«Il contropiede nel tennis dopo i 40 anni non vale più. È una regola». Non ce ne voglia Sinner o il tennis in generale se ci permettiamo come prima cosa di chiedere a Stefano Pescosolido consigli sulla nostra misera attività di appassionati da club di paese. Ma la vita di molti italiani da gennaio è stata travolta dall’ondata di racchetta e palline portata sull’intera penisola da un altoatesino diventato personaggio malgrado di fatto non lo sia.
Cosa piace secondo lei di questo ragazzo che è tutto tranne che un «divo», inteso come i Valentino Rossi o Alberto Tomba, ragazzi oltre che vincenti anche brillanti nel modo di fare…
«È questa la vera rivoluzione di Sinner – spiega con un certo orgoglio Pescosolido – piace per il modo pacato, educato. Piace per la sua attitudine al lavoro. Piace anche per la parole come quelle dette sui suoi genitori e la libertà a Melbourne dopo aver vinto lo Slam… Pensa che dopo i festeggiamenti dovuti e normali non vedeva l’ora di riprendere a lavorare ed allenarsi senza perdere tempo e concentrazione in altro. E questa è la caratteristica dei grandi campioni».
Stefano Pescosolido, in passato da eccellente professionista da singolarista e doppista che negli anni ’90 ha regalato agli appassionanti attimi di forti emozioni è oggi una delle voci scelte da Sky per raccontare come mai nessuno prima aveva fatto, uno sport diventato ultra popolare…

Il tennis è cambiato, come è cambiato anche il lavoro dei commentatori. Siamo passati dall’epico Giampiero Galeazzi sulla Rai e alla coppia Tommasi-Clerici sulla tv a pagamento alla squadra Sky di oggi…
«Anche io sono cresciuto amando le telecronache appassionate di Giampiero come quelle super professionali ma tanto competenti di Gianni Clerici e Rino Tommasi ma tutto cambia, il tennis ed il linguaggio. Poi cercare di imitare dei fenomeni del commento e del tennis come loro sarebbe sbagliato a prescindere. Io cerco nel mio di fare del mio, analizzando i match e gli scambi dal punto di vista tecnico e tattico ripensando e riportando alla mia esperienza passata».
Torniamo a Sinner; ormai quando gioca sui principali siti di informazione, non sportiva, aprono con le sue partite, anche quelle facili, i primi turni. Non è che stiamo esagerando con questa «mania»?
«No, non credo stiamo esagerando, è tutto legato alla sua bravura ed alle sue capacità anche fuori dal campo di attirare le attenzioni di tutti. Lui sta avvicinando e portando interesse a tutti gli appassionati di sport, non solamente a chi ha sempre amato la racchetta. e credo che sia merito sia dei risultati raccolti sui campi ma anche quello che fa fuori, come si pone, quello che dice. È un ragazzo tranquillo bravo nel regalare sempre spunti interessanti con le sue parole».
Cosa spinge Sinner: è più la voglia di vincere o il fastidio di perdere?
«Un po’ credo uno e l’altro. A Montecarlo dopo la sconfitta con Tsitsipas ho parlato con il suo team: la sua rabbia è durata 10 minuti poi si è concentrato sul dopo, sul prossimo torneo senza stare troppo a rimuginare sulla sconfitta o sul famoso doppio fallo non visto dall’arbitro. Lui fa parte di quella categoria capace di gestire vittorie e sconfitte, con il giusto equilibrio».
Cosa c’è dietro l’esplosione di Sinner?
«Tanto lavoro. Per prima cosa i progressi sono cominciati quando non ha avuto più problemi fisici e su quello ha potuto lavorare tanto per aumentare forza e resistenza con il nuovo team; c’è poi una programmazione perfetta tra tornei e recupero che conta. Ma la tecnica è fondamentale. Il servizio ora è un colpo decisivo, prima un suo mezzo punto debole. Questo gli ha portato un migliore equilibrio tattico dandogli la consapevolezza e la lucidità di scegliere ad esempio quando andare verso la rete, cosa che per un certo periodo ha fatto come se fosse quasi obbligato…».
Adesso tutti gli italiani si aspettano che Sinner vinca e vinca sempre, mentre il mondo del tennis questo non lo prevede…
«Il tennista è solo, è uno sport individuale. Se ad esempio fisicamente non sei al 100% perdi con i primi 20, senza alcun dubbio. Ci saranno quindi delle sconfitte ed è normale. Lui è sicuramente bravo nel vedere le cose da migliorare davanti ad una partita persa; ecco, magari gli appassionati in questo sono meno pronti, ma in qualche maniera si abitueranno».
Parliamo degli altri italiani, due su tutti: Berrettini e Musetti. Storie differenti…
«Berrettini è sulla strada giusta per tornare ai livelli di prima. Ci vorrà tempo ma il torneo vinto poco fa ha dato morale anche perché ha vinto giocando al 60% grazie al tennis ma anche al carattere. Credo che se riesca a fare bene a Roma possa prendere un bello slancio per i tornei sull’erba dove potrà fare bene. Ma davvero lui è un giocatore legato al suo stato fisico se sta bene farà bene… Musetti è un discorso diverso, una situazione delicata perché non è da temnpo in un momento positivo. Il suo non è un problema di tennis, non è un problema di colpi. È qualcosa legato al suo atteggiamento; deve sorridere di più, deve essere più sereno e divertirsi di più. A quel punto il suo tennis tornerà brillante come quallo di prima. Ricordiamo che stiamo parlando di un ragazzo giovane ed una fase di stallo ci sta».
