Crisi e famiglie: il rapporto Istat 2014
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Crisi e famiglie: il rapporto Istat 2014

La vita media in continuo aumento e la persistente bassa fecondità ci hanno resi il Paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo: scarica il rapporto   - Vota il sondaggio

«La vita media in continuo aumento  da un lato (79,6 anni per gli uomini e a 84,4 anni per le donne), e il regime di persistente bassa fecondità dall’altro (1,42 figli per donna contro l'1,58 medio Ue), ci hanno fatto conquistare a più riprese il primato di Paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo». Lo scrive, nel suo annuale rapporto , l'Istat , l'ente di ricerca pubblico tra i cui compiti c'è anche quello di censire la popolazione: «Alla fine dell'anno i bambini iscritti all'anagrafe saranno poco meno di 515.000 bambini, 12.000 in meno rispetto al minimo storico registrato nel 1995» scrive ancora il rapporto che non esita a dare la colpa del declino demografico italiano alle sempre più forti incertezze economiche delle famiglie.

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Il declino sarà più marcato nel Mezzogiorno, dove tra trent'anni la proporzione di ultrasessantacinquenni per 100 giovani con meno di 15 anni risulterà più che raddoppiata, passando da 123 a 278, contro la volta e mezza del centronord che passerà, da 159 a 242. Il calo della natalità, ravvisabile per altro in quasi tutti i paesi europei (seppur con ritmi e intensità diverse)  si accompagna invece al fatto che le donne italiane non solo fanno meno figli ma le fanno sempre più tardi. La crisi economica e demografica si ripercuote, secondo l'Istituto, anche sul numero di giovani, tra i 18 e i 29 anni, che sono andati all'estero per cercare fortuna. Sono sempre di più, soprattutto dopo la crisi del 2008: «Nel 2012 hanno lasciato il Paese oltre 26.000 giovani tra i 15 e i 34 anni, 10.000 in più rispetto al 2008. Negli ultimi cinque anni sono stati 94.000 i giovani che hanno lasciato i confini nazionali».

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Quello che l'Istat definisce il debito demografico sarà pagato secondo l'Istat dalle generazioni future, soprattutto in termini di previdenza, spesa sanitaria, assistenza a causa del calo sempre più marcato della popolazione attiva. La crisi economica per altro ha avuto e avrà effetti sempre più marcati anche sulla struttura delle famiglie, dove si accentua la tendenza alle crescita dei nuclei unipersonali, cresciuti del 23,1 per cento tra il 2006-2007 e il 2012-2013 a causa dell'invecchiamento della popolazione e di tendenze culturali ed economiche di lungo periodo. Emerge che le coppie con figli sono sempre meno numerose: sono circa 8 milioni e 600 mila (circa 320 mila in meno rispetto al 2006-2007) e rappresentano appena il 34,6 per cento del totale delle famiglie (media 2012-2013). La forma familiare più tradizionale, dunque, che, ancora 20 anni or sono (1993-1994) era maggioritaria, rappresenta oggi meno di una famiglia su tre. 

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La crisi economica produce effetti,  contrariamente alla percezione diffusa, anche sugli arrivi degli stranieri in Italia che è andato calando - nonostante i picchi - negli ultimi anni, con un saldo - pur sempre positivo - ma che si va riducendo di anno in anno. Qualche dato: nel 2012
gli iscritti all'anagrafe dall’estero sono stati 351 mila, in diminuzione rispetto al periodo pre-crisi che erano stati 527 mila unità nel 2007.  Aumenta contestualmente, sempre a causa della crisi, il numero di stranieri che lasciano l'Italia in cerca di fortuna, da quasi 51 mila nel 2007 a oltre 106 mila nel 2012. Ma quali sono le nazionalità più presenti in Italia? La comunità straniera più rappresentata,  tra gli immigrati è quella rumena che conta quasi 82 mila iscrizioni, seguono quelle cinese (oltre 20 mila), marocchina (quasi 20 mila) e albanese (14 mila).  Al 1° gennaio 2013 quasi 10 cittadini stranieri ogni 100 residenti a fronte del 3 per cento del Mezzogiorno (7,4 per cento a livello medio nazionale). 

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