Cosi gli Aztechi furono sterminati da una febbre tifoide
Ricerche sul Dna di scheletri in Messico hanno individuato la probabile causa della "pestilenza" che in cinque anni uccise l'80% della popolazione
Fu molto probabilmente una febbre tifoide a sterminare gli Aztechi a metà del ‘500.
Esattamente cominciò nel 1545 e uccise 15 milioni di persone in Messico e Guatemala nel giro di cinque anni, l’80% della popolazione.
Si manifestò con grande rapidità, con febbri, mal di testa violenti, sanguinamenti dagli occhi, dal naso e dalla bocca. La morte arrivava dopo pochi giorni, tre o quattro.
Gli Aztechi la chiamarono genericamente “cocoliztli”, pestilenza.
LA CAUSA
Negli anni gli studiosi hanno ipotizzato il vaiolo, il morbillo, la parotite o l’influenza.
Ora, però, dopo accurati studi sul Dna trovato nei denti di alcuni cadaveri si è arrivati alla febbre tifoide, detta anche febbre enterica.
La natura della “pestilenza” che uccise gli Aztechi è stata spiegata da uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution. La scoperta è avvenuta analizzando il Dna di 29 scheletri in un cimitero nel quale son state rinvenute tracce del batterio Salmonella enterica sierovariante che causa la febbre tifoide.
I ceppi di salmonella si diffondono attraverso il cibo o l’acqua e potrebbero, secondo lo studio, essere arrivati in Messico con gli spagnoli.
Non possiamo avere certezze che la Salmonella enterica sia la causa del cocoliztli, ha dichiarato, secondo quanto riporta il Guardian, un componente del team di studiosi dell'Università di Tubinga, in Germania, che ha effettuato l'analisi. "Ma crediamo ci siano forti elementi per considerarlo un serio candidato alla colpevolezza.
COS'È LA FEBBRE TIFOIDE
Scrive il sito del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità:
La febbre tifoide, conosciuta anche come febbre enterica o tifo addominale, è causata dal batterio Salmonella enterica sierovariante typhi (Salmonella Typhi). L’uomo è l’unico vettore della malattia che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%.
MODALITÀ DI TRASMISSIONE
Durante l’infezione i soggetti affetti da febbre tifoide trasportano i batteri nel sangue e nell’intestino. La maggior parte dei pazienti è contagiosa fino alla fine della prima settimana di convalescenza, ma il 10% degli individui non trattati disperde i batteri fino a tre mesi dopo la guarigione. Il 2-5% delle persone non trattate può anche diventare portatore cronico della malattia continuando a disperdere batteri. Dall’intestino e dal sangue i batteri passano poi nelle feci e nelle urine delle persone infette, permettendo la trasmissione dell’infezione ad altri individui.
La trasmissione può avvenire per via diretta attraverso le feci o, più frequentemente, per via indiretta, tramite l’ingestione di cibi o bevande maneggiate da persone infette o tramite la contaminazione, attraverso gli scarichi fognari, dell’acqua usata per bere o per lavare il cibo.
La febbre tifoide è più diffusa nelle aree a maggior degrado ambientale, dove le condizioni igieniche sono scarse. Anche i fondali marini possono essere contaminati dalle fogne e di conseguenza i molluschi e i crostacei mangiati crudi sono un’importante fonte di contagio. In scarse condizioni igieniche anche il latte può essere facilmente contaminato. Le mosche possono contaminare gli alimenti che poi a loro volta contaminano l’uomo.
In caso di epidemie una frequente fonte di contagio è rappresentata dalle sorgenti d’acqua contaminate.