beppe grillo
(Ansa)
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Il caso Grillo riporta al centro l'attività di lobby, e la nuova legge

L'inchiesta sul comico genovese capita proprio mentre in Parlamento si discute la nuova legge che regolamenta un'attività troppo spesso confusa con qualcosa di losco e misterioso. Ma importante e necessaria

Quando ci sono di mezzo stakeholder istituzionali, aziende e attività lobbistica non c'è mai una via semplice. Il caso di Beppe Grillo, agli onori delle cronache, sarà analizzato dalla magistratura che accerterà eventuali illeciti. Detto questo, la coincidenza dell'emersione di questo caso di cronaca con l'approvazione alla Camera di un testo di legge che unifica tre proposte firmate da Movimento 5 Stelle e Italia Viva, rende il tema decisamente caldo.

E dunque, torniamo al punto. Che cosa ne pensa un lobbista della regolamentazione? Questa domanda, postami periodicamente e ripetutamente nel tempo da manager, imprenditori, politici, funzionari, consulenti e varie altre categorie è la domanda delle domande per chi a qualsiasi titolo si occupa o interessa di questa affascinante e chiacchierata professione.
Una risposta univoca e completa non esiste, e di conseguenza chiunque negli anni abbia voluto cimentarsi sull’argomento ha potuto esporre la propria tesi riempiendo libri, giornali e paginate sui social network, seguendo passo passo le novità sul tema e i timidi tentativi che le istituzioni stesse hanno provato a più riprese ad offrire. Soluzioni diverse e personalizzate in base al momento storico e alla capacità di protagonismo di chi ne cavalcava l’onda.

Di sicuro però il riconoscimento che un processo decisionale trasparente da parte del decisore pubblico debba tenere conto, nel contesto moderno, di una pluralità di portatori di interessi e attori a vario titolo coinvolti è un assunto da tenere fermo.
Negli ultimi 50 anni sono stati presentati quasi cento disegni di legge volti a regolamentare questi rapporti, centinaia di disposizioni normative che in forma frammentata a vario titolo provano a regolare la rappresentanza di interessi ed anche alcuni registri degli aventi diritto istituiti negli ultimi dieci anni presso Ministeri e Camera dei Deputati
Come sottolineavo in premessa, è del 12 gennaio 2022 l’ennesima puntata, la più rilevante della storia, di questa travagliata e discussa tematica. L’Assemblea della Camera dei Deputati ha infatti approvato quel giorno la proposta di legge per la “Disciplina dell’attività di rappresentanza degli interessi particolari e istituzione del registro pubblico dei rappresentanti di interessi” (in sostanza legge sul lobbying).

Ora il provvedimento passerà per la discussione al Senato (dove non vi è alcuna certezza sulle tempistiche dell’esame del provvedimento che, se non concluso entro il termine della legislatura a marzo 2023 - oppure prima, finirebbe nel nulla), però si può già parlare di un’occasione eccezionale perché è la prima volta che un provvedimento tale supera sia la discussione in Commissione che il successivo voto in Aula. Diciamo che è il tentativo che è arrivato più avanti di tutti, e forse proprio il caso di cronaca che riguarda Beppe Grillo può spingerlo sulla corsia veloce oppure azzopparlo in modo fatale.

La principali novità introdotte dalla proposta di legge sono la costituzione del “Registro pubblico per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi” e l’istituzione di un “Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici”. Entrambi saranno gestiti dall’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) e, con particolare riferimento al registro, si dovranno iscrivere i lobbisti per svolgere le loro attività, garantendo così la trasparenza degli incontri con i decisori pubblici ed elencando settimanalmente l’attività svolta e i risultati raggiunti. Viene inoltre previsto, cosa importante alla luce delle vicende di cronaca, il divieto di finanziare in qualsiasi modo i decisori. A questo registro, secondo il testo approvato, non potranno iscriversi né i parlamentari durante il mandato né chi ha avuto incarichi di governo nazionale o regionale per un anno dalla cessazione del mandato.

Sono delle norme di buonsenso, partorite - come quasi sempre le buone leggi - in un'ottica di superamento degli steccati laddove, ci dimostra ancora una volta la cronaca giudiziaria, le semplificazioni sono all'ordine del giorno, le strumentalizzazioni una deleteria pratica quotidiana e tuttavia le problematiche assai comuni. Il caso Grillo è prevedibile che produrrà una nuova demonizzazione di un mestiere che, laddove svolto con la massima attenzione per le leggi (e non basta! Anche la massima attenzione per l'etica, che non è secondaria), è essenziale per la vita democratica non solo italiana, ma di ogni Paese occidentale. Liberarsi dei preconcetti e sperare davvero in un esito legislativo, questa volta, potrebbe essere davvero una buona notizia.

Info: in-rete.net

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Simone Dattoli