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(Ansa)
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Il nuovo allarme sulla «povertà relativa»

I dati Caritas diffusi in settimana sul numero delle persone in grande difficoltà economica non tiene conto di chi è in bilico e verrebbe messo in crisi da una spesa imprevista

In Italia secondo i dati del rapporto Caritas “L’anello debole”è allarme povertà dove un italiano su 10 lotta contro l’indigenza. Infatti i poveri assoluti nel nostro Paese nel 2021 sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini. Una fotografia che desta preoccupazione soprattutto perché i piu colpiti sono i giovani che hanno “ereditato” dalle famiglie di appartenenza una povertà che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorreranno almeno cinque generazioni affinché una persona che nasce in una famiglia povera possa raggiungere un livello medio di reddito. Dal rapporto emerge inoltre che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dai disastrosi effetti della pandemia, ancora in corso, e dalle ripercussioni della vicina guerra in Ucraina. Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente. Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.
Ma non è solo la Caritas ad lanciare l’allarme con la convinzione che, vista l’attuale crisi economica, la situazione non potrà altro che peggiorare.

«Sulla scorta della pubblicazione del rapporto della Caritas, la situazione che si evince è ben nota. Ci portiamo dietro quelle che sono le ferite della crisi sanitaria che si è trasformata in una crisi economico-sociale di proporzioni vastissime» commenta Rosario Valastro, Vice Presidente Croce Rossa Italiana.

Questo cosa comporta?

«Comporta che a rimetterci sono soprattutto i più giovani, perché questa sorta di povertà ereditaria è un campanello d’allarme gravissimo e genera sfiducia nei giovani e nei genitori che non vedono un futuro per i loro figli. I sportelli sociali sono aumentati tantissimo, c’è una richiesta crescente che non è limitata solo al pacco spesa ma ad una serie di vulnerabilità preoccupanti che ci spingono insieme alle altre associazioni ad accendere le luci sull’emergenza sociale ormai conclamata».

Mentre per Giovanni Bruno Presidente della Fondazione Banco Alimentare c’è il rischio di un aumento di circa un milione di poveri entro giugno.

«I dati del report Caritas riportano i numeri statistici Istat della povertà assoluta ossia delle persone che non riescono a soddisfare i bisogni primari. Ma c’è anche una “povertà relativa” da tenere sotto osservazione che riguarda persone che hanno un tenore di vita essenziale».

Cosa si intende per povertà relativa?

«Ad esempio per una famiglia di 4 persone che guadagna circa 1700 euro euro al mese si può parlare di povertà relativa e proprio questi nuclei familiari sono a rischio perché al minimo imprevisto possono scivolare sotto la soglia di povertà assoluta. La nostra preoccupazione infatti è di superare a giugno il 10% con oltre 6 milioni di poveri. Inoltre le persone che chiedevano un aiuto saltuario ora lo chiedono regolarmente. Noi di Banco Alimentare ci siano occupati di 1.680.000,00 di persone povere divenute nei primi del 2022 1.750.000,00 nonostante una ripresa del Pil del 6-7% che non vedevamo dal 1972 ma l’inflazione dell’ 1,9% ha impedito di risalire la china alle persone».

Anche Giampaolo Cavalli, direttore Antoniano che con il progetto “Operazione Pane”, sostiene una rete di 18 mense francescane distribuite lungo tutta la Penisola ha notato un aumento di richieste di aiuto.

«Purtroppo i dati di Caritas sono molto realistici. Infatti abbiamo registrato in tutte le realtà delle mense sparse sul territorio italiano un aumento di poveri e della domanda di aiuto senza precedenti. Purtroppo credo che i prossimi mesi saranno ancora più duri nonostante la realtà delle nostre mense sia il gradino più basso, il punto di arrivo della discesa nella scala sociale».

Che tipo di persone vengono da voi?

«Le persone che non riescono a garantirsi un pasto perché non hanno le risorse sufficienti per avere un piatto caldo davanti ogni giorno. Sono persone che vivono di espedienti o che hanno perso il lavoro. Il dato impressionante è anche i giovani sono molti più numerosi di quello che si possa pensare e non ci sono solo persone senza fissa dimora».

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Linda Di Benedetto