Crocetta e il 25 luglio della sinistra siciliana
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Crocetta e il 25 luglio della sinistra siciliana

Dopo 10 mesi il Pd siciliano rompe con il governatore: la fine di un modello mai nato

È il Matteo Renzi con la panza e infatti anche Rosario Crocetta usa il renziano «non mi asfalteranno», «non mi faccio mettere la museruola da nessuno», «vogliono solo le poltrone». E l’odio della nomenclatura del Pd che ha appena deciso di togliere il sostegno al suo governo regionale è la Kriptonite che lo trasforma da mediocre governatore a perseguitato, da astuto strapotente a eretico, la sua vanità in piagnisteo. E certo fa ridere questo Aventino del ficodindia  messo in scena dal Pd siciliano che adesso decide di togliere il sostegno al governatore dopo aver chiesto invano i posti di governo, il trespolo del potere, qualche assessorato che Crocetta ha sempre negato.

Crocetta accusa il Pd e il Pd accusa Crocetta di essere venuto meno ai patti. Il suo non è più un modello, ma il 25 luglio della sinistra siciliana, con un governatore osannato come capo spirituale di una sinistra che in Sicilia è stata da sempre condannata alla testimonianza, all’innesto, alle larghe intese come educazione. In dieci mesi Crocetta è riuscito a ridurre il Pd siciliano a gregario di governo, escluso dal tiaso di donne di cui il governatore ha deciso di circondarsi per guidare la sua giunta.

Anche gli assessori, che non vogliono dimettersi nonostante siano di nomina politica, si sono affrancati dalle varie correnti per iscriversi al partito del governatore, quel “Megafono” che ha nel senatore Beppe Lumia il suo ayatollah, esponente di quella sinistra che ha fatto carriera con l’antimafia poi saldatasi con il pezzo migliore di Confindustria, quella di Ivan Lo Bello, di Antonello Montante che hanno schermato il governatore da qualsiasi critica e usato contro gli avversari l'accusa di «mafiosità» come un categoria dello spirito.

E bisogna riconoscere la destrezza con cui Crocetta in questi mesi è riuscito prima a conquistare il Movimento Cinque Stelle (un esperimento che aveva fatto parlare con il solito cliché di “Modello Sicilia”) e poi a servirsi di una carovana di deputati che in dieci mesi hanno costituito battaglioni di riservisti al seguito di Crocetta, evangelisti del nuovo verbo che senza sussulti di coscienza sono passati dalla vecchia militanza nel partito dell’ex presidente Raffaele Lombardo  (dimesso per l’accusa di associazione mafiosa) all’intransigenza contro la mafia di cui Crocetta ha perfino abusato al punto da svuotarla in un cammilleresco linguaggio: le compromissioni chiamate in un improbabile siciliano «manciugghia», la mafia usata a pretesto per scelte autoritarie.

La nuova Sicilia che con Crocetta, per la prima volta nella sua storia, ha scoperto la fine del dongiovannismo e il vanto di un governatore omosessuale e cattolico ha le sfumature del «nuovo fondamentalismo» di cui ha parlato Antonello Cracolici, ex capogruppo del Pd in consiglio regionale. E però anche il fondamentalismo di Crocetta è, come qualsiasi deriva, un pieno che riempie un vuoto. Crocetta ha commissariato il Pd che ha perso voti e credibilità, è riuscito a imporre il suo linguaggio esagerato a un Pd che ha dovuto fare a meno degli “impresentabili”, Nino Papania e Vladimiro Crisafulli, sommerso dalle accuse che riguardano il settore della Formazione, una mangiatoia dove si abbeveravano uomini come Francantonio Genovese, ex segretario regionale del partito in Sicilia. Senza maggioranza, Crocetta, è pronto a chiedere il sostegno anche al Pdl, lancerà la sua campagna di reclutamento. Sarebbe la genetica applicata alle larghe intese. La politica come chimica, la provetta dei caudilli.

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Carmelo Caruso