Dragone Cina domina mondo
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Pechino posiziona la “Coda del drago”, dopo Gibuti, nuova base alle isole Salomone

L'allargamento della Cina verso l'Australia non si ferma. E la tensione nell'area del Pacifico sale ancora

Dopo Gibuti la Cina sta conquistando un'altra base strategica permanente alle isole Salomone, a soli duemila chilometri dalle coste australiane. La povertà delle isole del Pacifico e il disinteresse occidentale hanno portato Pechino a poter creare in quell'area un forte interferenza politica basata essenzialmente sulla disinformazione e il dominio finanziario. All'inizio di agosto una società statale cinese aveva negoziato l'acquisto di un'area portuale con tanto di pista di atterraggio situata nelle poverissime Isole Salomone, una serie di strutture inizialmente costruite dagli americani nella seconda guerra mondiale, non lontane da Guadalcanal, dove esiste una foresta di latifoglie. Si tratta di due terzi dell'isola di Kolombangara, 14.000 ettari di verde, dei quali 24.000 protetta, e vaste aree pianeggianti. Fu visitata nel 2019 da una delegazione della China Forestry Group Corporation, società di proprietà statale, i cui funzionari però si erano poco interessati al verde ma avevano chiesto quanto fosse lungo il molo e quanto profonda l'acqua. Nello stesso anno le Salomone avevano interrotto i rapporti diplomatici con Taiwan a favore di Pechino, o meglio dei soldi cinesi.

Cadute ad agosto 2022 le limitazioni Covid agli spostamenti, i cinesi sono tornati alla carica. Silas Tausinga, un parlamentare delle Isole Salomone il cui elettorato è di Kolombangara, ritiene che l'ambizione della Cina sia in realtà di installare una base militare. La Cina ha mobilitato fondi per sostenere il primo Ministro del Paese Manasseh Sogavare distribuendo nel 2021 ben 365.000 dollari direttamente ai membri del parlamento a lui fedeli. Sogavare ovviamente afferma che si tratta di un ulteriore sostegno per rivitalizzare l'economia, ricevendo in cambio insulti e accuse di corruzione dall'opposizione. Ruth Liloqula, capo di Transparency International nelle Salomone, ha dichiarato alla Abc americana: “Diamo tutti per scontato che la Cina stia controllando a distanza il governo e gli affari delle Isole Salomone. La Cina ha interesse per i minerali, il legname e a sviluppare un sito strategico che in futuro potrebbe essere utilizzato per altri scopi". Per comprendere l'influenza cinese nell'area basta ricordare che nel 2019 Pechino è stata la principale destinazione delle esportazioni di legname con un valore totale vicino a 515 milioni di dollari e che delle 16 nazioni riconosciute del Pacifico, solo le Isole Marshall, Nauru, Palau e Tuvalu oggi mantengono relazioni diplomatiche con Taiwan. Quanto a Kolombangara, essa si trova di fronte al centro provinciale ed economico di Noro, sede della flotta di tonni del paese, e nella vicina città di Munda, la Cina sta costruendo un nuovo terminal aeroportualeinternazionale senza nascondere le sue ambizioni nell'ovest del Paese. Nel giugno scorso, l'ambasciatore cinese alle Salomone Li Ming aveva donato barche da pesca e motori alla gente del posto sull'isola di Marovo, mentre già da tempo l'addestramento militare, le armi, i mezzi industriali e di polizia presenti alle Salomone sono cinesi; la Marina di Pechino ha il diritto di approdare e usare le infrastrutture dell'arcipelago senza chiedere permessi per ogni operazione logistica e strategica voglia compiere, e il governo delle Salomone può richiedere interventi militari per sedare risolte interne.

A preoccuparsi ovviamente è l'Australia, che per contrastare l'avanzata cinese ha accettato di finanziare i lavori di pianificazione e progettazione per aggiornare il porto commerciale di Noro e pagando la costruzione della rete telefonica cellulare in tutto il paese, estromettendo la cinese Huawei, che però sta spingendo per costruire 160 ripetitori cellulari in varie zone dell'arcipelago.

Ora la vicenda si complica ulteriormente poiché Pechino ha avanzato anche l'intenzione di acquistare le Clonflict Island, un gruppo di atolli posizionati al largo di papua Nuova Guinea ma a metà strada esatta tra l'Australia e le Salomone, attualmente di proprietà dell'imprenditore Ian Gowrie-Smith, che le aveva inizialmente offerte a Canberra. Qualche giorno fa, rivolgendosi ai media, il primo ministro australiano Anthony Albanese ha affermato che l'Australia sta facendo molto per sfidare la Cina ma che non ha alcuna intenzione di proporre l'acquisto dei 21 atolli corallini. Ian Gowrie-Smith aveva inviato un'e-mail al ministro degli Esteri australiano Penny Wong a giugno con un'offerta di vendita per 25 milioni di dollari Usa affermando che, poiché dalle sue isole passano i tre enormi cavi sottomarini che collegano le reti di comunicazione australiane, esse potessero essere d'interesse per la sicurezza nazionale, stante anche la tensione militare dell'area pacifica tra Australia, Giappone, Taiwan e Cina è molto alta. Ma aveva anche avvertito che se non avesse ricevuto risposta entro un mese le avrebbe vendute a Pechino. Trascorso agosto, Gowrie-Smith si è dichiarato ai media sconcertato dalla mancanza d'interesse australiana affermando che il suo agente stava già parlando con acquirenti cinesi. L'Australia ora si trova con le spalle al muro, poiché anche le isole Figi hanno rinnovato l'accordo di sicurezza stipulato nel 2011 con la Cina, che garantirebbe loro il controllo delle frontiere, l'equipaggiamento e la formazione militari. Inoltre l'accordo con le Salomone avrà una durata quinquennale automaticamente rinnovabile, dunque soltanto una forte iniziativa occidentale potrebbe fermare quella che ormai tutti nel Pacifico chiamano la “Coda del drago.”

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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