Popa Francesco a Molfetta
ANSA/ANNAMARIA LOCONSOLE
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Papa Francesco a Molfetta: il suo messaggio contro guerra e povertà

In Puglia per il 25° anniversario della morte di don Tonino Bello, rinnova un accorato appello alla pace. Ecco cosa ha detto

"Se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra". Nel nuovo accorato appello a favore della pace e contro tutti i conflitti e la corsa agli armamenti lanciato in Puglia nel corso della visita odierna ai luoghi di don Tonino Bello, il vescovo apostolo della pace, papa Francesco pone significativamente l'accento su due parole-chiave, la povertà e la guerra. Non una semplice rivisitazione semantica, ma un ennesimo altolà contro “egoismi, sfruttamenti e sopraffazioni”, cause sia di impoverimento di intere popolazioni, che di conflitti, scontri armati, distruzioni di massa che stanno dilaniando il Medio Oriente e la Terra Santa, e la Siria dove, stando alle accuse di Usa, Gran Bretagna e Francia, sono state usate persino bombe chimiche.

Papa Bergoglio è tornato a denunziarlo prendendo quasi in “prestito” gli appelli lanciati a suo tempo da monsignor Bello, scomparso il 20 aprile di 25 anni fa, pochi mesi dopo aver guidato anche come presidente di Pax Christi – benché già minato dal male che lo avrebbe portato alla morte - un pellegrinaggio nella martoriata Sarajevo. Un anniversario che il papa ricorda pregando sulla tomba del vescovo nella natia Alessano e nella messa celebrata a Molfetta, dove don Tonino fu vescovo per 10 anni.

L'esempio di don Tonino, vicino ai poveri

Due tappe contrassegnate da tematiche altamente sociali, come la lotta alla povertà e la vicinanza “concreta” ai più bisognosi (ad Alessano) e la condanna delle guerre e della corsa agli armamenti, ribadita a Molfetta. Ad accogliere il papa oltre 20 mila persone, alle quali Francesco ricorda che "don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero. Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l'indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l'incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità. Non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra".

E ancora: "La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione... Don Tonino è uomo della sua terra, perché in questa terra è maturato il suo sacerdozio. Qui è sbocciata la sua vocazione, che amava chiamare evocazione: evocazione di quanto follemente Dio predilige, ad una ad una, le nostre fragili vite...". "Il nome di 'don Tonino' - conclude il Papa - ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Don Tonino non lo faceva certo per convenienza o per ricerca di consensi, ma mosso dall'esempio del Signore. Nell'amore per Lui troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere 'Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo'".

Il rifiuto della guerra e l'apertura verso l'altro

Altrettanto profetiche le parole contro armi e guerre pronunciate davanti ad oltre 50 mila pellegrini giunti a Molfetta. "Don Tonino – ricorda Bergoglio - tra voi è stato un Vescovo-servo, un Pastore fattosi popolo, che davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente". "Sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante ad ogni mondanità - ha aggiunto -, una Chiesa che 'sa scorgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudine'". "Vivere per", ha detto ancora il papa, è il "marchio di fabbrica" del cristiano, che – come ha costantemente insegnato don Tonino per tutta la vita - “deve sempre rifiutare la guerrra, spendersi per la pace, mettere al bando produzione di ordigni di morte".

Parole e moniti che, per il Pontefice, "si potrebbero esporre come avviso fuori da ogni chiesa con con espressioni del tipo: 'Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri'". Ribadendo poi a braccio: "Sarebbe bello che in questa diocesi di don Tonino Bello ci fosse un avviso simile alle porte della chiesa perché sia letto da tutti".

"Don Tonino – secondo Bergoglio - sosteneva che la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. (...) La pace è qualche cosa di più: è convivialità. È 'mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diverse', dove 'l'altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare'". "Perché i conflitti e tutte le guerre 'trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti' - ha aggiunto -. E noi, che condividiamo questo Pane di unità e di pace, siamo chiamati ad amare ogni volto, a ricucire ogni strappo; ad essere, sempre e dovunque, costruttori di pace".


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Orazio La Rocca