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Ansa
Calcio

Milano, ultimo stadio

Le incertezze del sindaco Sala, i piani di Milan e Inter: 1000 giorni dopo la presentazione del primo studio sul nuovo impianto il calcio milanese è ancora fermo. E non se lo può permettere... - MILAN E INTER, FUTURO DA COMPRIMARI?

Sono passati 1000 giorni esatti dal 10 luglio 2019, la data in cui Milan e Inter hanno presentato il primo studio di fattibilità per il nuovo stadio di Milano. Mille giorni senza arrivare a dama che non significa aver aperto e quasi chiuso il cantiere - opzione fin troppo ottimistica e forse anche innaturale -, ma nemmeno aver ottenuto il via libero definitivo a un'opera che si porta in dote oltre un miliardo di euro di investimenti privati legati allo stadio e al distretto circostante. Su cui si è combattuta una lunga battaglia vinta, va ricordato, dal Comune che ha riportato i club dentro i limiti di cubature scritti nel Piano di governo del territorio (il famoso 0,35) respingendo con perdite ogni altra fuga in avanti che Milan e Inter e le rispettive proprietà avevano immaginato, non per ambizione propria ma perché autorizzate dalla legge stadi.

Giunti al traguardo del 1000 giorni, la novità è che Elliott e Suning hanno deciso di rompere gli indugi. E così quello che fino all'altro ieri veniva sussurrato quasi con pudore - l'ipotesi di prendere il progetto e spostarlo al di fuori del confini di Milano - ora viene rivendicato apertamente e alla luce del sole. Se non è un ultimatum, molto assomiglia. La parola d'ordine è quella dettata senza più filtri dal presidente del Milan, Paolo Scaroni: "Il motivo per cui guardiamo anche fuori da Milano per il progetto stadio è che andremo a sposare il progetto che abbia i tempi di realizzazione più brevi. Abbiamo urgenza. Se in un altro comune i tempi si restringono, ci piacerà di più rispetto a San Siro dove magari serviranno cinque anni". Se, dunque, per il nuovo stadio affianco a quello attuale serviranno altri 4-5 anni meglio soprassedere e andare altrove.

L'Inter la pensa allo stesso modo in questo derby che non esiste e che, meglio, vede schierate le due società dalla stessa parte e la politica e burocrazia milanesi dall'altra. "Le alternative che ci sono non sono opzioni a salve, ma le stiamo valutando, stiamo guardando in maniera concreta a queste altre opzioni" è il nuovo messaggio di Alessandro Antonello, amministratore delegato dell'Inter, l'uomo cui la famiglia Zhang ha delegato il dossier che si sta incagliando tra le sabbie mobili di Palazzo Marino.

L'aria che tira non è delle migliori. Nelle mille commissioni in cui si discute del progetto, in attesa del dibattito pubblico che può durare fino a un anno ma che i club vogliono accorciato a qualche mese (a Genova per il nuovo Ponte Morandi impiegò una novantina di giorni), gli ostacoli al via libera sono sempre nuovi e diversi. C'è chi vorrebbe un'operazione pubblica e privata sullo stile di Area Expo, chi punta sulla nostalgia per il vecchio San Siro, chi dà sponda ai comitati di quartiere e chi evoca la questione ambientale. Che fa parte del maxi documento da oltre 900 pagine presentato due anni e mezzo fa da Milan e Inter della cui esistenza nel dibattito sembrano essersi perse le tracce.

Dentro questa palude il tempo scorre, non senza incomprensioni reciproche. La sensazione è che Milan e Inter non vogliano attaccare direttamente il sindaco di Milano, Beppe Sala, per non spezzare il legame che tiene ancora in vita il progetto sull'area dell'attuale stadio. Anche perché lo strappo non sarebbe senza conseguenze, non per Milano che si troverebbe a gestire la manutenzione onerosissima di uno stadio senza più squadre e nemmeno per le due società. Però la sabbia nella clessidra si sta esaurendo e con essa anche la pazienza dei potenziali investitori. I quali non bisogno di certezze, non di nebbie in cui perdersi.

Con l'emergenza Covid alle spalle e l'appuntamento elettorale digerito, insomma, si sta rapidamente avvicinando il momento della verità. Lo spettacolo che Milano, la (fu) città del fare, sta offrendo non è dei migliori. C'è ancora spazio per invertire il piano inclinato. Quanto? Qualche mese, non di più, perché mai come oggi l'ipotesi che Inter e Milan se ne vadano al di fuori dei confini del capoluogo è concreta e non semplicemente un'arma di ricatto da mettere sul tavolo della trattativa.

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Giovanni Capuano