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Ansa
Calciomercato

Stipendi super e rinnovi a salire: per i calciatori il Covid non esiste

Da Donnarumma e Dybala, viaggio nelle richieste delle star del pallone. Che, insieme ai loro agenti, non sembra aver compreso come la crisi sta mettendo in ginocchio il calcio mondiale

Guai ad avere un top player in scadenza o quasi nell'era del Covid. Guai ad avere come interlocutore uno dei procuratori di grido - Mino Raiola ma non solo - evidentemente incuranti della crisi che ha colpito il mondo intero con la pandemia e, restando al piccolo orticello del pallone, sta mettendo in ginocchio tutti i club. Nessuno escluso. Guai, perché la dieta dimagrante del calcio sembra valere per tutti tranne che per loro.

Non basta che sia spiegato come in un paio d'anno le società europee maggiori vedranno smaterializzarsi ricavi per 7-8 miliardi di euro e nemmeno che si ormai chiaro come buona parte di quei denari dovranno essere immessi nel sistema dai proprietari per evitare il default. Se avranno la forza di iniettarli e non saranno a loro volta alle prese con la crisi nei rispettivi settori industriali. Non basta giocare da un anno in stadi vuoti, vedere gli sponsor che scappano e gli stipendi che - nella migliore delle ipotesi - vengono ritardati e spalmati con accordi via via più affannosi.

Un quadro che dovrebbe suggerire prudenza, anche ai privilegiati di quel mondo che non è più la bolla in costante crescita degli ultimi anni. Non è così, non nei piani alti della piramide perché appena si scende di stipendio e di categoria ci si accorge che la crisi sta riducendo tanti a più miti consigli. Nell'olimpo delle star, invece, il tempo sembra non essersi mai fermato. Anzi, è tornato indietro al 2019 come se il Covid non fosse mai esistito.

Qualche esempio? A Dybala sembra non bastare un'offerta al rialzo dai suoi già tanti 7,5 milioni netti per dare una risposta alla Juventus (l'ultimo botta e risposta addirittura con il presidente Agnelli risale a dicembre), Messi attende di sapere cosa resterà del faraonico contratto da oltre 50 che il Barcellona gli ha garantito fin qui e Ronaldo si sposterà da Torino (se si sposterà) solo se verrà trovata una soluzione che non lo penalizzi.

Poi c'è il caso di Mino Raiola, potente agente che ha in mano le carriere di alcuni dei giocatori più in vista e il cui lavoro incrocia in questi mesi con il futuro del Milan. Donnarumma a scadenza a giugno come Ibrahimovic, Romagnoli nel 2022. Per tutti, a leggere le cronache sportive, richieste di aumenti old style: 12 milioni il portiere, 7 per Zlatan e 6 per il capitano rossonero. Solo loro tre, se Gazidis e Maldini seguissero il dettato, se ne andrebbero una cinquantina di milioni di euro lordi, la metà del monte ingaggi di tutta la squadra. Troppo, decisamente. Il sospetto che è dietro ogni richiesta ci sia un gioco al rialzo facendo sponda con altri sventurati pronti a sobbarcarsi la spesa e, tutte insieme, ci sia una strategia di aggiramento della controparte.

Come se il Covid e la sua crisi non esistessero. Appunto. Almeno fino a quando le società non saranno forti abbastanza di rompere la spirale e rifiutare: gli ingaggi monstre fuori mercato e di accogliere chi è stato scaricato altrove.

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Giovanni Capuano