Vado Ligure, sulla centrale a carbone di De Benedetti indaga l'Antimafia
La grande centrale della Tirreno Power, di cui la famiglia De Benedetti è azionista, viene indagata dall’Antimafia di Genova anche per lo smaltimento del carbone bruciato. Intanto «La Repubblica» continua a ignorare le inchieste
A Savona l’aria è rarefatta. Gli echi della fragorosa inchiesta sull’inquinamento ambientale della Tirreno Power non si sono spenti. Il giornalaio di piazza Sisto IV continua a scodellare locandine gialle, per dare fiato anche agli spifferi giudiziari più esili. La procura indaga alacremente: questo è certo. Una consulenza tecnica, consegnata nel giugno 2013 ai magistrati, ha dato corpo ai timori di chi vive all’ombra della centrale a carbone di Vado Ligure, al confine con il capoluogo.
Le emissioni dell’impianto di cui è azionista la Sorgenia, società energetica che fa capo alla famiglia di Carlo De Benedetti, avrebbero causato un significativo aumento di morti e malattie: 1.000 decessi, secondo la stampa locale. Un’inchiesta complessa e mastodontica, su cui pendono le speranze di cittadini, famiglie delle vittime e associazioni ambientaliste. Su cui però quasi tutta la stampa nazionale, che pure ha scritto sdegnate paginate sull’Ilva di Taranto, ha scelto di tacere. E tra i silenzi spicca quello di Repubblica, il quotidiano di cui De Benedetti è l’editore.
Le verifiche della Procura di Savona richiederanno tempo e lena. Ma c’è un’altra indagine sulla centrale di Vado Ligure. La sta portando avanti, nel riserbo più assoluto, la Direzione distrettuale antimafia di Genova, con l’ausilio del Noe, il nucleo ecologico dei carabinieri. Una decina di persone sono indagate per traffico illecito di rifiuti: tra queste c’è il responsabile della centrale, Pasquale D’Elia. Sotto accusa è finito lo smaltimento dei residui di combustione: le ceneri del carbone che la Tirreno Power vende perlopiù ad alcuni cementifici del basso Piemonte. Scarti della lavorazione che poi vengono smaltiti o riutilizzati per fare il calcestruzzo. Rifiuti speciali, che possono essere altamente nocivi: per questo l’azienda, come prevede una legge del 2006, è responsabile anche del riutilizzo delle scorie.
L’indagine è partita lo scorso febbraio. Il 15 di quel mese i carabinieri sono entrati alla Tirreno Power per verificare la qualità e la quantità di cenere che usciva dallo stabilimento. Gli investigatori hanno sequestrato documenti, bolle d’accompagnamento, autorizzazioni. Una montagna di carte che adesso il Noe sta controllando minuziosamente. Basti pensare che, solo nel 2012, l’azienda ha ceduto 1.273 tonnellate di ceneri pesanti e 155 mila tonnellate di ceneri leggere.
Il primo passo dell’inchiesta dell’Antimafia è stato quindi l’acquisizione delle carte nella centrale di Vado. Alla Tirreno sono stati prelevati dei campioni: per capire se gli scarti siano stati classificati correttamente anche all’origine. Ora gli inquirenti stanno vagliando i passaggi successivi. Anche nei cementifici coinvolti nell’indagine della Dda di Genova sono stati raccolti documenti e autorizzazioni. E soprattutto il Noe ha verificato che siano state adottate le stringenti procedure previste. A seconda del tipo di carbone utilizzato, viene infatti prodotta cenere pesante o leggera, con quantità più o meno alta di incombusto. Maggiore è questa percentuale, più complesso e oneroso diventa il trattamento. I costi di smaltimento dipendono dunque dal tipo di residuo.
Gli investigatori stanno dunque controllando se il rifiuto sia stato in qualche maniera «declassificato»: trattato cioè in modo più semplice ed economico, nonostante la sua tossicità. Un modus operandi che comporterebbe significativi risparmi per l’azienda, ma grandi rischi per l’ambiente. Infine i carabinieri hanno accertato l’uso finale degli scarti: lo riempimento delle buche, blocchi di cemento, calcestruzzo per le opere pubbliche. Gli esperti del Noe, nelle scorse settimane, hanno eseguito carotaggi. Adesso il materiale prelevato sarà analizzato per capire se è stato usato opportunamente. E soprattutto, dopo i trattamenti previsti dalla legge.
L’azienda ostenta tranquillità: «La verifica riguarda le procedure applicate per la cessione a soggetti terzi autorizzati dei sottoprodotti certificati della produzione, ceneri e gessi. Da parte della società, che da sempre esegue severi controlli interni, esiste la piena consapevolezza di avere applicato con rigore quanto prescritto dalla normativa vigente. La società ha fornito dunque, in un clima di totale trasparenza e collaborazione tutta la documentazione richiesta dall’autorità giudiziaria».
Investigatori e magistrati sono intenzionati ad andare a fondo. Anche per rispondere alle paure della popolazione, che si sente abbandonata da distratti amministratori e blandi controllori. Il filone principale sui danni alla salute per l’inquinamento ambientale è in mano al procuratore di Savona, Francantonio Granero. L’inchiesta sulle ceneri dell’Antimafia di Genova, coordinata da Giovanni Arena, dovrebbe concludersi entro Natale. Ma gli investigatori non stanno trascurando anche altri filoni d’inchiesta, come eventuali irregolarità nella concessione degli appalti. A Vado per quarant’anni hanno inalato carbone e paura. Adesso, all’ombra delle ciminiere, si respira un refolo di speranza.
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