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Il mio collega ha gli attacchi di panico!

Cosa sono questi benedetti attacchi di panico? Come si manifestano? Come si curano? Se un mio collega ne dovesse avere uno cosa devo fare?

Parliamo un po’ di attacchi di panico, un problema che sta diventando sempre più comune. Si calcola che almeno un 10% delle persone (prevalentemente di sesso femminile) abbia sperimentato questa spiacevole sensazione.

Come si manifesta questo problema? La sintomatologia può essere piuttosto variabile, sia per intensità che durata.

L’attacco di panico può venire quando meno ce lo aspettiamo o in corrispondenza di stimoli particolari. Un esempio potrebbe essere che il mio capo mi mette un’ansia che mi manda fuori di testa … me lo trovo davanti e … PATATRAC!

Nel caso di attacchi senza causa apparente invece l’esordio può accadere praticamente sempre, ma in particolare quando sono rilassato, per esempio nel finesettimana … o addirittura nel sonno!

Quando chiedete a qualcuno se ha mai sperimentato questa esperienza alcuni potrebbero rispondere che non lo sa, una delle risposte più frequenti è questa: “potrebbe essere … una volta ho avuto una paura cane e sono andato in panico!”. Lasciate che vi dica una cosa: se qualcuno ha sperimentato un attacco di panico non se lo scorda proprio … e non avrà dubbio alcuno! 

Come si manifestano?

Spesso vengono confusi per infarti o ictus. Normalmente il soggetto inizialmente suda e sente il cuore che batte a mille. Successivamente manca l’aria, ci sono vertigini e mal di testa e si prova un senso di terrore profondo … come se si stesse per lasciarci le penne! Normalmente la durata è breve (10-30 minuti … e la fase più acuta pochi momenti) … ma le sensazioni sono intense e gettano il soggetto nel terrore.

Alla fine la dinamica perversa degli attacchi di panico è che “vivo nel panico del panico” … e quindi non vivo più! Soprattutto quando si cominciano ad attuare meccanismi per evitare proprio quelle situazioni potenzialmente impanicanti … alla fine buona parte della giornata verrà quindi occupata dal pensiero di evitare luoghi, persone, oggetti, animali o dinamiche  che possono farci venire una crisi! Una vita in fuga!

I soggetti “abituati” normalmente imparano a gestire l’attacco di panico sul lavoro o nelle varie situazioni della vita quotidiana ma ciò non basta; è importante lavorare non solo sull’attacco stesso, ma anche su ciò che lo genera!  Altrimenti non ce lo leveremo mai dalle palle!  

Che si può fare per risolvere questo fenomeno? Anzitutto delle analisi mediche per scongiurare problemi fisici (ipertiroidismo, feocromocitoma, problemi cardiaci). E’ molto importante trattare il panico il prima possibile, come ho detto potrebbe altrimenti incasinarsi il quadro clinico. Una psicoterapia a questo proposito può ritenersi un rimedio in molti casi efficace.

Che si può fare se ad un collega o un amico sta avendo un a attacco di panico? Abbassatevi assieme a lui (si sdraierà o siederà in terra) … guardarlo dall’alto verso il basso le metterebbe a disagio. Rassicuratelo, parlategli lentamente e con fare tranquillo, ponetegli delle domande su quali sintomi percepisce  e aspettate con calma la risposta. Alcuni errori comuni sono quelli di toccare ripetutamente il soggetto, stargli troppo vicini o trasmettere ulteriore ansia con movimenti scattosi o tono di voce teso.

Un altro problema legato al panico è l’iperventilazione. Quando giunge l’attacco il soggetto tende ad avere una respirazione che introduce troppo ossigeno, e ciò è una panacea (per l’attacco di panico!). Cercate di comunicargli di respirare con più calma possibile (c’è chi utilizza in questi casi la tecnica della respirazione nel sacchettino) o addirittura invitatelo di rimanere in apnea per qualche secondo.

L’attacco di Panico è un grido di allarme forte e dirompente nel nostro cervello. Una sorta di disperato grido di aiuto che lanciamo a noi stessi. Ignorarlo o contenerlo solo con palliativi non è una soluzione risolutiva! I sintomi potrebbero peggiorare o complicare il quadro clinico. Non aspettate inerti che la situazione passi da sola. Altrimenti come dice il mio concittadino Piero Pelù: “chi visse sperando ... !”

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Matteo Marini