militari Usa imbarcati sulla portaerei Roosevelt due mesi fa, con quasi 1.200 casi e la necessità di confinarla presso la base di Guam prima di evacuarla.

Intanto si è appreso che altri due prototipi di vaccino sarebbero pronti per essere sperimentati presso la Anhui Zhifei Longcom Biopharmaceutical e dagli scienziati militari che operano in collaborazione con la partecipata Walwax Biotechnology.

Tornando all'Ad5-nCoV di Csb, il metodo con il quale agisce sarebbe lo stesso utilizzato in passato per la cura di Ebola, ovvero un virus che causa il comune raffreddore viene usato come vettore dopo averlo geneticamente modificato perché possa replicarsi e agire attraverso una proteina in grado di generare la risposta immunitaria nell'organismo umano entro due settimane dall'iniezione. Questa è quindi stata la dimostrazione che ha permesso all'azienda di superare la fase 1 della selezione, mentre ora si attendono i risultati della fase 2, ricavati dalle reazioni di individui, appunto i militari, che non seppur sotto osservazione vivono continuando la loro abituale occupazione.

Se anche la seconda fase di test sarà superata senza problemi, la terza vedrà la vaccinazione massiva delle forze armate cinesi.

Ma dopo il balzo in borsa della Csb provocato dalla notizia dei risultati raggiunti, non sono state rese note altre informazioni perché Pechino non intenderebbe mettere in vendita questa sostanza neppure per il mercato interno, mantenendola riservata allo scopo di immunizzare i suoi soldati, anche considerando quanto sta accadendo al confine indiano nella regione del Ladak, dove sono in corso scontri da quasi un mese. Questo però sarebbe un tradimento rispetto a quanto dichiarato il 18 maggio scorso dal Presidente Xi Jinping, quando annunciò ai vertici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che il vaccino cinese sarebbe stato messo a disposizione della comunità internazionale appena disponibile.

Attualmente in tutto il mondo sarebbero in fase di sperimentazione circa 150 vaccini, dei quali però soltanto 130 sono in uno stato pre-clinico e meno di una decina sono quelli di provenienza cinese.

L'idea di Pechino è senza dubbio quella di arrivare per primi a offrire al mondo un rimedio contro il Covid-19 conquistando quindi un primato in ambito scientifico che salverebbe l'inevitabile caduta di popolarità della Cina dopo i fatti di Wuhan e ora quelli di Pechino, dove sono comparsi nuovi focolai. Una corsa, questa, che dovrebbe vedere i suoi effetti finali entro due mesi da oggi, quando la sperimentazione potrà considerarsi conclusa.

Nel resto del mondo si corre quanto in Cina per avere il vaccino. All'università di Oxford, insieme con la farmaceutica Astrazeneca, i ricercatori stanno per cominciare la fase tre della sperimentazione del ChAdOx1-S e della mRma1273 realizzata dall'americana Moderna Therapeutics insieme con il National Institute of Allergy and Infectious Disease del National Institute of Health. Paiono invece in lieve ritardo gli scienziati che lavorano a Mosca sul progetto della Gamaleya Research e quelli che operano da Londra per conto delle americane Inovio Pharmaceuticals e Novavax, così come i loro colleghi della Genexine (Corea del Sud) e della CureVac tedesca. Proprio in Germania sono in studio i vaccini da parte di Pfizer e Dynavax, nonché alcune proteine elaborate da Clover Pharmaceuticals, Glaxo Smith Kline, BioNTech e Fosun Pharma.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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